Una significativa decisione giuridica ha recentemente portato chiarezza in un delicato argomento: la distinzione tra l’abuso di mezzi di correzione e il reato di maltrattamenti nei confronti dei minori.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, con sentenza del 23 agosto, con la quale ha delineato con precisione tale differenza.
L’abuso dei mezzi di correzione si riferisce all’impiego inadeguato di metodi o comportamenti correttivi, che sono generalmente permessi. Ad esempio, potrebbe trattarsi dell’esclusione temporanea di un minore da attività ludiche o didattiche, dell’imposizione di condotte riparatorie o di rimproveri non riservati. È fondamentale sottolineare che tali metodi sono accettabili solo quando usati appropriatamente.
Il caso che ha spinto la Cassazione a fare chiarezza su questa distinzione riguarda una docente accusata di aver instaurato un clima di paura e intimidazione in aula, dovuto a continui episodi di violenza psicologica. Le azioni dell’insegnante, contrassegnate da giudizi umilianti e avvilenti, hanno avuto ripercussioni profonde sulla psiche dei minori. Alcuni studenti hanno iniziato a interiorizzare queste critiche, sviluppando un senso di inadeguatezza, una colpa infondata e la percezione di “meritare” punizioni.
La sentenza della Corte è chiara e inconfutabile: qualsiasi forma di violenza, sia fisica che psicologica, anche se motivata da un presunto intento educativo, non può rientrare nella categoria dell’abuso dei mezzi di correzione. Essa rappresenta un maltrattamento a tutti gli effetti, con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità e conseguenze giuridiche.
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