Lultimo anno di superiori si studi la storia dal 1945 in poi. I giovani non conoscono le radici della contemporaneità. La proposta dello storico Oliva

“Il problema sono davvero i giovani che non sanno molto (e spesso non sanno nulla) della Guerra Fredda, dell’Italia degli anni di piombo e di tritolo, del perché ci sono una Corea del Nord e una del Sud? O il problema è invece un sistema scolastico dove la storia in sé è poco in onore, e ancor più non è in onore la storia contemporanea? Siamo sinceri: qualsiasi studente ha sentito parlare della battaglia di Canne o della conquista delle Gallie, quasi nessuno di Aldo Moro o di piazza Fontana”.

Si tratta della riflessione dello storico Gianni Oliva, su La Stampa, che evidenzia come la scuola tenda a non valorizzare lo studio della storia successiva alla seconda guerra mondiale.

I giovani non hanno consapevolezza storica prima di tutto perché a scuola non si studiano le radici della contemporaneità e i programmi (al netto delle lodevoli eccezioni) si fermano alla soglia del secondo Dopoguerra, rimuovendo gli ottant’anni che hanno plasmato il mondo così com’è oggi”, prosegue Oliva.

L’esperto si concentra proprio sulla scuola: “La storia è diventata una materia secondaria dalla fine degli anni Sessanta: l’esame di maturità introdotto nel 1969, con il sorteggio di quattro materie orali, ne ha sancito l’emarginazione perché la storia è stata proposta sporadicamente solo nei licei classici, mai negli scientifici, nei tecnici o nei professionali. Una materia ‘che non si porta all’esame’ è una materia che non conta”.

Oliva osserva anche il fenomeno del “pregiudizio secondo cui non si deve parlare dei fatti contemporanei perché altrimenti ‘si fa politica in classe’. Perché il passato recente dovrebbe essere oggetto di manipolazione ideologica e propaganda politica e, per questo essere escluso dalle aule?”.

Secondo lo storico, “‘Il Novecento a scuola’ è rimasta un’affermazione di principio, soffocata dalla marginalità percepita della materia e da una società sempre più proiettata sulla rapidità del presente; la riforma del 2003 del ministro Moratti, con lo slogan delle tre ‘i’ (inglese, informatica, impresa) ha fatto il resto”.

Oliva ha una sua idea su come distribuire lo studio della storia a scuola: “Oggi i programmi ministeriali stabiliscono di studiare nella scuola primaria e media il percorso dell’umanità dalla preistoria al presente (dove si arriva, ovviamente…) e di ripeterlo con la stessa periodizzazione in quella secondaria. Perché non introdurre una diversa ripartizione nella scuola superiore? Nei primi due anni, grandi quadri di insieme che diano agli studenti i riferimenti macrostorici, in modo che sappiano orientarsi quando si parla di ‘mondo classico’, ‘democrazia ateniese’, ‘mondo comunale’, ‘rinascimento’, ecc.;”

Invece, conclude lo storico, “nel triennio, invece, studio analitico dalla Rivoluzione francese ad oggi, con l’ultimo anno dedicato al periodo successivo al 1945”.

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