di Arianna Ravelli, inviata a Budapest
Il ranista di Varese approfitta dell’assenza di re Peaty («Prima del via gli ho scritto un messaggio per caricarmi») e vince davanti all’olandese Kamminga e all’americano Fink. «Prima di partire ho avuto un’influenza. Ma mentalmente ero al mille per cento»
Tete Martinenghi non si è mai nascosto, non è proprio il tipo, basta vedere il video di presentazione che lanciano sul maxischermo della Duna Arena prima della gara: gli altri fanno l’occhiolino, qualcuno fa vedere la bandiera sulla tuta, lui organizza una piccola scenetta, mima un pistolero che spara con le due mani e poi fa il gesto di bere, forse sottintende che si beve tutti gli avversari: in effetti è quello che fa. Oro nei 100 rana in 58’’26 (record italiano) davanti all’olandese Kamminga (58’’62) e all’americano Fink (58’’65).
«Sono stati i 100 rana in cui ho fatto meno fatica a questi livelli», era stato il suo commento con sorriso alla semifinale chiusa con il miglior tempo. Beh, il termometro delle sue sensazioni era corretto, se poi arriva anche l’oroscopo che per il Leone stamattina prometteva solo successi allora tutto si allinea («Me l’hanno mandato appena sveglio, io non ci credo tanto, però questa volta si è avverato»). Se il re Adam Peaty non c’è ci dispiace per lui (che, povero, si è fratturato un dito del piede), ma come fece Simona Quadarella che vinse il Mondiale a Gwangju approfittando dell’assenza del fenomeno Ledecky (e domani c’è l’ennesimo capitolo di questa sfida nella finale dei 1500), lo stesso fa il varesino, figlio di orafo (Samuele, ex giocatore di basket, in tribuna qui a Budapest con mamma Alessandra) che con i metalli preziosi comincia a prendere confidenza: bronzo a Tokyo (due contando la staffetta mista), oro qui.
«Prima del via ho scritto a Peaty un messaggio con cui mi sono caricato da solo: “Sbrigati a tornare perché il trono ha bisogno del suo re”. Io so che per adesso sono un principe e non ancora il re della rana, ma spero di spodestarlo definitivamente un giorno. Intanto però sentirsi dire che sono sul tetto del mondo fa un bell’effetto, mi era successo in staffetta in vasca corta, ma questo è tutto mio». Tete è un ciclone dalla simpatia travolgente, categoria ranisti esuberanti, ed è anche il primo oro mondiale per l’Italia nella rana: «Mentalmente ero al mille per cento, fisicamente no, prima di partire avevo avuto una piccola influenza, avevo perso due kg e mezzo, pensavo di non essere in forma. Però dopo la batteria mentalmente ero carico, in semifinale ho fatto il miglior tempo anche se il mio allenatore Marco Pedoja mi aveva detto di restare nascosto. In finale non volevo perdere questa occasione, gli ho chiesto “è una gara da vincere o in cui fare il tempo? Da vincere!”, la risposta». Detto, fatto. Pedoja conferma: «Ha fatto esattamente quello che avevamo preparato, li ha fatti un po’ sfogare sui 60, partendo senza strafare, poi è partito. È un agonista straordinario, è cresciuto molto, Kamminga è bravo, ma gli manca il guizzo, Tete ce l’ha. Il giorno prima mi aveva detto, “no secondo non arrivo, o vinco o faccio terzo”. “Allora vinci”, gli avevo risposto». E pensare che per un po’ Martinenghi sembrava la promessa che non sbocciava: «Negli ultimi cinque anni ci sono stati cinque Nicolò, forse di più — racconta lui che da tempo viene seguito da un mental coach che gli ha pure suggerito tecniche di meditazione stile monaci buddisti —. Agli Europei ho preso una lezione, sono arrivato carico a Tokyo, ma ancora non con questa sicurezza».
Il ritorno di Benny Pilato
È una ragazza in trasformazione, e a 17 anni non potrebbe essere diversamente, anche Benny Pilato che nei 100 rana dopo una batteria così così si riscatta con una grande semifinale: 1’05”88, secondo tempo complessivo. Domani in finale può sognare: «Non ho niente da perdere, spero di divertirmi ancora di più. Ma questa è la mia piscina, perciò continuavo a ripetermi “qui hai fatto il record del mondo nei 50, Benny, non puoi mancare la finale».
Non è la Benedetta che l’anno scorso qui agli Europei di Budapest nei 50 metri faceva segnare il record del mondo, ma non è neanche più quella che a Tokyo è uscita delusa dopo il flop nei 100. «Sinceramente non ci penso più, siete voi che ci date così tanta importanza ma una gara sbagliata può succedere. Dai miei primi Mondiali (quando vinse l’argento nei 50, ndr) sono passati quattro anni ma sembrano molti di più, sono cambiata tanto. Qui sono più tranquilla, in batteria non mi sentivo al massimo, forse non sono abituata a gareggiare di mattina perché di mattina vado a scuola». Quello che non cambia è lo spirito e il percorso prudente di crescita, sotto il controllo di Vito D’Onghia l’allenatore che non è allenatore di professione e che conosce tutti i segreti di Benny. In genere, nelle trasferte internazionali, lui la deve seguire da casa. «Arriverò a Budapest giovedì, come spettatore, visto che per fortuna alle gare è tornato il pubblico, ma sono fiducioso che in futuro potrò esserci anche a bordo vasca — racconta da Taranto — ma arriverò in tempo per la gara dei 50. Comunque le fa bene cavarsela senza di me, è tutta esperienza che la irrobustisce. Tokyo? È stata un’Olimpiade strana, abbiamo capito cosa non ha funzionato: qualcosa abbiamo cambiato, ma si vede che doveva andare così, in fondo fosse stata nel 2020 non avrebbe neanche partecipato. Ora abbiamo voltato pagina, Benedetta sta aumentando sempre di più il feeling con i 100 metri». Lo stesso Martinenghi è un bel modello da seguire.
19 giugno 2022 (modifica il 19 giugno 2022 | 20:04)
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, 2022-06-19 20:05:00, Il ranista di Varese approfitta dell’assenza di re Peaty («Prima del via gli ho scritto un messaggio per caricarmi») e vince davanti all’olandese Kamminga e all’americano Fink. «Prima di partire ho avuto un’influenza. Ma mentalmente ero al mille per cento», Arianna Ravelli, inviata a Budapest