Matrimoni, bonus 20 mila euro ma solo per chi si sposa in chiesa. Poi la Lega fa dietrofront: «Sarà allargato a tutti». Lo stop di Palazzo Chigi

di Adriana LogroscinoProposta di legge sottoscritta da cinque deputati leghisti: «Il matrimonio religioso cala in modo più consistente di quello civile perché costa di più». Lo sgravio riservato a coppie con reddito inferiore a 23 mila euro. Compatta reazione delle opposizioni: lo Stato è laico, serve serietà Bonus per i giovani sposi che celebrano le loro nozze in chiesa . Intendono introdurlo cinque deputati, tutti leghisti, Simone Billi, Ingrid Bisa, Alberto Gusmeroli, Umberto Pretto e Domenico Furgiuele per ridare slancio al rito al quale, negli ultimi anni, si preferisce quello civile. La proposta di legge è stata depositata ad apertura della legislatura, il 13 ottobre. Dopo la levata di scudi e i sospetti di incostituzionalità, però, la Lega ha annunciato una correzione quando la proposta arriverà in Aula. «La mia proposta è volta a incentivare il settore del wedding — spiega Furgiuele, primo firmatario — che per questioni di oneri prevedeva un bonus destinato ai soli matrimoni religiosi, durante il dibattito parlamentare sarà naturalmente allargata a tutti i matrimoni, indipendentemente che vengano celebrati in chiesa oppure no». In serata anche da Palazzo Chigi mettono in chiaro che la proposta di legge «di iniziativa parlamentare non è allo studio del governo». Aggiungono fonti vicine alla presidente del Consiglio: «Nell’ambito di un quadro finanziario complesso, l’esecutivo è al lavoro per sostenere la famiglia con misure concrete e realizzabili, che saranno contenute nella legge di bilancio». «Per le spese documentate connesse alla celebrazione del matrimonio religioso, quali la passatoia e i libretti, l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di acconciatura e il servizio fotografico — è scritto nel testo depositato — a decorrere dal primo gennaio 2023, è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 20 per cento delle spese fino a un ammontare complessivo di 20.000 euro ». La spesa per lo Stato, nella proposta di legge, è quantificata in 120 milioni per il 2023, 90 milioni per il 2024 e 85 milioni per il 2025. La proposta di legge analizza i numeri dei matrimoni civili che «pur avendo subito un calo consistente nei primi mesi del 2020, avevano già mostrato in piena pandemia una variazione negativa più contenuta rispetto ai matrimoni religiosi». Quindi sostiene che «la diversa intensità nella diminuzione dei matrimoni è riconducibile anche alle diverse tipologie di celebrazioni e festeggiamenti, nonché al livello di partecipazione che in genere contraddistinguono le tradizioni del nostro Paese». Insomma, è la sintesi dei parlamentari: «Le ragioni che allontanano le giovani coppie dall’altare e che le portano a prendere in considerazione solo ed esclusivamente il matrimonio civile sono molteplici e di natura differente. Innanzitutto il matrimonio civile è di per sé una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso». La scelta, quindi, non sarebbe legata solo alla fede delle coppie, al loro riconoscersi e appartenere alla chiesa cattolica. Sarebbero le spese maggiori che il rito religioso comporterebbe ad avere una parte in questa fondamentale decisione. Non solo. I cinque deputati analizzano anche i rischi di questa scelta. «Molte coppie — scrivono sempre nella proposta di legge depositata a ottobre — sono dubbiose anche sui corsi prematrimoniali, i quali hanno una finalità ben precisa e spesso sottovalutata: cercare di far capire alla coppia se si è realmente pronti nel prendere la decisione di sposarsi». Il bonus matrimonio (la definizione è sempre dei proponenti) avrebbe quindi anche una funzione sociale: far arrivare al grande passo soltanto nubendi consapevoli e sicuri della loro scelta. Per usufruire del bonus, attraverso il sistema della detrazione fiscale, quindi, sono previste alcune condizioni essenziali: i promessi sposi devono avere meno di 35 anni, devono aver dichiarato un reddito non superiore a 23 mila euro (complessivamente), devono avere la cittadinanza italiana da almeno dieci anni e sposarsi in Italia. E poi, naturalmente, devono pronunciare il loro sì in chiesa. Immediate e compattamente contrarie le reazioni delle opposizioni. «Al di là della probabile incostituzionalità, si conferma che la Lega di Salvini è letteralmente fuori controllo», twitta Carlo Calenda. «Zaia non aveva appena detto “Basta battaglie di retroguardia”? Altro che `libera Chiesa in libero Stato´, qui siamo ancora al Papa Re», sostiene Mara Carfagna, presidente di Azione. «Un beneficio riservato a italiane e italiani da almeno dieci anni, che scelgono il matrimonio religioso, ovviamente etero. Una perla di analfabetismo costituzionale, meglio della fascistissima tassa sul celibato: ce la possiamo risparmiare», osserva Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa. «Ai leghisti che vogliono regalare ventimila euro di soldi pubblici solo a chi si sposa in chiesa, vorrei svelare un segreto insegnatomi da un prete: lo Stato è laico» è il tweet di Enrico Borghi del Pd. «O è uno scherzo oppure siamo di fronte ad un uso propagandistico dell’iniziativa legislativa», annota Luana Zanella capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra. «Il bonus solo per chi si sposa in chiesa oltre che palesemente incostituzionale, denota una cialtroneria rara e l’assoluta distanza dai problemi reali del Paese», sferza l’eurodeputata del Pd Alessandra Moretti. Critica più generalizzata quella della presidente del gruppo Pd al Senato, Simona Malpezzi: «Dal dialetto veneto da insegnare a scuola fino al bonus per i matrimoni religiosi, temo che la maggioranza non abbia chiaro quali sono le priorità degli italiani. Mentre a destra propongono in Parlamento leggi incostituzionali e assurde, il governo mette in campo una manovra populista che non aiuta i cittadini più fragili. Serve serietà». 20 novembre 2022 (modifica il 21 novembre 2022 | 10:35) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-21 09:36:00, Proposta di legge sottoscritta da cinque deputati leghisti: «Il matrimonio religioso cala in modo più consistente di quello civile perché costa di più». Lo sgravio riservato a coppie con reddito inferiore a 23 mila euro. Compatta reazione delle opposizioni: lo Stato è laico, serve serietà, Adriana Logroscino

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