L’incoraggiamento del Quirinale e lo spiraglio possibile

di Marzio BredaI riflettori sono puntati anche sull’incontro tra il premier Draghi e i sindacati Sergio Mattarella li coglie subito, dietro il sorriso stirato, i segni della tensione sul volto di Mario Draghi. È il tramonto di un lunedì molto faticoso, per lui, quando si presenta al Quirinale per «consultarsi» con il capo dello Stato. Tra loro due non servono sintesi particolareggiate su quel che sta accadendo intorno a Palazzo Chigi. Il quadro d’insieme lo conoscono entrambi ed è piuttosto fosco. I 5 Stelle, che prima della scissione del gruppo Di Maio erano il principale partito della maggioranza e ora sono comunque il secondo, sembrano sull’orlo di una crisi di nervi potenzialmente contagiosissima (basta vedere il nuovo movimentismo della Lega). Si smarcano a intermittenza dal premier. Azzardano pasticciate soluzioni per far sì passare, uscendo dall’aula, certi provvedimenti, ma senza il loro voto e quindi prendendone le distanze. In bilico tra l’ansia di far naufragare il governo con una tattica di strappi continui e la smania nichilista di mantenere la poltrona in Parlamento. Che fare, per inchiodare tutti al senso di responsabilità e ridare all’esecutivo la coesione e l’orizzonte di cui ha bisogno? Come muoversi, mentre Forza Italia e Lega chiedono una verifica e date le emergenze che preoccupano il Colle, dalla pandemia al Pnrr, al conflitto in Ucraina? Di questo si è discusso sul Colle. La soluzione del dilemma è ancora nelle mani di Draghi (che durante il colloquio non ha comunque drammatizzato né minacciato di andarsene) più che in quelle di Mattarella. Il capo dello Stato, infatti, fino a quando le cose non accadono e non si trova di fronte a fatti concreti, non interviene. Una regola cui è rimasto fedele in tutto il primo settennato, durante il quale non ha mai costruito scenari privilegiati né piani A o B o C anche quando il Paese attraversava momenti di difficoltà acuta. Si tiene insomma fermo al presente. Farà così anche stavolta. Prendendosi il tempo per riflettere. E aspettando, per assumere un’iniziativa, che si verifichi un passaggio formale, di vera pre-crisi, se non di crisi conclamata. Il che al momento non è avvenuto. Anzi, la «coalizione di salvezza nazionale» ha superato soltanto una settimana fa la prova del voto di fiducia. Da qui a giovedì, ha sottolineato Mattarella, quando il decreto Aiuti approderà al Senato, il tempo della politica può essere lunghissimo. Oggi, per esempio, Draghi avrà con i sindacati un incontro sulle politiche sociali del governo dal quale confida possa dischiudersi uno spiraglio anche nel fronte grillino. Un atteggiamento dialogante e di apertura su cui il capo dello Stato lo ha incoraggiato. Resta da vedere se basterà a evitare che i 5 Stelle insistano nei loro propositi di progressivo logoramento dell’esecutivo. Se invece giovedì decidessero di non votare la fiducia, la partita si complicherebbe e Draghi dovrebbe tornare da Mattarella, anche se il suo governo rimarrebbe tecnicamente in carica perché i voti mancanti dei grillini non basterebbero a farlo cadere. A quel punto il premier potrebbe presentarsi dimissionario e essere magari rinviato dal presidente della Repubblica alle Camere, per aprire quella verifica politica che nelle ultime ore è parsa fra le eventualità meno remote. 11 luglio 2022 (modifica il 11 luglio 2022 | 22:44) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-11 20:45:00, I riflettori sono puntati anche sull’incontro tra il premier Draghi e i sindacati, Marzio Breda

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