Le esplosioni in Crimea e la gestione «all’israeliana» del conflitto da parte di Kiev

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Dopo le deflagrazioni devastanti che alla base russa, l’Ucraina usa la strategia del dire-non-dire, con allusioni, persino battute sul pericolo di fumare vicino agli arsenali

Sui fronti terrestri è sempre guerra d’attrito, l’attenzione è rivolta alle esplosioni devastanti che hanno scosso la base russa in Crimea . Storia seguita mercoledì da un nuovo bombardamento nella zona settentrionale di Chongar, località a 160 chilometri dalla prima linea.

LE RICOSTRUZIONI
Le deflagrazioni ravvicinate, le colonne di fumo, le fiamme sotto gli occhi dei bagnanti presenti sulle spiagge della zona attorno all’aeroporto militare di Saki. Pesanti i danni: 250 abitanti evacuati, una sessantina di appartamenti e una ventina di siti commerciali danneggiati, forse 9 velivoli perduti. Mosca, non potendo negare l’evidenza, ha portato avanti la teoria di un incidente in un deposito. Uno scenario scontato, una narrazione per non darla vinta all’avversario. Ricordate? Fu la stessa cosa quando venne colato a picco il Moskva, in Mar Nero, affondamento attribuito ad un’avaria catastrofica. Gli ucraini, invece, hanno prima alluso ad un loro attacco missilistico e qualche ufficiale ha raccontato al New York Times che avevano impiegato un’ arma di produzione locale, il Grim 2, ordigno poco più di un prototipo, trasportato da un grosso veicolo e con raggio d’azione di 280 chilometri. Ma era solo il primo passo. Fonti interpellate da Washington Post hanno dirottato il merito sulle forze speciali con una precisazione: non hanno usato mezzi d’origine occidentale. Successivamente – cosa accaduta in passato – hanno smentito il loro coinvolgimento. In parallelo sono girate ipotesi di un’azione di sabotaggio dei partigiani, di droni-kamikaze, di missili anti-nave in ruolo terrestre, di un nuovo munizionamento in grado di raggiungere target in profondità.

L’IMBARAZZO
A prescindere dalle cause il nuovo episodio è imbarazzante per gli occupanti in quanto conferma una fragilità dovuta a buchi nella sicurezza oppure alla cattiva manutenzione. Un rovescio comunque. Kiev si è affidata, di nuovo, alla gestione «all’israeliana», del dire-non-dire, con allusioni, persino battute sul pericolo di fumare vicino agli arsenali. In questi casi non c’è quasi mai una rivendicazione precisa. Lascia che siano gli altri ad attribuire la responsabilità dell’azione, gioca con le parole. Infatti i funzionari ucraini, in forma anonima, hanno annunciato che «questo è solo l’inizio» e, in modo significativo, il presidente Zelensky, qualche ora dopo, ha ribadito che il suo Paese non è disposto a rinunciare alla Crimea. Frasi che cuciono un legame tra causa ed effetto. Quanto al riferimento al possibile impiego di un sistema prodotto «in casa» può avere motivazioni diverse: 1) Rappresenta la verità, forse l’ordigno è stato integrato da dispositivi tecnologici statunitensi che lo hanno reso più preciso; 2) Non è vero, ma portano avanti la teoria per evitare che il Cremlino accusi la Nato di collusione in un attacco importante. Recriminazione costante nelle ultime settimane dovuta ai ripetuti strikes dell’Ucraina con armamenti a lunga gittata. 3) Fanno cortina fumogena per non svelare tattiche e mezzi.

I PRECEDENTI
Tornano i precedenti, situazioni dove la nebbia di guerra era densa. Il raid sulla città russa di Belgorod con un analogo balletto di racconti, la distruzione di una nave da sbarco nel porto di Berdyansk (centrata da missile o incidente?), un’esplosione nel porto di Sebastopoli (si è parlato di un drone), la già ricordata fine dell’ammiraglia, accompagnata da numerose ricostruzioni su come abbia fatto la resistenza ad umiliare la Flotta del neo-zar.

10 agosto 2022 (modifica il 10 agosto 2022 | 22:25)

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, 2022-08-11 04:30:00, Dopo le deflagrazioni devastanti alla base russa, l’Ucraina usa la strategia del dire-non-dire, con allusioni, persino battute sul pericolo di fumare vicino agli arsenali, Andrea Marinelli e Guido Olimpio

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