Marine Le Pen e il sorpasso mancato alle elezioni, ma insiste: «Noi metteremo in ordine la Francia»

di Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi

Dopo i risultati del voto del primo turno, champagne e delusione: l’impresa non c’è stata. I cinque punti di svantaggio da Emmanuel Macron non chiudono la partita, ma la rendono molto più difficile del previsto

Due minuti prima dell’annuncio dei risultati, davanti al grande schermo vicino al parco di Vincennes, i sostenitori di Marine Le Pen riuniti per la serata elettorale non trattengono la gioia: gridano «Marine présidente!», «Abbiamo vinto!», ripetono «Aux armes citoyens», il verso più trascinante della Marsigliese, perché come tutti hanno creduto ai sondaggi degli ultimi giorni che — senza eccezioni — davano la leader di estrema destra quasi alla pari con il presidente Macron. Di più, intorno alle 19 poi sono arrivate le prime stime dei siti di informazione belgi e svizzeri (che a differenza dei francesi possono pubblicare anticipazioni sui risultati), che indicavano un clamoroso pareggio, 24% a 24%, quanto sarebbe bastato per spingere l’amata Marine verso l’Eliseo. E invece no. Dopo il tradizionale conto alla rovescia, alle 20 in punto la tv francese ha mostrato i due volti appaiati di Emmanuel Macron e Marine Le Pen, sì, ma con un distacco enorme rispetto alle previsioni: 28,4% lui, 23,4% lei. Un abisso di cinque punti che non chiudono la partita, certo, ma la rendono infinitamente più complicata di quanto gli ultimi giorni lasciavano prevedere. Alla fine, la sorpresa è che la sorpresa non c’è stata.

Al ballottaggio

Marine Le Pen si qualifica al secondo turno del 24 aprile, certo, ma questo era tutto sommato scontato da mesi. Il punto è che non è arrivata prima e neanche testa a testa con Macron. Lo straordinario recupero — che l’aveva fatta passare da quasi 10 punti di distacco nei sondaggi a solo uno — si è fermato proprio nel giorno decisivo, la domenica del voto. I suoi fan fingono di essere comunque travolti dalla gioia, ripartono i «Marine présidente!» perché non si può certo abbandonare la lotta proprio adesso, dieci anni e tre elezioni dopo la campagna di esordio del 2012. Si battono le mani, ma non ci si abbraccia. Ci sono le tartine e le 360 bottiglie di champagne etichetta «Marine Présidente 2022», non resta che berle ma sono meno buone del previsto. Dopo una mezz’ora di canti sempre meno convinti la 53enne Marine arriva nella sala e sale sul palco per pronunciare il suo discorso. È pacata e tranquilla, in linea con la nuova immagine rassicurante che ha curato in questi mesi, ma è anche aiutata in questo dal risultato non travolgente. «Sarò la presidente di tutti i francesi», dice, promettendo di ricomporre le tante fratture della società e di «rimettere il Paese in ordine». Evoca una «scelta di civiltà» che andrà fatta il 24 aprile, ma insiste nel porsi come colei che riunisce, accoglie, che promette uno «Stato giusto e protettore», una specie di improbabile Marine Le Pen democristiana e docile di fronte all’avversario che lei dipinge come un duro e spietato tecnocrate, l’Emmanuel Macron che ha represso la rivolta dei gilet gialli e chiede ai francesi di lavorare di più, promettendo di alzare la pensione da 62 a 65 anni. Adesso che Eric Zemmour non c’è più o quasi (si è fermato al 7 per cento), la leader del Rassemblement national si riappropria del tema dell’identità che aveva volentieri lasciato all’avversario di estrema destra.

I temi

Dopo una campagna tutta giocata sul potere d’acquisto e le bollette di luce e gas che continuano a salire, ecco tornare la questione dell’immigrazione, da cinquant’anni cavallo di battaglia della famiglia Le Pen. Ecco la «legittima preponderanza della cultura francese», la difesa di «usi e costumi delle nostre regioni» e «la restaurazione della nostra sovranità». I militanti la ascoltano convinti, ma l’atmosfera non è quella febbrile di una vittoria imminente. «Meglio così, meglio non essere arrivati al primo posto, così facciamo meno paura e la solita mobilitazione contro di noi sarà meno forte», teorizza sotto il palco Thierry Mariani, uno dei portavoce. Mariani è uno dei non molti transfughi della destra gollista che hanno tempo fa rotto il «cordone sanitario» per unirsi all’estrema destra di Le Pen (più numerosi quelli che hanno scelto Zemmour), ed è stato anche da anni uno dei più vivaci animatori del rapporto privilegiato con la Russia di Putin. Neo-rassicurante quanto si vuole, ma va ricordato che nel 2017 Marine Le Pen ha preso un prestito di quasi 10 milioni di euro da un banca russa, e che ha sempre dichiarato di preferire il patriottismo nazionalista di Putin al cosmopolitismo vuoto dell’Unione europea. L’amico Putin da un mese e mezzo si rende responsabile di crimini spaventosi in Ucraina, e a ben vedere forse la vera sorpresa è che nonostante questo la sua più importante alleata in Europa sia arrivata al 23%. Se Marine Le Pen è riuscita a non crollare sotto il peso dei suoi legami con Mosca, è stato anche grazie alla scelta di privilegiare l’emozione popolare rispetto alla coerenza ideologica: quindi, braccia aperte ai rifugiati ucraini, a differenza di quelli di tutte le guerre precedenti. Sarà difficile continuare con questo equilibrismo fino al ballottaggio tra due domeniche, perché Macron — finora poco coinvolto nella campagna elettorale — probabilmente la attaccherà al grido di «chi vota Le Pen vota Putin». «Marine è stata bravissima ed è l’unica a pensare a noi», dice una pensionata di nome Jeannette che ha fatto il viaggio da Calais, nel Nord, fino a Parigi. Ma quello di stasera potrebbe essere l’ultimo fuoco. Dopo tre tentativi, Marine Le Pen non si candiderà più in caso di sconfitta finale, lo ha già annunciato. E i militanti forse stasera hanno gridato per l’ultima volta «Marine Présidente!» alla fine di una domenica di voto.

10 aprile 2022 (modifica il 11 aprile 2022 | 00:03)

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, 2022-04-10 22:03:00, Dopo i risultati del voto del primo turno, champagne e delusione: l’impresa non c’è stata. I cinque punti di svantaggio da Emmanuel Macron non chiudono la partita, ma la rendono molto più difficile del previsto , Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi

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