di Stefano Montefiori
Al Bois de Boulogne tanti i giovani supporter della leader del Rassemblement National sconfitta da Emmanuel Macron: «Ora impegno per le legislative di giugno». Ma si apre la corsa alla sua successione
Dal nostro corrispondente
PARIGI — Forse ispirandosi alla recente comunicazione creativa del Cremlino, appena 10 minuti dopo il verdetto Marine Le Pen sale sul palco raggiante e dice con un sorriso aperto: «Il risultato di questa sera rappresenta una eclatante vittoria!». I militanti riuniti al Pavillon d’Armenonville, una grande sala di ricevimenti nel Bois de Boulogne, stavano già lasciandosi andare alle lacrime perché la loro beniamina si ferma al 41% che è sicuramente un risultato considerevole ma, insomma, ha perso. Marine Le Pen invece non ha alcuna intenzione di mostrarsi delusa. Forse non ha mai creduto davvero di poter vincere, come tanti — primo fra tutti Eric Zemmour — sostenevano, o forse vuole davvero continuare a dare battaglia.
«Non abbandonerò mai i francesi», dice tra gli applausi e le grida di «Marine, Marine, Marine». «Il mio impegno continua più che mai, a partire dalle legislative di giugno. Emmanuel Macron continuerà con le pratiche sprezzanti e brutali del precedente mandato». La sala risponde con entusiasmo, ogni volta che viene evocato il presidente partono i «buuu» dei militanti, e lei non li ferma. Si saprà dopo che prima di salire sul palco la candidata del Rassemblement National ha chiamato Macron per riconoscere la sconfitta e congratularsi, in privato, ma in pubblico non si complimenterà mai con il presidente. Tra i tratti fondanti del nuovo lepenismo ci sono i toni più moderati, meno rabbia e più disinvoltura, sorrisi e uso di mondo, ma anche l’odio senza appello verso quel perfettino di Macron. I giovani qui sono la maggioranza, una ragazza di 24 anni, Nadine, dice che «stavolta pensavamo di farcela, credevo che Marine sarebbe entrata all’Eliseo e che finalmente non saremmo più stati considerati cittadini di seconda categoria».
Tra i francesi c’è chi ha votato Marine Le Pen per dispetto, per sentirsi antagonista almeno un po’, o anche solo con lo spirito di «le abbiamo provate tutte, proviamo pure lei». Ma quelli che sono venuti qui al Pavillon votano per Marine perché condividono le idee, il programma, l’idea ripetuta da tutti che «questa è casa nostra» e che «bisogna salvare la Francia prima che sia troppo tardi» (ovvero prima che le forze della globalizzazione la rendano indistinguibile dagli altri Paesi, e soprattutto prima che gli immigrati si sostituiscano ai francesi). Ma l’altro grande tema è il sentimento di essere assediati, disprezzati, perseguitati, dagli antifascisti per strada e dalle élite macroniste nella società. «Se non vivi a Parigi e non hai due lauree non conti niente per chi sta al governo, Marine è l’unica che si preoccupa di noi», dice Jamime, impiegata di Arras, nel Nord di Parigi.
Se ai tempi del fondatore Jean-Marie Le Pen i militanti del Front National esprimevano con fierezza una certa predisposizione a sentirsi superiori, l’avanguardia dei francesi poco inclini a chinarsi sul destino dei più deboli, immigrati o meno, il Rassemblement National di Marine Le Pen cerca di dare rifugio a chi si sente escluso dalla società, o perché davvero non arriva alla fine del mese, o perché magari ha casa, lavoro, sanità gratuita, scuole e mezzi pubblici funzionanti ma comunque si percepisce ai margini della Francia che conta. Questa identificazione con Marine paladina degli esclusi «viene da lontano», dice Sébastien Chenu, portavoce di Marine Le Pen che scende nella sala per riconfortare i militanti. Molti non erano neanche nati quando Jean-Marie Le Pen si candidò per la prima volta alle presidenziali, nel lontano 1974. Cinque tentativi il padre Jean-Marie, tre la figlia Marine: otto sconfitte per la dinastia Le Pen.
Un mese fa «MLP» ha detto che «a priori, se non vinco stavolta, non mi candiderò più per l’Eliseo». Domenica sera però ha evitato di ricordarlo, forse per non aprire troppo presto una guerra di successione. Il 41% non sarà una vittoria ma rappresenta un capitale da non trascurare. «I due partiti che hanno strutturato per decenni la vita politica non esistono più», dice Thierry Mariani, che è passato al RN dopo vent’anni da deputato gollista e spera in una grande ricomposizione della destra. Con al centro Marine, «o magari il bravissimo Jordan Bardella», eloquente, elegante, ben vestito, che nel 2027 avrà solo 31 anni. Affidarsi a una specie di Macron post-lepenista sarebbe il colmo.
24 aprile 2022 (modifica il 25 aprile 2022 | 00:21)
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, 2022-04-24 22:21:00, Al Bois de Boulogne tanti i giovani supporter della leader del Rassemblement National sconfitta da Emmanuel Macron: «Ora impegno per le legislative di giugno». Ma si apre la corsa alla sua successione , Stefano Montefiori