L’arte di perdere  e andare al governo

MERCOLEDÌ 7 SETTEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
quello che lei dice nella risposta al lettore Giacomelli è tutto vero, il campo progressista regolarmente non vince le elezioni ma, sia perché lo schieramento di destra si divide, sia perché porta l’Italia sull’orlo del baratro, come è accaduto nel 2011, si arriva a governi di unità nazionale che, ad esclusione del Conte 2, comprendono sempre alcuni partiti del centrodestra. Sarebbe stato meglio, secondo lei, se il maggiore partito della sinistra si fosse tirato indietro in momenti delicati come l’entrata nell’Europa o la crisi economica del 2013. Sicuramente per i suoi interessi elettorali sarebbe stato più conveniente, ma per il Paese?
Gabriella Rusch

Cara Gabriella,
Lei ritiene che quello della sinistra sia stato un atto di responsabilità; altri potrebbero ritenere che sia stato un modo per rientrare dalla finestra dopo essere stati mandati via dalla porta. Di sicuro, la sinistra perse le elezioni del marzo 1994 e nove mesi dopo entrò nella maggioranza di governo (premier era Lamberto Dini). Le riperse nel 2008 e nel novembre 2011 entrò nella maggioranza che sosteneva Monti (a chi dice che fosse meglio andare a votare, ricordo che difficilmente Berlusconi si sarebbe dimesso se non avesse avuto la garanzia che appunto non si sarebbe andati a votare). Il caso più clamoroso è quello dell’attuale legislatura, che il Pd tranne il primo anno ha trascorso sempre in maggioranza, pur avendo toccato alle elezioni del 2018 il minimo storico. Per quanto riguarda i governi espressi direttamente dal centrosinistra, il giudizio è soggettivo. Il primo governo Prodi aveva ottimi ministri — Ciampi all’Economia, Andreatta alla Difesa, Veltroni alla Cultura, Napolitano agli Interni, Maccanico alle Comunicazioni — e centrò l’obiettivo dell’euro. Il secondo governo Prodi fu un disastro: aumentò le aliquote Irpef anziché abbassarle, diminuì l’età pensionabile anziché innalzarla, e con l’indulto — provvedimento parlamentare votato anche da Forza Italia — spalancò le porte delle carceri anziché punire seriamente i reati. È vero, però, quello che lei sostiene, gentile signora Rusch: proprio il fallimento del governo di centrodestra aprì le porte alle larghe intese nel novembre 2011; e Monti si ritrovò a fare una politica impopolare — anche con i voti del centrosinistra — per rimediare ai disastri fatti in precedenza, a cominciare dalla mancata riforma delle pensioni.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Anche abbandonare un bimbo può essere amore»

Ci sono storie e situazioni incredibili che fanno riflettere sulla vita nostra e quella degli altri, portandoci al di là degli stereotipi. Per esempio, ho letto (Corriere, 31 agosto), accostate nella stessa pagina, il toccante articolo di una mamma che abbandona la sua bimba, partorita da poche ore, in una scatola di cartone vicino al Pronto soccorso dell’ospedale di Monza, e, subito sotto, quasi in una sorta di casuale contrapposizione, la romanzesca storia di Diane von Furstenberg, che, trovatasi incinta del principesco moroso, alla dolorosa proposta di abortire si vede invece coronata da un lieto fine nuziale. Ecco, senza troppe interlocuzioni banali, ma con le motivazioni ben esplicitate nell’articolo di Elisabetta Rosaspina («ora sa che sua figlia è al sicuro»), il premio della tredicesima edizione dei Dvf Awards (i riconoscimenti della fondazione di famiglia, von Furstenberg) per «donne straordinarie che si dedicano al miglioramento della vita di altre donne» spetterebbe anche a questa mamma, che ha partorito nella solitudine, che ha abbandonato sua figlia e avrà avuto sicuramente mille ragioni, che a noi non spetta giudicare (cosa ne sappiamo noi della sua vita? E se ci fossimo ritrovate nella sua condizione?). Io avrei scelto di premiarla con quel riconoscimento per quel gesto, l’unico a lei possibile, per rendere alla propria creatura un’esistenza migliore della propria, pur col sacrificio dell’abbandono.
Oriella Boninsegna Moglia (Mantova)

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-09-06 22:58:00,

MERCOLEDÌ 7 SETTEMBRE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
quello che lei dice nella risposta al lettore Giacomelli è tutto vero, il campo progressista regolarmente non vince le elezioni ma, sia perché lo schieramento di destra si divide, sia perché porta l’Italia sull’orlo del baratro, come è accaduto nel 2011, si arriva a governi di unità nazionale che, ad esclusione del Conte 2, comprendono sempre alcuni partiti del centrodestra. Sarebbe stato meglio, secondo lei, se il maggiore partito della sinistra si fosse tirato indietro in momenti delicati come l’entrata nell’Europa o la crisi economica del 2013. Sicuramente per i suoi interessi elettorali sarebbe stato più conveniente, ma per il Paese?
Gabriella Rusch

Cara Gabriella,
Lei ritiene che quello della sinistra sia stato un atto di responsabilità; altri potrebbero ritenere che sia stato un modo per rientrare dalla finestra dopo essere stati mandati via dalla porta. Di sicuro, la sinistra perse le elezioni del marzo 1994 e nove mesi dopo entrò nella maggioranza di governo (premier era Lamberto Dini). Le riperse nel 2008 e nel novembre 2011 entrò nella maggioranza che sosteneva Monti (a chi dice che fosse meglio andare a votare, ricordo che difficilmente Berlusconi si sarebbe dimesso se non avesse avuto la garanzia che appunto non si sarebbe andati a votare). Il caso più clamoroso è quello dell’attuale legislatura, che il Pd tranne il primo anno ha trascorso sempre in maggioranza, pur avendo toccato alle elezioni del 2018 il minimo storico. Per quanto riguarda i governi espressi direttamente dal centrosinistra, il giudizio è soggettivo. Il primo governo Prodi aveva ottimi ministri — Ciampi all’Economia, Andreatta alla Difesa, Veltroni alla Cultura, Napolitano agli Interni, Maccanico alle Comunicazioni — e centrò l’obiettivo dell’euro. Il secondo governo Prodi fu un disastro: aumentò le aliquote Irpef anziché abbassarle, diminuì l’età pensionabile anziché innalzarla, e con l’indulto — provvedimento parlamentare votato anche da Forza Italia — spalancò le porte delle carceri anziché punire seriamente i reati. È vero, però, quello che lei sostiene, gentile signora Rusch: proprio il fallimento del governo di centrodestra aprì le porte alle larghe intese nel novembre 2011; e Monti si ritrovò a fare una politica impopolare — anche con i voti del centrosinistra — per rimediare ai disastri fatti in precedenza, a cominciare dalla mancata riforma delle pensioni.

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Ci sono storie e situazioni incredibili che fanno riflettere sulla vita nostra e quella degli altri, portandoci al di là degli stereotipi. Per esempio, ho letto (Corriere, 31 agosto), accostate nella stessa pagina, il toccante articolo di una mamma che abbandona la sua bimba, partorita da poche ore, in una scatola di cartone vicino al Pronto soccorso dell’ospedale di Monza, e, subito sotto, quasi in una sorta di casuale contrapposizione, la romanzesca storia di Diane von Furstenberg, che, trovatasi incinta del principesco moroso, alla dolorosa proposta di abortire si vede invece coronata da un lieto fine nuziale. Ecco, senza troppe interlocuzioni banali, ma con le motivazioni ben esplicitate nell’articolo di Elisabetta Rosaspina («ora sa che sua figlia è al sicuro»), il premio della tredicesima edizione dei Dvf Awards (i riconoscimenti della fondazione di famiglia, von Furstenberg) per «donne straordinarie che si dedicano al miglioramento della vita di altre donne» spetterebbe anche a questa mamma, che ha partorito nella solitudine, che ha abbandonato sua figlia e avrà avuto sicuramente mille ragioni, che a noi non spetta giudicare (cosa ne sappiamo noi della sua vita? E se ci fossimo ritrovate nella sua condizione?). Io avrei scelto di premiarla con quel riconoscimento per quel gesto, l’unico a lei possibile, per rendere alla propria creatura un’esistenza migliore della propria, pur col sacrificio dell’abbandono.
Oriella Boninsegna Moglia (Mantova)

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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