Letta-Draghi: il faccia a faccia di un’ora e le condizioni per la ripartenza. Prime aperture dopo l’incontro con Mattarella

di Monica Guerzoni In attesa del voto di fiducia di domani, l’incontro tra il premier e il segretario del Pd potrebbe essere il segnale che ci sono le condizioni per la ripartenza di un governo di unità nazionale L’incontro con Enrico Letta a Palazzo Chigi e poi, alle 11, la salita al Quirinale per un rapido scambio di vedute con il presidente Sergio Mattarella. È cominciata così la lunga vigilia del presidente del Consiglio, ancora in bilico tra le dimissioni e la ripartenza del governo . Il premier nella mattina di martedì è rientrato a Palazzo Chigi e ai collaboratori, che gli chiedevano notizie sui colloqui, ha risposto «non entriamo nel merito dei contenuti». Ma il filo del dialogo non è interrotto, il muro di irremovibilità alzato dal premier si sta sgretolando e crescono le pressioni perché i leader della maggioranza trovino un’intesa per rimettere in moto il governo. «Far votare la fiducia a Mario Draghi e chi ci sta, ci sta». Con l’obiettivo di convincere il premier che questa sia la strada per onorare la mobilitazione dell Paese, Enrico Letta è salito martedì alle 9 a Palazzo Chigi e si è chiuso per un’ora nell’ufficio giallo-oro con il presidente del Consiglio. Il faccia a faccia tra premier ed ex premier potrebbe essere il primo atto dell’ultima replica, o il segnale che ci sono tutte le condizioni per la ripartenza del governo di unità nazionale. Il perimetro della maggioranza sarebbe (quasi) lo stesso dell’alleanza che nel febbraio del 2021, grazie all’energica spinta di Sergio Mattarella, diede vita all’esecutivo del già presidente della Bce. Se avverrà il miracolo, anche il Movimento di Giuseppe Conte voterà la fiducia. Se invece i 5 Stelle si spaccheranno, a sostenere Draghi mercoledì nell’aula del Senato saranno solo i governisti, a cominciare dal capogruppo dei deputati Davide Crippa e dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Nelle divisioni del M5S Letta assicura di non voler entrare. L’obiettivo della sua mediazione non è spaccare il Movimento più di quanto non sia già, ma «salvare il governo, il Pnrr e la credibilità del Paese» agli occhi del mondo. Draghi resiste, non è disposto a guidare un governo paralizzato dai veti, dagli ultimatum e dalle pulsioni elettorali e non intende sottoporsi a una conta parlamentare. Per lui, se uno spiraglio esiste, la porta va aperta oggi con un’intesa forte e larga tra i partiti, che consenta al presidente di ritrovare almeno un poco dell’agibilità politica perduta: un nuovo patto politico, con la vecchia maggioranza o con una coalizione che tenga dentro almeno l’anima riformista del Movimento. A queste condizioni e vista l’onda di solidarietà, stima e affetto di quasi tutte le categorie di lavoratori italiani – oltre che degli alleati occidentali che si battono per fermare la guerra di Putin in Ucraina – la sensazione di queste ore al Nazareno è che per Draghi sia sempre più difficile dire di no. «C’è una meccanica che va in una direzione obbligata», spera un dirigente del Pd. Ma il voto di fiducia è domani, mercoledì 20 luglio, e in un giorno e una notte tutto può ancora succedere. 19 luglio 2022 (modifica il 19 luglio 2022 | 13:09) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-19 10:39:00, In attesa del voto di fiducia di domani, l’incontro tra il premier e il segretario del Pd potrebbe essere il segnale che ci sono le condizioni per la ripartenza di un governo di unità nazionale, Monica Guerzoni

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