Le foto delle fosse comuni  in Siria, dove Assad  si sente protetto da Putin

di Davide Frattini

Con l’aiuto militare garantito dal Cremlino e dagli iraniani, Assad si sente ormai saldo al potere e il regime continua a tenere nascosto il destino degli oltre 130 mila scomparsi, mentre i tribunali europei raccolgono prove per portare a processo gli esecutori e i mandanti dei massacri

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Il padre quarant’anni fa aveva dato ordine di costruire un albergo, l’Apamee Cham Palace, sulle fosse comuni
. Il lusso a quattro stelle per cancellare dalla terra e dalla memoria quello che era successo durante quei venticinque giorni ad Hama
, i ventimila morti, tutti puniti per essersi ribellati dittatore Hafez Assad. Il figlio Bashar per ora non avuto bisogno di gettare l’asfalto sopra agli eccidi, la repressione di un’altra rivolta contro il potere decennale del clan a Damasco: la guerra è ancora in corso, il regime ha altro a cui pensare; il regime conta sull’impunità finché le bombe continuano a cadere.

Così il New York Times è riuscito a ottenere le foto satellitari che mostrano i tumuli color ocra, troppo grandi e bislunghi rispetto alle tombe nel cimitero di Najha, a sud della capitale: l’immagine del maggio 2012, a un anno dall’inizio delle proteste, mostra un camion vicino alla fossa, anche un autobus bianco, di quelli usati dalla polizia segreta per portar via i dimostranti. Il quotidiano americano ha raccolto le testimonianze di quattro siriani che hanno manovrato le scavatrici, dal mattino al tramonto, quando i camion refrigerati di solito usati per trasportare il cibo scaricavano decine, anche centinaia, di cadaveri. La prigione di Seydanya sta a meno di un’ora da Damasco, nascosta in cima a un colle di pietre rosse. Le rocce attorno sono chiazzate dallo scuro delle grotte, tra queste montagne millesettecento anni fa i monaci cristiani pregavano in aramaico nel silenzio. Il buco più nero è quello del carcere che già inghiottiva gli oppositori ai tempi di Hafez. I tre edifici sono affidati ai servizi segreti dell’esercito, Amnesty International li ha definiti «una macelleria per esseri umani». Da qui i corpi di chi non è sopravvissuto alle torture — o è stato ammazzato con un colpo alla testa o fucilato o impiccato — sono stati trasportati a Qutayfa, dove quattro ettari di rocce e sabbia ocra sono stati trasformati nel cimitero delle speranze siriane.

Le foto analizzate dal New York Times mostrano che in quest’area le nuove fosse sono state scavate almeno fino al 2016 e che ancora due anni fa c’era movimento di mezzi attorno a quella che Assad e i suoi gerarchi devono considerare al pari di una discarica. Dove nascondere i resti di quelli che le organizzazioni internazionali considerano crimini contro l’umanità. E le prove che i tribunali europei continuano a raccogliere per portare a processo gli esecutori e i mandanti.

Con l’aiuto militare garantito da Vladimir Putin e dagli iraniani, Assad si sente ormai saldo al potere e il regime continua a tenere nascosto il destino degli oltre 130 mila scomparsi. Solo a caso — giocando ancora una volta con l’ultima speranza delle madri e dei padri – la burocrazia rilascia qualche certificato di morte, la conferma che sì quella foto di Islam Dabbas – con la felpa rossa e la scritta «libertà e basta» – sarà l’ultimo ricordo.

17 marzo 2022 (modifica il 17 marzo 2022 | 14:56)

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, 2022-03-17 13:57:00, Con l’aiuto militare garantito dal Cremlino e dagli iraniani, Assad si sente ormai saldo al potere e il regime continua a tenere nascosto il destino degli oltre 130 mila scomparsi, mentre i tribunali europei raccolgono prove per portare a processo gli esecutori e i mandanti dei massacri, Davide Frattini

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