La lezione di Tatarella servirà pure a Meloni

il commento Mezzogiorno, 29 settembre 2022 – 10:46 I fantasmi evocati dagli avversari non solo non esistono, ma possono essere più umani di quanto si tema di Davide Grittani Le dediche anonime sono come quei fiori senza biglietto, non si trova pace finché non se ne identifica il destinatario. Un grosso indizio l’ha fornito Ignazio La Russa. Rivelando che Giorgia Meloni – ringraziando «chi non c’è più e non può godersi la vittoria» – si stava rivolgendo anche a Pinuccio Tatarella. Del quale tutt’oggi si conservano ricordi piuttosto severi, rispetto alla grande sensibilità che specie in privato sapeva manifestare. Estate 1997, in carica la XIII legislatura della Repubblica: premier Romano Prodi. Tatarella è deputato e vice presidente della bicamerale per le riforme istituzionali. L’agente di spettacolo Mimmo Rollo, prematuramente scomparso alcuni mesi fa, lo invita all’elezione di Miss Italia a Bari, scenografia da sogno di fronte allo stadio della Vittoria. Tatarella onora l’invito, non solo ci va ma viene investito della carica di presidente della giuria che deve valutare le candidate. Ma qualcosa va storto, arrivano alcuni funzionari del Comune di Bari, poi dirigenti dei Vigili del fuoco. Lo spettacolo è a rischio, la passerella potrebbe non reggere il peso delle ragazze. C’è pure la Digos, vista la presenza dell’onorevole. La faccenda degenera, da normale precauzione istituzionale a ostaggio dell’italica burocrazia. E Tatarella? Occhiali sulla fronte, apparentemente distratto ma sempre vigile verso ciò che stava accadendo, con pazienza di Giove si mette a giocare. Sì, a giocare. Tre persone che sono lì con un tavolino da mare gli offrono di fare il quarto in una partita a tressette, in palio non c’è niente se non la nobiltà di uscirne sportivamente illesi. La serata intanto subisce un pesante ritardo, oltre un paio d’ore. Fino a quando, spazientito dallo stallo in cui s’era cacciato uno spensierato spettacolo di bellezza, Tatarella prende iniziativa e attraverso la Prefettura chiama (sono le undici passate di sera) l’allora ministro dell’Interno. Un certo Giorgio Napolitano, che nove anni più tardi sarebbe diventato Presidente della Repubblica. La conversazione è breve, chi riesce a girargli intorno racconta che si davano del tu e che a un certo punto Pinuccio abbia detto «eh vabbè, basta che la facciamo sta’ serata». Oggetto del contendere sempre la passerella, che viene eliminata lasciando che le miss sfilino sull’asfalto e senza quindi correre alcun pericolo. Chi lo conosce assicura che non fosse al meglio della condizione, che stesse già facendo accertamenti per sottoporsi a un intervento. Forse lo stesso da cui non si sarebbe più svegliato, quello al cuore eseguito a Torino l’8 febbraio 1999. Cosa lascia, un aneddoto apparentemente insignificante come questo, a chi non conosceva Tatarella? Il rispetto per le istituzioni (non intervenne mai nel sopralluogo della commissione di sicurezza, anzi l’agevolò), l’innata capacità di proporre soluzioni (l’eliminazione della passerella, pur di riconsegnare le vite di tutti alla normalità), la straordinaria umanità che fu capace di conservare nonostante fosse un potentissimo uomo dell’allora centrodestra (quella partita a tressette, in realtà, racconta tutta la vita di Pinuccio). L’omaggio di Giorgia Meloni non è stato solo un dovere alla memoria, ma una testimonianza del fatto che i fantasmi evocati dagli avversari politici non solo non esistono ma possono essere molto più umani di quanto si tema. 29 settembre 2022 | 10:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-09-29 08:47:00, I fantasmi evocati dagli avversari non solo non esistono, ma possono essere più umani di quanto si tema,

Pietro Guerra

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