L’inflazione record? Figlia della scarsità e del fiasco degli economisti

Ancora una volta, gli economisti non hanno visto arrivare la più grande svolta degli ultimi anni. Figlia, in parte, della guerra: ma non solo. Resta un mistero: perché l’Europa ha dati simili a quelli Usa, pur avendo speso molto meno per sostenere i suoi cittadini durante la pandemia?

L’inflazione record è rivelatrice di questo: siamo entrati nell’era della scarsità.

La novità sancisce anche il fallimento degli economisti. La stragrande maggioranza degli esperti – pubblici e privati, impiegati nel mondo della finanza o nei governi o nell’accademia – non ha visto arrivare la più grande svolta economica degli ultimi anni, il passaggio da un periodo deflazionistico (stagnazione di tutto, anche dei prezzi) a un periodo di penurie generalizzate e forti rialzi dei prezzi.

Il fiasco degli economisti è gravido di conseguenze, ha contribuito a peggiorare le cose perché ha spinto banche centrali e governi ad azioni che hanno aggravato l’inflazione anziché prevenirla.

Non è la prima volta che la professione dell’economista esce malconcia dal test della realtà, anzi gli ultimi anni sono un susseguirsi di casi simili: non seppero prevedere il 2008, sbagliarono ricette sull’Eurozona, previdero Apocalissi mai avvenute dopo Brexit e i dazi di Trump.

Le eccezioni esistono ma sono davvero esigue. Larry Summers (ex segretario al Tesoro Usa) e Olivier Blanchard (ex chief economist del Fondo monetario internazionale) furono tra i pochi a lanciare l’allarme inflazione all’inizio del 2021. Inascoltati, perché la maggior parte dei loro colleghi era del parere opposto: l’inflazione sarebbe stata una fiammata breve, una conseguenza del tutto temporanea della pandemia.

Ancora un anno fa a quest’epoca la Federal Reserve e la stragrande maggioranza degli economisti prevedevano un’inflazione del 2% a fine 2021. Invece il 2021 si concluse con un’inflazione che era dal doppio al triplo rispetto alla media delle previsioni di tutti i grandi istituti economici, incluse le banche centrali. E tuttora, gli economisti sono incapaci di spiegare l’allineamento dell’inflazione europea su quella americana, ambedue all’8,6% malgrado le condizioni diverse delle rispettive economie.

Il fatto che la schiacciante maggioranza degli economisti fosse «dalla parte sbagliata» delle previsioni, spiega perché l’economia più ricca del pianeta e la banca centrale più potente hanno gettato benzina sul fuoco dell’inflazione quando c’erano già tutte le condizioni dell’incendio.

Convinti che l’America e il mondo fossero sull’orlo del baratro per colpa della pandemia, cioè in una situazione molto simile al cataclisma finanziario del 2008, due governi americani (le Amministrazioni Trump e Biden) e la Federal Reserve hanno esagerato nel loro sostegno alla domanda. Trump nel 2020 ha firmato due manovre di spesa pubblica da 3.000 miliardi di dollari. Appena insediatosi alla Casa Bianca a fine gennaio 2021, il suo successore ne ha varato una terza da 1.900 miliardi, sordo agli appelli di Summers che la considerava irresponsabile: infatti l’economia Usa era già ripartita alla grande, il reddito delle famiglie stava recuperando velocemente, la disoccupazione veniva riassorbita a ritmi sostenuti. In parte i democratici Usa hanno voluto ignorare il pericolo inflazione perché questo assecondava un’agenda politica: la paura di un disastro economico creava condizioni ideali per lanciare un vasto programma di aiuti alle famiglie, spese sociali e assistenziali. Era il periodo Biden-Roosevelt, in cui il presidente insediatosi un anno e mezzo fa si sentiva il continuatore del New Deal di novant’anni prima. Del resto l’inondazione di potere d’acquisto creata dalle tre manovre pari a 5.000 miliardi, insieme con il blocco dell’immigrazione, ha effettivamente rafforzato il potere contrattuale dei lavoratori americani, che nell’anno «magico» 2021 hanno incassato aumenti salariali record.

Se la sinistra americana poteva ignorare il pericolo inflazione per una deliberata scelta ideologica, ancorché miope, clamoroso è l’errore di previsione e di comportamento della Federal Reserve: ancora nel novembre 2021 la banca centrale era impegnata a creare liquidità acquistando titoli del Tesoro e obbligazioni legate ai mutui, al ritmo di 120 miliardi al mese. Altra benzina sul fuoco dell’inflazione.

Certo nessuno aveva previsto l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin , scattata il 24 febbraio di quest’anno (anche se ci sarebbe da discutere su questa «sorpresa» rispetto a un evento premeditato dal 2014).

Ma scarsità e inflazione non sono conseguenze della guerra, non soltanto.

L’aggressione all’Ucraina ha aggravato le penurie in certi settori – energia, derrate alimentari, alcuni minerali e metalli – ma i problemi di approvvigionamento erano presenti anche prima.

Gli errori di previsione e i conseguenti ritardi di reazione ora si ritorcono contro le autorità. La popolarità di Biden non trae alcun giovamento dagli aumenti salariali, perché nel frattempo il rincaro del costo della vita sta cancellando i benefici per i lavoratori e la fiducia dei consumatori precipita. La sua banca centrale è costretta a rincorrere gli eventi, a operare una stretta monetaria più dura e più veloce, perché la sua credibilità è stata intaccata sui mercati.

Restano dei misteri. L’Europa ha speso molto meno per aiutare i suoi cittadini durante la pandemia, non ha creato dunque quell’eccesso di domanda che è stato generato da Trump-Biden, eppure si ritrova con un carovita identico.

Il Giappone ha una politica monetaria altrettanto generosa di quella americana eppure non conosce ancora segnali d’inflazione significativi.

Anche la Cina rientra nel catalogo dei misteri, perché ha dei rialzi forsennati nei costi di produzione (materie prime), ha conosciuto arresti di produzione prolungati (lockdown ), e tuttavia al momento non subisce tensioni inflazionistiche paragonabili a quelle occidentali.

1 luglio 2022 (modifica il 1 luglio 2022 | 17:46)

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, 2022-07-01 21:42:00, Ancora una volta, gli economisti non hanno visto arrivare la più grande svolta degli ultimi anni. Figlia, in parte, della guerra: ma non solo. Resta un mistero: perché l’Europa ha dati simili a quelli Usa, pur avendo speso molto meno per sostenere i suoi cittadini durante la pandemia?, Federico Rampini

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