di Fiorenza SarzaniniL’accordo un anno dopo la ripartenza della task force nonostante il no dell’Ema alla ricerca su quel vaccino. L’ospedale e la Regione Lazio: «Nessuna fuga di dati» «Promuovere un proficuo scambio di conoscenze teoriche e pratiche, ma anche di materiali e idee; condividere campioni umani (sieri) da soggetti che hanno ricevuto il vaccino “Sputnik V” in Russia; implementare gli studi clinici che prevedono l’utilizzo di “Sputink V” in volontari in Italia»: eccolo l’accordo siglato nell’aprile 2021 tra l’ospedale Spallanzani di Roma e il centro di ricerca Gamaleya di Mosca. «Memorandum di intesa per la collaborazione scientifica e lo scambio di materiali e conoscenze» è il titolo del documento di nove pagine divise in 11 punti che lo Spallanzani ha siglato un anno dopo la missione militare russa in Italia in piena pandemia e ha deciso di sospendere dieci giorni fa, dopo l’attacco della Russia contro l’Ucraina. La direzione dell’ospedale assicura che tutto è stato regolare e lo stesso dice l’assessore regionale del Lazio Alessio D’Amato che ribadisce: «Non c’è stata alcuna violazione o fuga di dati, il lavoro dei nostri scienziati mirava soltanto ad avere maggiori competenze per combattere la pandemia». Ma i dubbi e gli interrogativi sul reale obiettivo di Mosca rimangono, così come la possibilità che le sei ricercatrici possano aver carpito informazioni riservate. Anche perché il lavoro sullo Sputnik è andato avanti nonostante l’Ema, l’agenzia regolatoria europea, non abbia mai concesso l’autorizzazione. La minacciaDieci giorni fa, dopo aver minacciato l’Italia di «conseguenze irreversibili se aderirà a nuove sanzioni» l’alto funzionario Alexei Paramonov sottolinea l’«ingratitudine per gli aiuti ricevuti durante la pandemia». In realtà il governo guidato all’epoca da Giuseppe Conte ha speso 3 milioni di euro per ricevere un numero esiguo di materiali e per ospitare per due mesi — fino a quando il ministro della Difesa Lorenzo Guerini non ha dichiarato chiusa la missione — 104 tra militari e sanitari. E questo accredita il timore che in realtà negli ultimi due anni i russi abbiano acquisito dati da utilizzare ora come ritorsione. Anche perché il memorandum con lo Spallanzani è stato siglato un anno dopo, ma nello stesso documento è spiegato che i contatti erano già stati avviati. Gli incontri e i viaggiNel documento è specificato che «il lavoro comune nell’ambito del contrasto al Covid 19 ha creato contatti spontanei tra i due istituti che, nel corso del tempo, hanno dato vita a incontri periodici» e per questo «si prevede di programmare viaggi di professionisti esperti» che potranno «partecipare operativamente alle attività di ricerca in modo da promuovere un proficuo scambio di conoscenze teoriche e pratiche. Inoltre, nel rispetto dei regolamenti nazionali ed internazionali vigenti, i professionisti potranno anche procedere attraverso lo scambio di materiali (non sottoposti a copyright o altro specifico diritto e non coperti da segreto) e idee tra le istituzioni. Il primo ambito di cooperazione dovrebbe includere lo scambio di informazioni e materiali biologici, assicurando, reciprocamente e, ove necessario, l’acquisizione delle preventive autorizzazioni da parte delle autorità competenti nell’ambito di ciascuno dei Paesi di afferenza». Sieri e sperimentazioniEra stato concordato di «condividere campioni umani (sieri) da soggetti che hanno ricevuto il vaccino “Sputnik V” in Russia» e di «esplorare modalità specifiche per l’implementazione di studi clinici che prevedono l’utilizzo di “Sputink V” in volontari in Italia». Il professor Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico e di ricerca, spiega che «sono stati effettuati studi sullo Sputnik mentre non c’è stata alcuna sperimentazione perché non è arrivata l’approvazione». Garantisce che «nessun dato sensibile è stato reso noto, abbiamo soltanto acquisito informazioni preziose per la ricerca che saranno oggetto di pubblicazioni e condivisioni, proprio come accaduto con altri Paesi». È comunque confermato che le sei ricercatrici russe hanno avuto accesso ai laboratori e per mesi hanno potuto lavorare fianco a fianco con gli esperti italiani. Anche perché tra i vari obiettivi da realizzare per lo Spallanzani c’era «l’integrazione dello “Sputnik V” nella campagna vaccinale italiana». E questo non esclude che potessero essere già stati avviati contatti di natura commerciale. 1 aprile 2022 (modifica il 1 aprile 2022 | 08:19) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-01 06:28:00, L’accordo un anno dopo la ripartenza della task force nonostante il no dell’Ema alla ricerca su quel vaccino. L’ospedale e la Regione Lazio: «Nessuna fuga di dati», Fiorenza Sarzanini