Le armi in campo:  i Javelin di Kiev possono battere tank e caccia russi?

di Andrea Nicastro

Quante delle armi inviate dall’Occidente sono davvero arrivate ai reparti al fronte? Dalla risposta dipende l’esito della guerra: ecco perché

DAL NOSTRO INVIATO
ZAPORIZHZHIA (UCRAINA) — «Chiudete i cieli» dicono decine di bambini ucraini in uno spot patriottico che passa continuamente in tv. «Se solo chiudeste i cieli» sospira un gigante di soldato, alla stazione di Zaporizhya. «È dall’alto che ci massacrano». Ferito al fronte, torna a casa in licenza. «Scheggia di bomba. Aerea, naturalmente». «Chiudete i cieli» ha ripetuto per giorni il presidente Zelensky.

I «cieli» di cui parlano gli ucraini sono i caccia bombardieri e gli elicotteri d’attacco che portano missili e bombe capaci di scavare crateri di 5 metri, abbattere edifici, gettare nel panico chi è lì sotto.

«Cieli» vuol dire anche missili che viaggiano dalla base di Crimea o dalle navi sul Mar Nero. Li puoi vedere da Zaporizhya o da Dnipro volare sopra la testa, diretti a Kiev o a Leopoli. Se non li vedi, preoccupati. Anche pancia a terra, a mezzo chilometro di distanza dal punto d’impatto, l’onda d’urto ti ucciderebbe per emorragia interna.

Negli ultimi giorni Zelensky sembra aver rinunciato a vedere la Nato abbattere Mig e Sukhoi russi. Una battaglia tra jet significherebbe la terza Guerra Mondiale. Niente chiusura dei cieli, quindi, ma armi da guerriglia a volontà.

L’Occidente ha stanziato il denaro, ha cominciato gli invii, un nuovo carico di Javelin e Stinger è in arrivo, ma quel che non è chiaro è quante armi occidentali siano effettivamente arrivate a reparti al fronte. E qui sta la chiave dei prossimi giorni.

O la Russia riesce a conquistare presto posizioni chiave, oppure le armi arriveranno e per le colonne russe già falcidiate potrebbero essere problemi. Cieli o non cieli.

Vittorie russe significative sono la presa di città come Mariupol e Kharkiv o anche l’accerchiamento delle truppe ucraine a difesa del Donbass (circa la metà dell’esercito regolare). A quel punto al tavolo delle trattative Putin avrebbe molto da scambiare. Se invece arriveranno droni maneggevoli, anticarro e antiaerea da spalla, allora l’esercito dell’Ucraina potrebbe non essere più in svantaggio.

I russi sono 200 mila con armi pesanti, gli ucraini sarebbero 40 milioni con armi intelligenti.

Per fermare un tank T72 da due milioni basta un razzo anticarro a spalla Javelin da 250 mila dollari ed è anche riutilizzabile. Per abbattere un Sukhoi 35 da 25 milioni basta uno Stinger antiaereo spalleggiabile da 40 mila.

Tutto molto efficace e sostenibile nel tempo. Persa la «blitzkrieg», la guerra lampo che prevedeva poca opposizione da parte ucraina, la Russia è passata alla guerra di logoramento. Il fatto che negli ultimi giorni non stiano avanzando, non significa che i russi stiano perdendo, ma che si sono adattati a una resistenza inaspettata.

Il Cremlino non ha ordinato il bombardamento a tappeto su tutto il Paese, solo su Kharkiv, Mariupol e in parte Kiev.

Colpisce i civili dall’alto, senza rischi, con scarsa precisione, spendendo poco. Alcune bombe per nulla intelligenti erano in magazzino da 20 o 30 anni. Quel che conta è togliere il sonno, tormentare nervi, degradare ospedali, strade, servizi prima ancora che soldati nemici. Tanta crudeltà serve a due scopi: fiacca il morale di chi combatte e drena risorse. I civili in fuga diventano un’arma nei confronti del sistema logistico e di supporto allo sforzo militare perché lo intasano di centinaia di migliaia, milioni, di fuggiaschi.

Questa «bomba umana» creata dai missili colpisce sia la resistenza ucraina, sia la rete di alleanza europea. Ma anche questo potrebbe non bastare a Putin.

Solo cinque mesi fa in Bielorussia poche migliaia di migranti mediorientali mandarono in tilt la solidarietà europea. Oggi l’Ue ha accolto tre milioni di profughi senza un lamento. Lo zar, probabilmente, non si aspettava neppure questa di resistenza.

20 marzo 2022 (modifica il 20 marzo 2022 | 09:35)

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Pietro Guerra

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