«Lo Sri Lanka in crisi, tutto per una famiglia finanziata dalla Cina»

di Monica Ricci Sargentini

Parla il regista italo-singalese Katugampala: «A Colombo c’è un’atmosfera di festa ma anche di incertezza perché il presidente non se n’è ancora andato. Il momento è storico»

«Lo Sri Lanka vuole voltare pagina. La popolazione è consapevole di aver commesso degli sbagli, ora però desidera un futuro». Suranga Deshapriya Katugampala, il regista italo-singalese arrivato nel nostro Paese quando aveva 11 anni, si trova a Colombo nel mezzo della protesta che, sabato, ha costretto il presidente Gotabaya Rajapaksa ad annunciare le dimissioni. «C’è un’atmosfera di festa — racconta al telefono — ma anche di incertezza perché lui non se ne è ancora andato, ha detto che lo farà il 13 luglio, cosa dovrebbe succedere in questi tre giorni? È possibile un colpo di coda?». Nel dubbio i manifestanti hanno fatto sapere che non lasceranno il palazzo presidenziale e la casa del primo ministro finché le dimissioni non saranno ufficiali».

Katugampala, 34 anni, è a Colombo da tre mesi dove sta girando il documentario Good Bye Lotus Club sulla crisi economica in corso in Sri Lanka, la più grande dalla fine del colonialismo inglese. «Qui manca tutto — spiega — è una situazione apocalittica. Ci sono code infinite davanti ai benzinai ma senza sapere se potrai fare rifornimento, le ambulanze non funzionano più quindi se stai male non puoi essere soccorso, manca il gas, alcune persone sono tornate a cucinare con la legna, i ristoranti sono chiusi, sono finiti i medicinali. La corrente va e viene».

È questa situazione che ha portato alla rivolta popolare contro il presidente. «Oggi è Rajapaksa il nemico numero uno ma c’è la consapevolezza che tutto va fatto in modo pacifico e questo è uno scatto importante per il Paese. Direi che è un momento storico».

A maggio lo Sri Lanka è andato in default per il suo debito estero ma «la situazione attuale ha radici antiche — dice il regista — un percorso che parte dall’indipendenza, da presidente a presidente il potere si è corrotto e si è mischiato con la mafia locale». Ma con l’attuale capo di Stato e la sua potente famiglia si è raggiunto il punto di non ritorno: «Gotabaya Rajapaksa si dipingeva come un erede del Budda, in questi anni c’è stata una produzione assurda di cinema epico, la famiglia ha usato le arti e la cultura per riscrivere la storia del Paese. Il tutto in un clima di paura in cui chi avanza critiche scompare e non si trova più. Ci sono stati diversi episodi nel villaggio dei manifestanti a Colombo».

A questo si aggiungono una serie di dinamiche internazionali. In primo luogo la Cina. «Dietro il presidente — spiega Katugampala — ci sono i soldi cinesi. La nuova via della seta, one belt one road, prevede una tappa fondamentale a Colombo. Per questo è stata creata una città sul mare davanti alla capitale, Port city. Si dice che Pechino sia riuscita a far chiudere la guerra trentennale che ha insanguinato il Paese per costruire questa città. Ormai lo Sri Lanka appartiene alla Cina più che a se stesso, le strade, i porti, li hanno fatti i cinesi».

Katugampala non lascerà Colombo finché non avrà finito il suo documentario: «È fondamentale per la storia del Paese ma sono in cerca di fondi mi mancano 10mila euro».

10 luglio 2022 (modifica il 10 luglio 2022 | 23:16)

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, 2022-07-10 22:17:00, Parla il regista italo-singalese Katugampala: «A Colombo c’è un’atmosfera di festa ma anche di incertezza perché il presidente non se n’è ancora andato. Il momento è storico», Monica Ricci Sargentini

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