L’invio delle armi agli ucraini  e il retrobottega italiano

Caro direttore,
la notizia che domina le pagine dei giornali, è la richiesta di Conte e Salvini di convocare il Parlamento per discutere dell’invio di armi all’Ucraina. Ma la verità è che il Parlamento, a pochi giorni dall’inizio delle ostilità, ha conferito al governo un ampio mandato in tal senso. Ha votato a favore perfino Giorgia Meloni. È successo che, subito dopo, in modo del tutto inaspettato, si è formato un largo schieramento di «amici di Putin», che i sondaggi danno al 30% poco più. Questo fatto imprevisto e imprevedibile, ha spiazzato sia l’avvocato del popolo che Salvini.Si tratta di tattica per recuperare consensi, oppure della disperata necessità di passare il più presto possibile a una legge elettorale proporzionale? Oppure, più semplicemente, né Salvini e né Conte, hanno perdonato a Draghi di averli disarcionati da Palazzo Chigi?
Gaetano Villani

Caro signor Villani,
Non so francamente dirle quali interessi si nascondano dietro la decisione dei due leader dell’ex governo giallo-verde di passare all’attacco contro gli aiuti militari alla resistenza ucraina. Posso immaginarne qualcuno che fa parte del modo in cui i due esponenti politici interpretano la leadership. Prima di tutto, la dipendenza assoluta dai sondaggi d’opinione che vengono compulsati avidamente prima di assumere qualsiasi posizione. In Italia c’è sempre stata una forte ventata di simpatia verso l’uomo forte di Mosca che ora si unisce alle paure per le conseguenze economiche che la guerra sta provocando. In secondo luogo la volontà di distinguersi, di porre ostacoli all’azione del governo e di questa «strana» maggioranza, subita più che sostenuta dal capo della Lega e da quello del M5S. Pensano così di recuperare l’identità e i voti perduti, contando sul fatto che alle elezioni, in tempi di guerra, in ogni caso non si andrà. Per chiudere c’è una buona dose di spirito anti-occidentale e anti-europeo che rispunta sempre nei momenti decisivi. C’è sempre qualche torto dell’Unione e della Nato che giustifica l’aggressore anche di fronte a un’azione così brutale e distruttiva come l’invasione dell’Ucraina. Ha ragione lei: perché autorizzare l’invio di armi in Parlamento per poi rimetterlo continuamente in discussione? E che senso ha la distinzione tra armamenti difensivi e offensivi? Gli ucraini si stanno difendendo da un’armata che sta cercando di occupare il loro Paese, tutto quello che fanno è resistenza e difesa. Ognuno di noi vuole la pace e l’avvio di una trattativa tra le parti per fermare la guerra: dobbiamo però trovare il modo giusto (e non può essere quello di dire agli ucraini «arrendetevi, rinunciate alla vostra terra e alle vostre libertà») per arrivare al cessate il fuoco. Ci vuole un’azione internazionale pressante, servono le sanzioni ma serve soprattutto fermare Putin sul campo di battaglia, dimostrargli che non otterrà mai una vittoria. Siamo in un momento terribile per il nostro mondo, gli interessi da retrobottega politico meglio metterli da parte.

, 2022-05-08 21:53:00,

Caro direttore,
la notizia che domina le pagine dei giornali, è la richiesta di Conte e Salvini di convocare il Parlamento per discutere dell’invio di armi all’Ucraina. Ma la verità è che il Parlamento, a pochi giorni dall’inizio delle ostilità, ha conferito al governo un ampio mandato in tal senso. Ha votato a favore perfino Giorgia Meloni. È successo che, subito dopo, in modo del tutto inaspettato, si è formato un largo schieramento di «amici di Putin», che i sondaggi danno al 30% poco più. Questo fatto imprevisto e imprevedibile, ha spiazzato sia l’avvocato del popolo che Salvini.Si tratta di tattica per recuperare consensi, oppure della disperata necessità di passare il più presto possibile a una legge elettorale proporzionale? Oppure, più semplicemente, né Salvini e né Conte, hanno perdonato a Draghi di averli disarcionati da Palazzo Chigi?
Gaetano Villani

Caro signor Villani,
Non so francamente dirle quali interessi si nascondano dietro la decisione dei due leader dell’ex governo giallo-verde di passare all’attacco contro gli aiuti militari alla resistenza ucraina. Posso immaginarne qualcuno che fa parte del modo in cui i due esponenti politici interpretano la leadership. Prima di tutto, la dipendenza assoluta dai sondaggi d’opinione che vengono compulsati avidamente prima di assumere qualsiasi posizione. In Italia c’è sempre stata una forte ventata di simpatia verso l’uomo forte di Mosca che ora si unisce alle paure per le conseguenze economiche che la guerra sta provocando. In secondo luogo la volontà di distinguersi, di porre ostacoli all’azione del governo e di questa «strana» maggioranza, subita più che sostenuta dal capo della Lega e da quello del M5S. Pensano così di recuperare l’identità e i voti perduti, contando sul fatto che alle elezioni, in tempi di guerra, in ogni caso non si andrà. Per chiudere c’è una buona dose di spirito anti-occidentale e anti-europeo che rispunta sempre nei momenti decisivi. C’è sempre qualche torto dell’Unione e della Nato che giustifica l’aggressore anche di fronte a un’azione così brutale e distruttiva come l’invasione dell’Ucraina. Ha ragione lei: perché autorizzare l’invio di armi in Parlamento per poi rimetterlo continuamente in discussione? E che senso ha la distinzione tra armamenti difensivi e offensivi? Gli ucraini si stanno difendendo da un’armata che sta cercando di occupare il loro Paese, tutto quello che fanno è resistenza e difesa. Ognuno di noi vuole la pace e l’avvio di una trattativa tra le parti per fermare la guerra: dobbiamo però trovare il modo giusto (e non può essere quello di dire agli ucraini «arrendetevi, rinunciate alla vostra terra e alle vostre libertà») per arrivare al cessate il fuoco. Ci vuole un’azione internazionale pressante, servono le sanzioni ma serve soprattutto fermare Putin sul campo di battaglia, dimostrargli che non otterrà mai una vittoria. Siamo in un momento terribile per il nostro mondo, gli interessi da retrobottega politico meglio metterli da parte.

, Luciano Fontana

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