Mariupol, il corridoio della paura

di Andrea Nicastro

Fallito l’ennesimo tentativo di aiuto: i russi sparano, bloccati i convogli della Croce Rossa

DAL NOSTRO INVIATO
ZHAPORIZHZHIA – La Croce Rossa pensa che oggi potrebbe essere il giorno giusto per portare a Mariupol 45 autobus e due camion stipati di aiuti. Ci sono almeno 150mila civili in città, ancora nei quartieri dove si combatte, dove le forze speciali russe cercano di stanare il Battaglione Azov che resiste. I civili non ricevono nulla da 29 giorni. Sono prigionieri nei rifugi, assediati dalle bombe, con carri armati e pattuglie che sparano agli edifici, li demoliscono pezzi a pezzo, con la gente sotto. «Ci vogliono garanzie per inviare il convoglio. L’ordine deve scorrere lungo l’intera catena di comando» ha detto Julien Lerisson, il vicedirettore della Croce Rossa, incaricato dell’operazione Mariupol. «L’accordo è stato raggiunto al massimo livello, ma troppe volte all’atto pratico sulla strada è successo sempre qualcosa». Anche ieri. Ennesima delusione. Erano pronti 45 autobus. Il via libera per il corridoio umanitario era arrivato dalle due parti. Dalle 10 alle 17. Sembrava abbastanza per poter portare in salvo qualche migliaio di abitanti di Mariupol.

Strada minata

Invece la vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk a metà pomeriggio ha spiegato che sì, «il tratto che va da Berdyansk a Zaporizhzhia sembra essere silenzioso». Lì non si spara. Ma più avanti? «Vediamo se i russi rispetteranno i patti». Gli autobus non sono partiti da Berdyansk. Ci saranno ancora 40 chilometri per arrivare a Mariupol, ma sono i peggiori. Lungo il mare d’Azov non si può più percorrere la strada diretta perché è stata minata. Bisogna fare continue deviazioni per vie secondarie, anche non asfaltate, e lì ci sono avanguardie russe che sembrano non sapere che gli autobus urbani non sono carri armati e se stanno in fila uno dietro l’altro non è per attaccarli, ma per portare degli esseri umani in salvo. Così sparano, in aria per fortuna il più delle volte, e gli autobus fanno marcia indietro. Sarà almeno la sesta volta che succede.

Dalla parte ucraina

Fughe Di fatto sono riusciti ad uscire da Mariupol dalla parte ucraina circa 80.000 persone in quattro settimane di assedio. Ma l’hanno fatto tutti con le proprie auto. Vetture che sembrano uscite da uno sfasciacarrozze, con finestrini rotti, lunotti sostituiti da teli di plastica, carrozzerie devastate non dalla grandine, ma dai calcinacci dei palazzi colpiti dalle cannonate. Tutti hanno la scritta bambino appiccicata e degli stracci bianchi che sventolano per indicare che non sono combattenti, solo vinti, vittime di guerra.

Dalla parte russa

Altri 50/100 mila, forse di più, sono usciti dalla parte russa. Il conto non è chiaro. Kiev insiste nella sua tesi che siano stati forzati a lasciare la città distrutta e chiede che la Croce Rossa internazionale si faccia carico della loro registrazione, garantendo la possibilità di tornare in Ucraina. Mosca assicura che sono tutti trasferimenti volontari. Le testimonianze che si riescono a raccogliere da parenti danno ragione agli uni e agli altri.

Le voci

Tutti vogliono lasciare Mariupol appena possono, molti vanno verso la Russia volontariamente perché lì hanno qualcuno che può ospitarli o anche perché è semplicemente lontano dall’incubo che hanno vissuto in questo mese. Altri, invece, raccontano di essere stati forzati ad andarsene, di non sapere quale potrà essere il loro destino. Altri ancora che i russi avrebbero estorto denaro per evacuarli. Tutte informazioni impossibili da verificare.

Appelli inascoltati

Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a parlare della tragedia di Mariupol. L’ha fatto in collegamento video con il Parlamento belga. «Marioupol è ancora lì. Nessuno ha abbastanza determinazione per aiutarci a fermare la catastrofe». A sollecitare il passaggio dei bus di salvataggio verso la città-porto assediata, ci ha provato il presidente francese Macron. L’ha chiesto il Papa, la Croce Rossa, l’Unione europea. Mercoledì ci ha tentato anche il premier norvegese Gahr Stoere che ha percepito nella voce del presidente Putin l’intenzione di aprire davvero la via di fuga.

Gli altri punti caldi

Quella di Mariupol non è l’unica evacuazione difficile. A Chenihiv ad essere colpito è stato un convoglio di autobus che cercava di entrare nella città assediata.
Sul fronte militare, la situazione sembra essere più chiara. I russi hanno allentato la pressione a Nord, ma stanno per aumentarla a Est e a Sud.
Ci sono forti concentrazioni di truppe nella città russa di confine di Kursk, fonti di intelligence occidentale annunciano rinforzi in arrivo nel Donbass.

La battaglia di Izyum sembra decisiva. Le città di Kramatorsk e Sloviansk potrebbero presto finire nel mirino. E intanto aviazione e missili non danno tregua alle città che hanno resistito e respinto l’ingresso delle truppe di terra.

31 marzo 2022 (modifica il 31 marzo 2022 | 23:39)

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, 2022-03-31 22:54:00, Fallito l’ennesimo tentativo di aiuto: i russi sparano, bloccati i convogli della Croce Rossa, Andrea Nicastro

Pietro Guerra

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