Cos’è l’incanto? Perché serve alla scuola di oggi? Come si può parlare ora, al tempo del dilagare dei social e nel regno di internet, ai padroni dell’intelligenza artificiale, di un incanto? E si può davvero entrare in classe con un incanto, condividerlo con i ragazzi? In una parola: si può davvero insegnare con incanto? Viviamo tempi duri sul fronte dell’educazione. Il cardinale Zuppi è tornato a ricordarcelo. I ripetuti episodi di bullismo e di violenza in classe, i risultati sempre più deludenti dell’insegnamento scolastico testimoniati dalle prove Invalsi, gli abbandoni, la dispersione, le uscite premature e tutto quanto raccontiamo nei nostri servizi, hanno condotto negli ultimi tempi istituzioni pubbliche, politici, giornalisti ed esperti a stracciarsi le vesti, puntando il dito accusatore – di volta in volta – sui giovani, sulla famiglia, sulla scuola.
Tutti affannati a dettare ricette tanto altisonanti quanto inutili – o irrealizzabili – spesso sproloquiando di tolleranza zero, di nuove tavole dei valori da proporre alle giovani generazioni, di percorsi o progetti multiculturali, democratici, ecosolidali e via discorrendo, arrivando persino a invocare nel mondo della scuola la presenza o delle forze dell’ordine o di eserciti di psicologi. Tutta carta straccia, probabilmente. La gravità del problema educativo chiede decisioni e riflessioni di ben altro spessore.
Nelle scorse settimane il cardinale Zuppi ha parlato del dilagare del disincanto e della necessità invece di “trovare l’incanto e di trasmettere l’incanto, la bellezza, quel di più… Che non è un problema soltanto funzionalistico”. L’incanto, allora. “Io mi ci fermavo per incanto a sentirlo”, scriveva agli inizi del Novecento lo scrittore Ildefonso Nieri, studioso di tradizioni popolari. Che vuol dire? Non ci permettiamo di essere interpreti dell’altrui pensiero, ma per chiarirlo lo diremmo così: “Con tanto piacere e soddisfazione da non sapersi staccare da ciò che si guarda o si ascolta”. Cioè avere un’attrattiva, essere autorevoli (non autoritari), essere maestri, cioè guide, persone che – con il proprio carisma e la propria capacità, la propria dialettica – esercitano una profonda e positiva influenza su chi li ascolta. maestri, appunto, come tutti quelli che ciascuno di noi ricorda, sempre con grande affetto e gratitudine, nella propria esperienza scolastica. Persone, insomma che ci fanno crescere, diventare adulti. persone che ci incantano.
Servirebbe un po’ di incanto nella scuola. un po’ di passione. In questo – permettetecelo – si capisce bene quanto lo stato italiano abbia sbagliato a sottovalutare la figura degli insegnanti, quanto sia grave il fatto che non abbia investito su di essi, che abbia lesinato di continuo sulla scuola, sull’educazione, sulla preparazione dei docenti, come in questi anni tuttoscuola ha sempre ben documentato.
Ci sono oggi nella scuola insegnanti così?
Ne abbiamo parlato nel numero 632 di Tuttoscuola.
Leggi il servizio integrale dedicato all’emergenza educativa nel numero 632 di Tuttoscuola
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