Lo spirito degli anni 90 e la Russia europea

Caro Aldo,
basta guardare la cartina geografica. Essa non tradisce l’occhio. L’Europa, col tempo, arriverà fino a Mosca, cioè, fin dove alligna la cultura con le sue manifestazioni (danza, teatro, musica, balletto, letteratura, scienza, arte, religione, dissidenza). Oltre Mosca c’è la Siberia, produttrice di solo gas e petrolio. Sono una riserva, un serbatoio a cui attingere per le attività di supporto alla cultura, che si colloca ben prima del benessere per far vivere gli uomini nella loro pienezza. Noi non vedremo l’Europa fino ai confini con Mosca. Penso però che gli attuali scenari di guerra ce lo preannunciano.
Alex Prato

Caro Alex,
Quando crollò il Muro si parlò di un Occidente che sarebbe andato da San Francisco a Vladivostok, dalla California alla Siberia, insomma dall’una all’altra sponda del Pacifico. Ma in quest’ottica non sarebbe più stato «Occidente», parola a quel punto priva di significato, bensì l’Impero più grande della storia: l’Impero americano, di cui dopo il Vietnam era stato frettolosamente diagnosticato il declino. Sembrò che la prima guerra del Golfo, in cui gli americani avevano costruito una coalizione che comprendeva anche Paesi arabi per liberare il Kuwait invaso da Saddam Hussein, fosse la dimostrazione che la storia era davvero finita, con la vittoria della liberaldemocrazia anglosassone. Non è andata così. Anche a causa delle leadership modeste che l’America ha espresso, da Clinton, la cui statura morale non era all’altezza delle proprie ambizioni, a Bush junior, che commise il fatale errore dell’Iraq. Eppure qualcosa dello spirito dei primi anni Novanta andrebbe salvato. Mandela usciva dalle carceri dell’apartheid e diventava presidente. Israeliani e palestinesi si stringevano la mano a Oslo. Gli europei ponevano le fondamenta di una moneta comune. In America Latina le dittature lasciavano spazio alla democrazia. Tra questi segnali, c’era anche l’integrazione della Russia. Il G-8 di Genova fu un disastro, ma si chiamava così — e non G-7 come si chiamava prima e come si chiama adesso — proprio perché c’era anche la Russia. Con l’aggressione alla Georgia (durante le Olimpiadi cinesi del 2008) e alla Crimea (2014) la Russia di Putin si è posta fuori da quel consesso. Una Russia senza Putin potrebbe rientrarvi. Anche se, per rispondere alla sua domanda gentile signor Prato, l’Unione europea è troppo piccola e troppo poco armata per accogliere una Russia che ne diventerebbe sotto certi aspetti la padrona.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La fine ingloriosa dei distributori di francobolli»

Da studioso dei vari metodi di comunicazione postale, non è molto noto che i primi studi per la realizzazione di francobolli in bobina, adatti ad essere distribuiti automaticamente, risalgono al 1929, mentre negli altri Paesi europei e oltreoceano questa tipologia era già praticata sin dall’ultimo quarto dell’800. In Italia, le prime macchinette erogatrici entrarono in funzione negli anni 70 in complessivi 500 esemplari, per un costo totale di 750 milioni di lire. Furono prevalentemente installati nelle più note località di villeggiatura, ma spesso si inceppavano o distribuivano francobolli inutilizzabili. Nel 1979, con l’uscita d’una serie «ordinaria» di francobolli (denominata «Castelli d’Italia»), il Poligrafico dello Stato realizzò speciali francobolli di formato ridotto, stampati in bobine che furono impiegate nei nuovi distributori. Ne vennero attivati circa un centinaio e funzionarono, più o meno continuamente, sino alla fine degli anni 80. Fu la mancanza di manutenzione e il disinteresse di Poste italiane a decretarne il disuso e la fine. Ricordo che alla Posta Centrale di Milano (piazza Cordusio) furono installati due distributori, ma non fu mai realizzato l’allacciamento elettrico e dopo circa sette anni furono smontati. Presumo che la stessa sorte sia toccata a tutti gli altri distributori, tanto che il Poligrafico smise di ristampare i francobolli in bobina e con l’avvento dell’euro dall’emissione di nuovi valori bollati postali essi furono esclusi. Questa l’ingloriosa storia italiana dei distributori automatici di francobolli. In Europa e nel mondo intero i francobolli distribuiti automaticamente godono tuttora di lunga vita e prestigio. Qui no.
Massimo A. Mattioli, Milano

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-03-26 21:16:00,

Caro Aldo,
basta guardare la cartina geografica. Essa non tradisce l’occhio. L’Europa, col tempo, arriverà fino a Mosca, cioè, fin dove alligna la cultura con le sue manifestazioni (danza, teatro, musica, balletto, letteratura, scienza, arte, religione, dissidenza). Oltre Mosca c’è la Siberia, produttrice di solo gas e petrolio. Sono una riserva, un serbatoio a cui attingere per le attività di supporto alla cultura, che si colloca ben prima del benessere per far vivere gli uomini nella loro pienezza. Noi non vedremo l’Europa fino ai confini con Mosca. Penso però che gli attuali scenari di guerra ce lo preannunciano.
Alex Prato

Caro Alex,
Quando crollò il Muro si parlò di un Occidente che sarebbe andato da San Francisco a Vladivostok, dalla California alla Siberia, insomma dall’una all’altra sponda del Pacifico. Ma in quest’ottica non sarebbe più stato «Occidente», parola a quel punto priva di significato, bensì l’Impero più grande della storia: l’Impero americano, di cui dopo il Vietnam era stato frettolosamente diagnosticato il declino. Sembrò che la prima guerra del Golfo, in cui gli americani avevano costruito una coalizione che comprendeva anche Paesi arabi per liberare il Kuwait invaso da Saddam Hussein, fosse la dimostrazione che la storia era davvero finita, con la vittoria della liberaldemocrazia anglosassone. Non è andata così. Anche a causa delle leadership modeste che l’America ha espresso, da Clinton, la cui statura morale non era all’altezza delle proprie ambizioni, a Bush junior, che commise il fatale errore dell’Iraq. Eppure qualcosa dello spirito dei primi anni Novanta andrebbe salvato. Mandela usciva dalle carceri dell’apartheid e diventava presidente. Israeliani e palestinesi si stringevano la mano a Oslo. Gli europei ponevano le fondamenta di una moneta comune. In America Latina le dittature lasciavano spazio alla democrazia. Tra questi segnali, c’era anche l’integrazione della Russia. Il G-8 di Genova fu un disastro, ma si chiamava così — e non G-7 come si chiamava prima e come si chiama adesso — proprio perché c’era anche la Russia. Con l’aggressione alla Georgia (durante le Olimpiadi cinesi del 2008) e alla Crimea (2014) la Russia di Putin si è posta fuori da quel consesso. Una Russia senza Putin potrebbe rientrarvi. Anche se, per rispondere alla sua domanda gentile signor Prato, l’Unione europea è troppo piccola e troppo poco armata per accogliere una Russia che ne diventerebbe sotto certi aspetti la padrona.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«La fine ingloriosa dei distributori di francobolli»

Da studioso dei vari metodi di comunicazione postale, non è molto noto che i primi studi per la realizzazione di francobolli in bobina, adatti ad essere distribuiti automaticamente, risalgono al 1929, mentre negli altri Paesi europei e oltreoceano questa tipologia era già praticata sin dall’ultimo quarto dell’800. In Italia, le prime macchinette erogatrici entrarono in funzione negli anni 70 in complessivi 500 esemplari, per un costo totale di 750 milioni di lire. Furono prevalentemente installati nelle più note località di villeggiatura, ma spesso si inceppavano o distribuivano francobolli inutilizzabili. Nel 1979, con l’uscita d’una serie «ordinaria» di francobolli (denominata «Castelli d’Italia»), il Poligrafico dello Stato realizzò speciali francobolli di formato ridotto, stampati in bobine che furono impiegate nei nuovi distributori. Ne vennero attivati circa un centinaio e funzionarono, più o meno continuamente, sino alla fine degli anni 80. Fu la mancanza di manutenzione e il disinteresse di Poste italiane a decretarne il disuso e la fine. Ricordo che alla Posta Centrale di Milano (piazza Cordusio) furono installati due distributori, ma non fu mai realizzato l’allacciamento elettrico e dopo circa sette anni furono smontati. Presumo che la stessa sorte sia toccata a tutti gli altri distributori, tanto che il Poligrafico smise di ristampare i francobolli in bobina e con l’avvento dell’euro dall’emissione di nuovi valori bollati postali essi furono esclusi. Questa l’ingloriosa storia italiana dei distributori automatici di francobolli. In Europa e nel mondo intero i francobolli distribuiti automaticamente godono tuttora di lunga vita e prestigio. Qui no.
Massimo A. Mattioli, Milano

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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