Massimo Riella arrestato. Fuga da film finita dopo 4 mesi: scovato in Montenegro dai carabinieri

di Andrea Galli

L’uomo era scappato a marzo dopo essere stato accompagnato sulla tomba della madre. Si era nascosto a lungo sui monti di Como, cacciando animali

La fine della latitanza di Massimo Riella, durata quattro mesi, anziché ridurre amplifica i misteri sul 48enne stanato in Montenegro. Di queste ore la notizia, anticipata dal Corriere, che già di suo pone un interrogativo non ovvio: ma che cosa ci faceva là, come ci era arrivato? Se già erano state quantomeno singolari le azioni successive all’evasione del 12 marzo, durante un permesso premio, poiché Riella s’era trincerato sulle montagne dietro casa sua cacciando per sopravvivere e protetto da un’intera valle, adesso c’è in aggiunta il tema della fuga all’estero. Anzi, volendo si potrebbe aprire un dibattito aggiuntivo sui familiari, che allora conoscevano la permanenza di Riella sui bricchi – comunicazioni attraverso «pizzini» e di sicuro incontri con il papà Domenico – , che in seguito hanno parlato con certezza di una morte causata dai proietti esplosi dalla polizia penitenziaria – tutto falso – e che, da ultimo, una volta «scoperto» come fosse invece vivo, hanno insistito nel geolocalizzare il pregiudicato da quelle stesse parti. Invece no. Invece Riella, originario di Brenzio, minuscola frazione sopra Dongo, aveva pianificato e condotto un trasferimento che, in sincerità, non era per nulla scontato considerando il suo modesto profilo delinquenziale.

L’ossessione per le moto

Per intanto, tra furti di materiale edili, storie di droga e una rapina a dicembre in danno di una coppia di novantenni per rubare poche centinaia di euro, Riella, separato dalla moglie (una figlia) e diviso dalla compagna (due figli), almeno nei primi due mesi non s’è mai mosso dalle alture del lago, trascorrendo il tempo dietro le sue ossessive passioni: le montagne e le moto. Moto che, anni fa, gli aveva portato via il fratello Cristian, deceduto mentre guidava a folle velocità sulle stradine dei paesi. Cristian riposa con la mamma Agnese nel cimitero proprio di Brenzio. A marzo si era spenta da poco, uccisa dal cancro, e in prigione Riella aveva attuato clamorose proteste, arrampicandosi sul tetto pur di ottenere il sì a una visita nel cimitero. L’avevano accontentato, solo che, appena si era aperta la portiera del furgone della penitenziaria, lui, che non era ammanettato, era balzato mollando calci a due agenti e s’era messo a correre in salita.

Le ricerche vane

Nemmeno i voli dell’elicottero, le unità cinofile, l’ausilio dei carabinieri avevano consentito il rintraccio. In quella circostanza, non fosse per la presa mediatica della vicenda – pur sempre «clamorosa evasione» era stata –, il perfetto sconosciuto Massimo Riella aveva iniziato a essere famoso. Non tanto tra la gente dei Bricchi, che lo conosce forse troppo, l’ha in simpatia e infatti l’ha agevolato nella latitanza fornendo cibo, coperte, rifugi per la notte; bensì nel resto del Paese. Ha forse contribuito la singolare figura del papà, un ex emigrante gruista in Svizzera poi convertitosi al mestiere di naturista, un dispensatore – parole sue – di consigli su come vivere bene, o meno peggio, e insieme su come combattere malanni di vario tipo. Non un «santone», per amor del cielo – il diretto interessato si offende – e nemmeno un truffatore; piuttosto, un letterario personaggio della commedia umana di provincia e, nella fattispecie, parlando ancora della sua attuale professione, «uno studioso che mette a disposizione del popolo il proprio sapere».

La rete all’estero

Nell’operazione di arresto della polizia penitenziaria e dei carabinieri del comando di Como, che si è fisiologicamente poggiata sull’Interpol e le autorità montenegrine, risulta che il 48enne si trovasse da tempo all’estero. Possibile che, nel corso delle sue detenzioni, abbia legato con dei montenegrini, o con qualcuno che lo ha messo in contatto con loro; oppure, sempre con la stessa gente, vantava dei crediti che era il momento di riscuotere. Qualcuno potrebbe averlo accompagnato assumendosi enormi rischi penali? Forse Riella, magari con documenti falsi, potrebbe essersi mosso sui mezzi pubblici se non, pure, sulle navi che collegano Italia e Montenegro. Raggiunta la nazione, avrebbe cercato di disperdersi in località sperdute, campando come capitava. L’improvvisare di giorno in giorno non è un problema per Riella, abile bracconiere, esperto di animali e delle variegate insidie della natura. È nato e cresciuto in montagna; e in montagna ha imparato tutto. Di per sé, e in ordine cronologico, per insegnamento del papà, lui pure cacciatore di frodo, e di un frate della scuola media dove l’avevano spedito dopo le disastrose – per il carattere, l’insubordinazione, le risse coi compagni – elementari. Mossa sbagliata perché Riella era divenuto il cocco di un fratone il quale, di nascosto, partiva per missioni di caccia portandosi dietro l’ex latitante. Uno definito, senza giri di parole e nemmeno recite, «mezzo matto» dai parenti, che forse volevano alleggerire il peso da violento di Riella al netto delle convinzioni degli uomini della speciale squadra della penitenziaria. Decisi a ogni mezzo lecito mezzo pur di trovarlo e lavare l’onta dell’evasione subìta da un sol essere vivente, disarmato, contro cinque.

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17 luglio 2022 (modifica il 17 luglio 2022 | 14:30)

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, 2022-07-17 12:30:00, L’uomo era scappato a marzo dopo essere stato accompagnato sulla tomba della madre. Si era nascosto a lungo sui monti di Como, cacciando animali, Andrea Galli

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