Le star di Gucci alla corte di Federico II

di Paola Pollo

Michele sfila a Castel del Monte «Incontri magici di oggetti e persone». In prima fila i Maneskin, Elle, Dakota Fanning, Jannik Sinner ed Emma Marrone

Partono la musica e la voce degli astronauti dello sbarco sulla Luna, e la valle dell’Alta Murgia ha un fremito: lo show Gucci Cosmogonie, un rave in abiti e suoni, scuote gli animi, la terra, gli alberi, la luna e le stelle. Luccicano sotto al plenilunio gli abiti dall’inconfondibile mix&match di stratificazioni di epoche ed emozioni e sogni. E Castel del Monte, il più enigmatico dei manieri italiani, sembra svegliarsi da quel sonno isolato al quale l’uomo che lo creò, quel Federico II che visse di ragione e fortuna, lo condannò da subito, per proteggerlo, forse, o venerarlo, più probabile. Come stupirsi allora se Alessandro Michele, lo stilista assetato di verità e misteri, abbia voluto presentare qui la nuova collezione?

Tutta la Puglia coinvolta perché sono arrivati i Maneskin e Elle e Dakota Fanning, Jannik Sinner e Emma Marrone, co n alberghi presi d’assalto e ragazzi e ragazze disposti a qualsiasi cosa pur di esserci allo show e/o all’after party dove Damiano e i suoi hanno cantato facendo venire giù l’universo mondo.
Un po’ come le cento e uno uscite. Una suggestione dopo l’altra, fra sacro e profano: spalle Anni Trenta e Quaranta alla maniera di Greta Garbo («una citazione che mi è arrivata per caso, mentre stavo lavorando allo show», spiega Michele); colli e teste incorniciate («come amo sempre»); stivali bondage; paillettes a profusione («amo il brillio, i riflessi, i luccichii che danno forme sempre diverse»); cappe e giacche; tubini e baby doll conturbanti («un inno ai copri nudi»); pantaloni e gilet; chiffon e strascichi; cappelli da prelato e gioielli da bocca. Colori in libertà o scuri solenni e tragici. Un lavoro imponente di ricerca e di connessioni. Glorificato nel finale con un carosello sotto il cielo scuro e le costellazioni proiettate sulle mura del castello.

«La moda non è solo una pezza: ha bisogno del sapere. Ha bisogno di forme, colore, attitudine e storie. Sono incontri magici di oggetti e persone, in una sorta di disegno cosmico», dice il creativo che crede nei segni e negli astri. Allora ecco il castello di Federico II («un personaggio che da sempre amo: la Puglia, con lui, era come una Silicon Valley») che era forse un mausoleo o una residenza di caccia o un osservatorio astronomico, ma che oggi è patrimonio dell’Unesco(«un imbuto fra la terra e il cielo»); ed ecco la luna piena che segue di qualche ora l’eclisse («non sapevamo di questa coincidenza»); poi le pietre e le forme, ottagonali («sono misure magiche come quelle delle mie giacche»). Tutti segni per Michele. Legati al territorio ma non solo. Il titolo Cosmogonie a racchiudere il senso, nessuna dottrina esclusa: «È il mio lavoro, mettere insieme le costellazioni. Come la storia che racconto sulla press release».

Già, un altro segno: i racconti di Hannah Arendt sull’amico Walter Benjamin, esuli ebrei, dai destini incrociati ma dai finali diversi: il secondo si uccise per sfuggire alla Gestapo dopo il sequestro della sua biblioteca. «Come poteva, proprio lui, guadagnarsi da vivere senza le lunghe raccolte di citazioni e gli estratti?», si domandava in un testo Arendt. E qui la connessione con il lavoro di Michele: «Che non è solo fare il sarto o il couturier, o essere al servizio di una cliente ricca che deve andare al cocktail. Oggi, mettere insieme una collezione è raccontare qual è la tua idea del mondo. La moda è esplosa e non è più un geroglifico per l’élite. È tornata ad essere a servizio della vita». La redditività è venuta dopo: «La verità è che se non ci fossimo noi, voi e le sfilate la moda, esisterebbe comunque, perché ci si continuerebbe a vestire. Così io mi sento un po’ come un direttore d’orchestra».

Con i Maneskin di conseguenza: «Lavorare con persone dello spettacolo è affascinante. Per me poi…che sono un mancato costumista. C’è uno scambio reciproco, sorprendendomi sempre». Un po’ come i ragazzi di Andria che arrabbiati per l’assenza dei maxischermi in piazza hanno inscenato una contro sfilata: «dei Mingucci» che è il cognome del luogo. Punti di vista anche questi.

16 maggio 2022 (modifica il 16 maggio 2022 | 23:24)

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