La sindrome del cellulare «always-on»: lavoratori connessi in vacanza, anche quando il capo non lo chiede

di Paolo Foschini

Sono in vacanza ma controllano email o whatsap fino a 80 volte al giorno, alcuni anche 160. Nel 55% dei casi si sentono «in dovere di rispondere» ai messaggi di lavoro anche quando il capo o l’azienda non lo richiederebbe. Sono quelli della sindrome «always-on». Una indagine condotta negli Usa con mille interviste traccia il loro ritratto: o meglio… il nostro.

Ok, lo sappiamo tutti che senza un cellulare non si può più neanche fare un bonifico: figuriamoci andare in vacanza. Però tradurre in numeri le nostre abitudini, sa da un lato può farci dire «che scoperta!», dall’altro magari ci aiuta a farci un pensiero. E così, per fare un riassunto, quelle che state per leggere sono alcune delle nostre abitudini nella stagione di vacanza che stiamo attraversando: per tre su quattro di noi lo smartphone è lo strumento fondamentale per programmare e organizzare il viaggio, sette su dieci controllano posta e/o messaggi anche in vacanza fino a 80 volte al giorno, il 66 per cento dei lavoratori dipendenti dichiara che «vorrebbe essere irraggiungibile» dal capo o dai colleghi mentre è in vacanza ma oltre metà (il 55 per cento) di sente «in dovere di rispondere a email o messaggi di lavoro anche mentre è in spiaggia e anche quando è cosciente che il datore di lavoro non lo richiederebbe affatto».

Sono alcuni dei dati che emergono da una ricerca condotta negli Stati Uniti mettendo insieme le risposte di 1002 persone – intervistate all’inizio di quest’anno in un sondaggio specifico – con diverse altre ricerche condotte sul tema, tra cui quelle del Washintgon Center for Equitable Growth, di compagnie assicurative quali Schofields Insurance e della stessa Google. A unire tutto in un quadro complessivo è stato il giovane scrittore americano Max Woolf, che ha pubblicato la sua sintesi qui: Uso dello smartphone in vacanza – Studio 2022.

Dunque i risultati sono i seguenti. Se come abbiamo detto il cellulare è il principale strumento organizzativo di una vacanza per 70 viaggiatori su 100 «in media», la percentuale sale al 99 per cento nella generazione dei Millennials. Dopodiché, una volta partiti, lo smartphone resta comunque un compagno di viaggio più presente (in molti casi) che non quelli o quelle in carne e ossa: il 71 per cento controlla il cellulare fino a 5 volte l’ora, il 10 per cento arriva anche a 10 volte all’ora (il che ipotizzando in un giorno otto ore di sonno significa guardare il telefonino anche 160 volte tra quando uno si sveglia e quando si riaddormenta). Detto questo: il 58 per cento, a vacanza finita, dichiara puntualmente che la cosa di cui si pente rispetto alle ferie appena concluse è di aver «passato troppo tempo al cellulare».

Altra cosa curiosa, soprattutto tra i più giovani, è che la scelta stessa della destinazione di vacanza ha a che fare con la sua «resa» sul telefonino: il 40 per cento dei Millennials, secondo uno studio di Schofields, sceglie le destinazioni in base a quanto siano “instagrammabili” le foto. E poi c’è il fatto del lavoro che ti insegue anche quando non dovrebbe, o perfino quando non vorrebbe. In questo caso i dati sono ottenuti incrociando quelli del Washington Center sopra citato e di GoBankingRates. I maggiormente esposti anche in questo caso sono i più giovani: in particolare usa il cellulare per lavoro anche in vacanza il 78 per cento della Generazione Z (under 24), il 71 per cento del Millennials (26-38) il 66 per cento della Generazione X (39-54) e il 48 per cento dei baby boomers (over 55). In media 62 su cento dichiarano che il cellulare ha impedito loro di rilassarsi.

Sessanta su cento hanno detto che il loro capo «si aspetta» che essi rimangano raggiungibili e comunque operativi in caso di necessità anche in vacanza. Ma forse quelli che preoccupano di più sono gli altri 55 su cento che, come si è detto all’inizio, alle email e ai whatsapp di lavoro di sentono comunque tenuti a rispondere anche quando il loro capo non lo richiederebbe. Lì c’è poco da fare, il problema non è il cellulare: per battere la sindrome dell’always-on non basta schiacciare off sul telefonino, bisogna trovare l’interruttore dentro la testa.

22 luglio 2022 (modifica il 22 luglio 2022 | 19:14)

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, 2022-07-23 05:11:00, Sono in vacanza ma controllano email o whatsap fino a 80 volte al giorno, alcuni anche 160. Nel 55% dei casi si sentono «in dovere di rispondere» ai messaggi di lavoro anche quando il capo o l’azienda non lo richiederebbe. Sono quelli della sindrome «always-on». Una indagine condotta negli Usa con mille interviste traccia il loro ritratto: o meglio… il nostro. , Paolo Foschini

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