Le vite di Yevhen Nyschuk, ministro-soldato: «Il teatro mi aiuta a gestire la trincea»

di Andrea Nicastro

Giovedì era sul palco a Kiev, domani tornerà al fronte: «Recitare è terapeutico», dice l’ex ministro della Cultura. «Ho un commilitone direttore di banca e un ad di assicurazione»

Dal nostro inviato
KIEV — Una settimana fa era sul fronte sud, davanti a Mykolaiv a combattere i russi. Giovedì ha recitato da protagonista in teatro a Kiev nella pièce tratta dal romanzo di Erich Maria Remarque i Tre Camerati. Domani sarà di nuovo al fronte. Ribelle, attore, ministro e soldato, Yevhen Nyschuk è un uomo dalle mille vite che oggi, come tanti ucraini, fa il pendolare della guerra. Venti giorni in trincea, una settimana di licenza. «E le assicuro, recitare è terapeutico. Aiuta a gestire lo stress dei combattimenti. Il mio personaggio si spaventa per un rumore che gli ricorda le bombe della Prima guerra mondiale. A me succede lo stesso. Adesso lo recito benissimo».

Lei è stato la «voce di Maidan» durante la Rivoluzione arancione del 2004. Stava sul palco a distanza di tiro dei cecchini, ma non è mai sceso. Adesso si è presentato volontario. Ama il rischio?
«Ho paura. La mia famiglia è sfollata nelle regioni più sicure, ma è chiaro che questa guerra è la continuazione di quell’esperienza. È la richiesta di democrazia e di libertà. Io vorrei solo recitare, purtroppo non ho scelto il momento storico in cui vivere e mi capitano queste cose. Allora non mi spararono per non creare uno scandalo visto che ero in diretta streaming con tutto il mondo. Questa è un’altra sfida, in trincea sono uno qualunque. Importante sarà restare vivo».

Ha fatto il ministro della Cultura per quattro anni, non poteva aiutare in modo diverso?
«Sono già fortunato che, guardando la mia data di nascita, mi abbiano messo nell’intelligence. Analizzo le immagini dei droni da ricognizione. Sono nell’Unità Alveare perché i droni vanno e vengono come api».

E un ministro/attore è davvero capace?
«Se è per questo ho un commilitone direttore di banca e uno amministratore delegato di una compagnia d’assicurazioni. Nell’unità gemella c’è il regista cinematografico Yaroslav Pilunskyi, pluripremiato, con i suoi cameramen, direttori della fotografia e via dicendo. C’è voluto un po’, ma adesso siamo diventati bravini».

La meglio gioventù.
«Giovani sono i nostri comandanti di 24 o 29 anni. O i tanti che sono tornati dall’estero per combattere. Ragazzi che non fingono di essere migliori di quello che sono, ma si impegnano, studiano, sono professionali. Complimenti».

Gli analisti occidentali dicono che è per questo che resistete.
«Noi difendiamo la nostra terra, è chiaro che siamo motivati. I russi, invece, io li osservo con i droni. Non hanno voglia di combattere, si nascondono e bevono come spugne. La pioggia di missili di questi giorni è sintomo di paura».

Di cosa avrebbero paura?
«Di quel che succederà a fine mese. Esercito ucraino e russo nascono da quello sovietico. Noi sappiamo tutto delle loro tattiche e delle loro armi e loro delle nostre. Entro fine luglio non sarà più così. Arriveranno le armi occidentali e le truppe addestrate ad usarle. La situazione sul terreno cambierà drasticamente. I russi lo sanno e tentano di colpire i civili per premere sul governo. Ma non ce la faranno».

Anche lei si addestra?
«Sì. L’Alveare avrà presto droni d’attacco Switchblade americani. Nel frattempo però dei nostri ingegneri-soldati hanno modificato i droni cinesi Mavik3 per adattarli al fronte sud. Mentre nella battaglia di Kiev, tra le case, bastava l’autonomia di 6 chilometri del drone originario, adesso l’hanno aumentata a 40 per arrivare alla artiglieria russa in campo aperto».

Domanda per l’ex ministro della Cultura, cosa rende gli ucraini tanto coraggiosi?
«C’è una ragione storica e una contingente. La nostra mitologia ci descrive come guerrieri e noi ci crediamo. Dai vichinghi del IX secolo del Rus di Kiev ai cosacchi che facevano da mercenari per polacchi e russi, ma che nessuno riusciva a sottomettere. Da noi tanti soldati si tagliano i capelli lasciando il ciuffo o la treccia alla maniera cosacca. Anche nell’Armata sovietica tanti ufficiali erano ucraini».

E la ragione contingente?
«I russi ci hanno attaccato nel 2014 e una marea di volontari tappò le falle dell’esercito di allora. Con il loro apporto l’Ucraina riuscì a resistere e a riconquistare parte del Donbass. A marzo di quest’anno, quei reduci sono stati i primi a presentarsi volontari nella battaglia per difendere Kiev. Hanno lasciato il lavoro e sono andati al fronte. Sapevano già combattere e, avendo vinto una volta, era fiduciosi di farcela ancora».

Cosa ne pensa del suo collega attore Zelensky?
«Lui non è esattamente un attore. Chi lavora per il teatro o il cinema deve entrare nel ruolo, studiare la personalità, la storia, invece Zelensky è più un cabarettista, uno stand up comedian. Meno analisi e più improvvisazione. E’ veloce a reagire e a memorizzare».

Voto?
«Mi astengo. Stiamo vivendo in una sorta di tabù nel quale il presidente, le Forze Armate e i volontari sono indiscutibili. Non è censura, ma adesione allo sforzo comune. Non è il caso di dividerci».

2 luglio 2022 (modifica il 2 luglio 2022 | 22:39)

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