Il tempo di laurearsi ed è già dietro una cattedra. Di ruolo. Valeria insegna matematica in un istituto di istruzione superiore della provincia di Modena, ha 27 anni ed è alla fine del suo terzo anno di insegnamento.
Dopo un primo anno di servizio, il 2020/2021, svolto come precaria grazie a una nomina temporanea arrivata poche settimane dopo la sua laurea in matematica, a giugno 2022 ha superato l’anno di prova e a settembre dello stesso anno ha iniziato a lavorare nella sua sede definitiva. Infine, in veste di commissaria esterna sta per concludere gli esami di Stato con i colloqui che coinvolgono i ragazzi e le ragazze di una delle due classi quinte assegnate alla sua commissione in una scuola cittadina.
La giovane professoressa colpisce per una preparazione e una disinvoltura inviadibili ed ha accettato, sia pure in anonimato – Valeria è nome di fantasia – dacché si ritiene molto riservata, di scambiare con noi alcune impressioni sul proprio avvio di carriera che si prospetta molto lunga e sulla qualità degli apprendimenti della sua materia, che come tutti sanno è uno dei talloni d’Achille del nostro sistema scolastico.
Professoressa, dalla laurea al ruolo il passo è stato davvero breve, nel suo caso, a differenza di tanti docenti costretti per anni, e spesso decenni, a un lungo precariato
“Subito dopo la laurea, a luglio 2020, mi ha chiamata una scuola per una di supplenza fino a dicembre, poi altre scuole, dove ho prestato servizio fino alla fine dell’anno scolastico. Pensavo alla fine di andare finalmente in vacanza…”.
E invece?
“E invece è uscito il bando di concorso. Nel 2020 a causa del Covid non avevano fatto partire nulla e invece hanno fatto partire il concorso nel 2021. Solo a maggio ho saputo che avrebbero organizzato la prova preselettiva da svolgersi a breve. E infatti a fine giugno di quell’anno mi sono presentata per questo test”.
Com’è stata quella prova?
“E’ stato un test complesso al computer basato sulle conoscenze universitarie in matematica, su un po’ di inglese e sulle competenze digitali. Gli esercizi erano di livello universitario, quindi ho avuto la fortuna di essere fresca di studi, così ho fatto bene la prova che ho saputo subito di avere superato. Aquel punto mi sono messa a lavorare per l’orale, che ho poi sostenuto a fine luglio, a Bologna, come la preselettiva. Avevo prenotato le vacanze ma ho spostato tutto, ho ovviamente dato la precedenza al concorso. Ho saputo l’esito positivo già il giorno successivo a tutti gli orali. Siamo passati solo in due, io e un’altra collega”.
Sarà stato una prova difficile…
“Erano tutti contenuti e abilità di livello universitario. Chi era un po’ digiuno e insegnava alle superiori in un tecnico o in un professionale o si metteva a studiare oppure non sarebbe stato facile passare. Alcuni erano precari da tempo ma non so che laurea avessero, c’erano tante altre lauree per cui si potesse concorrere nella mia classe di concorso. L’altra ragazza che è passata di ruolo con me era laureata anche lei in matematica, quindi credo aiutasse essere laureate in matematica”.
Soddisfatta?
“Sì, nel senso che come primo concorso passarlo è stata una grande soddisfazione. Peraltro, avevo poco prima preso degli impegni lavorativi visto che a scuola l’anno prima ero precaria e non volevo disdire questi impegni, pertanto ho studiato relativamente e così ero un po’ preoccupata per i risultati. Ma poi l’orale è andato molto bene. Secondo me non è stata una prova selettiva nel senso che non mi è sembrata strutturata al fine di non far passare le persone ma piuttosto con il fine di creare una graduatoria”.
Ha lasciato definitivamente da parte le altre opportunità lavorative e ora insegna. Ma è davvero quello che lei avrebbe voluto fare nella vita?
“Sì. E’ dalla scuola primaria che desidero insegnare. Poi si va a momenti, è ovvio, ci ho riflettuto, ma l’insegnamento è sempre stato l’obiettivo principale. Quando ero un’alunna, alla primaria, volevo fare la maestra di matematica, sarà perché avevo avuto una brava maestra, che ha avuto un ruolo importante nella mia formazione. Era molto seria, ci faceva lavorare e apprezzare la materia. Direi che grazie a lei ho avuto subito l’innamoramento per la matematica, dunque mi è sempre piaciuta l’idea dell’insegnamento. Io in casa ero la sorella più grande e poi quando ci trovavamo con gli amici di famiglia anche lì io ero la più grande: mi è sempre piaciuto dare una mano nei compiti e questo credo abbia influito, almeno penso. Sono stata fortunata perché poi anche alle medie ho avuto un’altra professoressa di matematica bravissima. Inoltre mio padre e mia madre sono coinvolti in ambito scientifico, nel loro lavoro. Quindi, indole a parte, in casa alcune cose le respiri”.
Andare al liceo scientifico sarà stata quindi una scelta per così dire obbligata…
“Non ho mai avuto dubbi. Guardando le materie di studio sapevo che avrei fatto il liceo scientifico. Anche lì ho avuto bravi insegnanti di matematica e matematica e fisica e una brava professoressa di scienze, molto tosta. In generale sono stata fortunata con i professori: nelle materie che erano il mio forte sono sempre stata stimolata”.
Come trova gli studenti, in generale, sul piano degli apprendimenti?
“La matematica – ma succede da quel che vedo anche con l’inglese – non è la materia principale, quella in cui vanno meglio. Sono materie che gli studenti non curano bene. Non so se è una questione legata agli studenti o se è dovuto a come la insegniamo. Sicuramente qualcosa va storto. Non è possibile che la metà delle classi non sappia rispondere a delle domande su concetti base, proprio relative al programma. Lo so che la matematica è una materia difficile ma non so se è una questione che riguarda la matematica in sé o il come la trasmettiamo noi”.
Gli insegnanti sono adeguatamente formati secondo lei?
“Secondo me in generale dipende. Se uno si vuole studiare il programma delle superiori è fattibilissimo, la formazione non influisce tantissimo. E’ chiaro che uno deve fare le cose che rientrano nelle proprie capacità: se il docente fosse anche laureato in ingegneria, ma se la materia gli piacesse non ci sarebbero problemi. Ma se la matematica non gli piacesse forse sarebbe meglio lasciar perdere: l’analisi o l’algebra potrebbero non essere il suo forte. Ad ogni modo, a me sembra abbastanza evidente che ci siano delle criticità. Del resto è universalmente riconosciuto che questa materia è davvero difficile se non si va a lezioni private per le ripetizioni”.
Vogliamo dirlo che la matematica è comunque una materia difficile?
“In generale la matematica è una materia molto astratta e si fa fatica a comprenderla, poi c’è ancora un legame con il programma e se un insegnante deve raggiungere degli obiettivi ha anche poco tempo per curarsi del fatto che tutti abbiano capito. E’ inoltre una materia complessa, se ti perdi un passaggio logico ti perdi buona parte di quel che si sta facendo e pertanto farai poi fatica a rimanere connesso con il resto della spiegazione. Basta un’assenza e se poi non si recupera quel che si è fatto o se per timidezza o per timore non si chiede una spiegazione al prof, allora io studente sono guai: a quel punto o vado a ripetizione oppure non capisco più nulla. Un altro problema è il numero degli alunni nelle classi. Sono spesso 29, 30 alunni in una classe ed è chiaro che se uno ha un dubbio su un esercizio, come docente o rimani con lui e lo aiuti oppure, se vai avanti, è finita. Se poi il dubbio ce l’hanno in dieci non farai in tempo ad aiutare tutti. Su altre materie magari ti perdi l’impronta su un argomento, su un contenuto, ti perdi una riflessione critica, ma il contenuto bene o male lo leggi e riesci. In matematica, invece, se ti metti da sola non vai da nessuna parte”.
C’è una ricetta per uscirne?
“Non lo so, vorrei saperlo anch’io, ma non lo so. Aiuterebbe certo avere classi meno numerose. Personalizzare la lezione, come dicono tutti, consente di chiarire i dubbi. Ma alcune cose sono sempre state fatte, un tempo andavamo tutti bene e ora? Ora è come se dovessimo rallentare, come mai?”
Un tempo andava a scuola superiore solo chi voleva studiare. Con l’estensione dell’obbligo scolastico il denominatore del rapporto è aumentato…
“Allora sarà anche quello. Ma a volte sembra che ci sia quasi pigrizia. Se i ragazzi non riescono a risolvere un problema, stop, si fermano, non è che insistono”.
Provi a dare un consiglio ai ragazzi alle prese con i primi problemi in matematica
“Consiglierei prima di tutto di partire dalle basi. Magari le scuole superiori prevedono delle basi e delle abilità di calcolo che derivano dalla scuola primaria e dalle medie, quindi consiglio di riguardarsi le cose semplici. L’altro consiglio è quello di cercare di lavorare in maniera poco meccanica. Occorre evitare di fare 20 espressioni tutte uguali, che invece spesso si fanno in maniera meccanica. Bisogna lavorare in maniera non meccanica cercando di privilegiare le attività di comprensione e di applicazione delle conoscenze”
Faccia un esempio pratico
“Non fare tante espressioni con i polinomi. Se ne fai 5 sei a posto ma non 50 come invece suggeriscono i libri di testo. E poi lavorare sui problemi, sulle applicazioni, sui problemi di geometria”.
Eppure la geometria in molte scuole di secondo grado viene spesso trascurata
“Alla secondaria di primo grado se ne fa di geometria. Invece bisogna farla alle superiori. Non quella euclidea, ma piuttosto il calcolo di areee e di volumi sarebbe da ripassare. Anche perché ci vuole poco tempo e peraltro potrebbe essere un argomento trasversale utilissimo specie al biennio: ad esempio sarebbe interessante e utile applicare i polinomi e i monomi al calcolo di areee e volumi”.
Dia infine un consiglio, dal suo osservatorio, per la scuola primaria
“Alla primaria, più che stare sulle altre materie di contorno, come scienze, storia, geografia, che si faranno più avanti, io forse mi focalizzerei molto su italiano, matematica, logica e inglese. Occorrerebbe lavorare sulle materie che sono propedeutiche a tutte le altre”.
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