di Renato Franco
Il comico ha pubblicato «Libro 2», una comicità che si muove tra i cieli rarefatti dell’assurdo
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La storia di un uomo sgozzato da un termosifone, la risoluzione del dubbio se è nata prima l’acqua o la bottiglia (è giusta la prima), «le skills» necessarie a individuare una porta e a come aprirla, i consigli di lettura, a partire dal libro Come imparare a camminare in pochi semplici passi. L’antologia della comicità surreale è concentrata nel nuovo lavoro di Maccio Capatonda, Libro 2 (Mondadori), che arriva dopo il debutto con Libro, titolo che toglie ogni dubbio su cosa il lettore abbia tra le mani. La cifra di Maccio Capatonda è quella che mette anche nei suoi video, una comicità che si muove tra i cieli rarefatti dell’assurdo. «La comicità surreale è il mio modo di combattere la realtà stessa, di cercare una fuga dal mondo. Fin da bambino io trovavo la realtà limitata a due aspetti: o era noiosa o era dolorosa, quindi ho cercato di rimescolarla, di prenderla in giro, di farne una parodia: tutte tecniche che cercano una fuga dalla realtà e allo stesso tempo la criticano, la mettono in discussione. In fondo faccio quello che fanno tutti, l’epoca di oggi è fatta di persone che continuamente cercano di fuggire dal quotidiano: attraverso i social, attraverso i videogame, i film, internet».
Nel suo «Libro 2» scrive: «A furia di scacciare la noia stiamo diventando dipendenti dalla non noia. E cioè dalla sovrabbondanza di stimoli, da cui deriva la scomparsa del dialogo interiore e della vera spinta a non annoiarci».
«È un meccanismo di cui io stesso sono vittima, il fatto di aver paura della noia ci allontana da noi stessi, dai nostri desideri. Penso che avere dei momenti in cui si sta da soli, in cui non si hanno stimoli, sia importante per capire chi siamo veramente, cosa vogliamo, cosa desideriamo. In caso contrario quello che pensiamo di volere ci è sempre preventivamente suggerito dalle offerte che riceviamo, non da quello che pensiamo noi liberamente. Io ogni tanto faccio un digiuno: solo così ti rendi conto che l’assenza delle cose è quello che davvero ci manca, tutti dobbiamo avere delle mancanze per capire cosa vogliamo. Eppure siamo una società individualista, riflesso del consumismo e del capitalismo».
Come uno dei tanti paradossi di cui è intessuto il libro… Otto anni fa ha disegnato un ritratto spietato e sarcastico dell’italiano medio. Oggi siamo cambiati?
«Direi che è sempre uguale. L’italiano medio — che poi sono anche io — vive un conflitto interiore tra due anime in lotta: quella totalmente menefreghista, che cerca solo sesso e potere, droga e soldi; e quella che aspira ad essere parte di una comunità, impegnata socialmente e politicamente, attenta alla tutela dell’ambiente. Alla fine è ancora così: si possono alternare entrambi gli aspetti, lamentarci, criticare, ma non impegnarci abbastanza nel risolvere individualmente i problemi».
Racconta anche la sua passione per Ilaria Galassi, una delle ragazzine di «Non è la Rai».
«Io sono cresciuto con la tv, in realtà mia mamma era lei. Guardavo tutto, Non è la Rai, i film di Troisi e Verdone, Quelli della notte di Arbore, Benigni: io vedevo tutta la tv, era la mia fuga della realtà. Non è la Rai era la parentesi adolescenziale, onanistica che però io avevo già superato; io cercavo l’amore platonico, cercavo l’anima gemella e l’avevo trovata in Ilaria. Andai diverse volte fuori dagli studi del programma con la telecamera: Ilaria mi chiamo Marcello, volevo dirti che ti amo. Ti amo e infatti non mi sono mai masturbato pensandoti. Lei mi salutò carinamente. Poi ho riguardato il video: schermo totalmente bianco, sull’obiettivo della telecamera avevo lasciato il tappo…».
È cresciuto con la tv nella tentacolare Chieti…
«Una città iper-tranquilla, a tratti noiosa; la mia salvezza è stato il mondo del cinema. Avevo 9 anni quando ho visto Ritorno al futuro e mi sono fatto regalare una telecamera perché ero affascinato da quel lavoro: ricreare dei nuovi mondi che a Chieti non esistevano. Ho iniziato a girare i miei primi video, facevo succedere le peggio cose a Chieti, omicidi, scene horror, uno dei primi lavori era Jason a Chieti, ispirato alla saga di Venerdì 13. Crescere a Chieti mi ha permesso di lavorare di fantasia, di rifugiarmi in un mio mondo di comicità demenziale, mi ha permesso di trovare una evasione creativa».
La prefazione di libro è di Frassica, maestro del surreale. Per lei è come una laurea?
«Sono un suo adepto da sempre, ho assorbito negli anni della crescita la sua comicità surreale. Per me questa sua prefazione è una certificazione, un attestato, un bollino, fra l’altro gliel’ho chiesta il giorno prima di mandare in stampa il libro».
Aveva paura rifiutasse?
«No, è che questo libro è stato scritto in 4 minuti….».
Il prossimo impegno?
«Una vacanza lunga sei anni».
24 giugno 2022 (modifica il 24 giugno 2022 | 21:19)
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, 2022-06-24 19:20:00, Il comico ha pubblicato «Libro 2», una comicità che si muove tra i cieli rarefatti dell’assurdo, Renato Franco