La procuratrice generale di Kiev: «Aiutateci a trovare le prove dei crimini»

di L’appello ai colleghi degli altri Stati del Consiglio d’Europa: camere di torture e violenze sessuali accertate L’impunità non è un’opzione», dice dall’Ucraina Irina Venediktova, la quarantatreenne procuratrice generale del Paese invaso dai russi, attraverso lo schermo che la collega con i procuratori degli altri Stati del Consiglio d’Europa. Non c’è alternativa a cercare le prove per giudicare i responsabili dei crimini e delle violazioni che — spiega — si stanno perpetrando da 71 giorni, cioè da quando è cominciata la guerra: «La scelta europea in favore dell’Ucraina è decisiva, e sarà utile a fornire prove importanti per inchieste e procedimenti. Tutti i nostri sforzi sono volti a un’investigazione tempestiva ed efficace, obiettivo da raggiungere a livello nazionale ma anche internazionale, e ho fiducia che ci riusciremo con il vostro aiuto». Irina Venediktova sarebbe dovuta essere a Palermo, «non vedevo l’ora di incontravi di persona ma il 24 febbraio la vita è cambiata in Ucraina e in Europa in maniera drammatica, come il ruolo del procuratore». Dunque deve accontentarsi di un videomessaggio trasmesso in diretta nell’aula del Palazzo dei Normanni dov’è riunita la conferenza organizzata dal procuratore generale della Corte di Cassazione italiana Giovanni Salvi. Si discute di indipendenza del pubblico ministero, cooperazione giudiziaria e tutela dei diritti, in un contesto inevitabilmente condizionato dalla guerra scatenata da una nazione che faceva parte del Consiglio d’Europa (ne è uscita 20 giorni dopo l’invasione) «contro un fratello anch’esso membro del Consiglio», denuncia Salvi. Che però rilancia: «Abbiamo voluto questa conferenza per riaffermare che la giurisdizione è la strada per la composizione dei conflitti individuali e collettivi, e cercare ciò che ci unisce: l’idea che la persona è inviolabile, come la sua dignità, e il ripudio della guerra come strumento per la risoluzione delle controversie». In Ucraina, spiega la procuratrice Venediktova, tutto questo oggi è solo un ricordo. Offre la sua contabilità delle vittime, dei crimini e delle violazioni accertate finora: 4.000 civili uccisi, tra cui 221 bambini: «Abbiamo visto persone morire con ancora in mano la loro bici, la loro bambola»; oltre 400 bambini feriti e almeno 300 strutture sanitarie colpite, i soccorsi presi di mira dagli invasori: «La Russia ha bloccato i corridoi umanitari destinati all’arrivo di cibo e medicinali e al trasferimento di donne, bambini e anziani. Quando è stato evidente che la Russia non era in grado di conquistare Kiev e rovesciare il governo ucraino, la tattica di guerra del Cremlino è cambiata, e hanno iniziato a colpire massicciamente i civili come punizione e rappresaglia, per incutere terrore. La dimensione di queste atrocità è diventata chiara dopo la ritirata delle forze russe dalla regione di Kiev». La procuratrice parla di «prove» di violenze sessuali, «almeno 25 casi accertati tra cui uno su una persona minorenne», con un responsabile già denunciato. Racconta di una «camera di tortura» scoperta, e di «trasferimenti forzati di migliaia di ucraini, in particolare bambini, in Russia e Bielorussia». Le indagini procedono a fatica, ma con i primi risultati: «Giorni fa abbiamo accusato un sospetto per i crimini di guerra a Bucha, lunedì un altro che ha ferito un uomo disarmato e torturato dei civili». Di Mariupol dice che «è distrutta al 90 per cento; grazie a Nazioni unite e Croce Rossa negli ultimi giorni siamo riusciti ad evacuare delle persone dall’impianto di Azovstal, però ci sono ancora almeno altri 500 soldati feriti e 5.000 civili da evacuare». Per ora i soldati russi identificati e sospettati di crimini di guerra sono una decina, e Venediktova si appella ai colleghi europei: «Con la vostra professionalità e i vostri valori umani spero che potremo cambiare il mondo per averne uno migliore», dice. Il pg Salvi le ha risposto in anticipo, nel suo discorso d’apertura: «La fiducia reciproca sarà fondamentale al momento di dare supporto alla Corte penale internazionale e ai Paesi che procedono per accertare se nella guerra di invasione siano stati commessi crimini contro l’umanità. È importante che le prove vengano raccolte al più presto e in forme utili a processo, cioè con garanzia di imparzialità». Una sfida che si aggiunge a quella della resistenza all’invasore: «Sono processi difficili, ma nemmeno all’oppresso è consentito di violare i diritti umani fondamentali». 5 maggio 2022 (modifica il 5 maggio 2022 | 22:13) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-05 20:13:00, L’appello ai colleghi degli altri Stati del Consiglio d’Europa: camere di torture e violenze sessuali accertate,

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