Meloni su Salvini al Viminale: è capace, ma non si decide prima

di Marco Cremonesi e Paola Di CaroLa leader di FdI frena la richiesta della Lega di anticipare la lista dei ministri: «Al massimo uno o due, prima i risultati». E Berlusconi torna a parlare di «un nuovo miracolo italiano» I tavoli del centrodestra proseguono senza apparenti scossoni, ma con possibili novità. Il primo, quello sul programma, non vede scogli insormontabili (da definire soprattutto le proposte sul fisco) e sul tema delle alleanze internazionali Giorgia Meloni si dice sicura: «Siamo più uniti degli avversari, su tutto. I timori internazionali? Mi sembra che siano alimentati a sinistra… La verità è che conviene a tutti noi essere fedeli alle alleanze internazionali. E anche sulla questione delle armi in Ucraina: se l’Italia non le manda, nella sostanza non cambia niente, ma restiamo il Paese spaghetti e mandolino. Se invece onoriamo i patti, possiamo pretendere molto in cambio». Più complicato il lavoro al tavolo delle candidature, che ieri ha cominciato ad entrare nel vivo con la divisione dei collegi in sei fasce, dai certi agli impossibili. Parallelamente i leader si occupano di squadra di governo e strategie. Al segretario della Lega, che anche ieri ha insistito sull’indicazione dei nomi dei ministri più importanti prima del voto perché «non si può votare a scatola chiusa», Meloni ha ribadito in tv su Rete 4 che «le squadre si fanno sui risultati, al massimo, ne possono essere annunciati uno o due, vedremo». Ma su Salvini al Viminale risponde: «C’è già stato, è capace, ma non sono cose che si definiscono prima. Ne parleremo tra noi». Parole che la Lega rilancia come fosse una vittoria di Salvini: «Bene che Giorgia promuova il progetto di anticipare qualche ipotesi di ministro, come aveva suggerito la Lega». Sulle candidature quindi continua a giocarsi una partita che conterà per gli assetti futuri, per la Meloni ancora non scontati, anche se respinge al mittente le punzecchiature di Calenda: «Non capisco a che titolo dia pagelle… Chi è indietro in genere attacca perché spera in una risposta…». Per tutti i partiti (tranne FdI) c’è il problema di ricollocare gli uscenti. Il che potrebbe essere un problema soprattutto al Nord: l’auspicio di Meloni di consolidare la sua presenza nelle «regioni del Pil» fa insorgere i leghisti: «Il predominio della Lega nella sua roccaforte resta solido», dicono. Ma la novità di ieri ha riguardato soprattutto il centro. Al tavolo c’erano anche Quagliariello e Marin in rappresentanza del partito di Toti, e l’idea che sta emergendo — sta premendo FdI che teme un risultato non buono di FI e una ridistribuzione solo interna dei voti con rischio di non avere la maggioranza in Senato — è che si presenti una lista «draghiana», come la definiscono in queste ore, con Toti e Lupi. Una «sinistra» del centrodestra quindi, anti-Calenda e Renzi, che avrebbe già ottenuto (per la componente Toti) due collegi in Liguria. Infine l’Udc: i centristi lamentano che gli almeno 4 collegi che avrebbe dovuto concedere FI dalla sua quota per farli convergere nella loro lista (aumentando i consensi azzurri) non sono ancora stati assicurati. Quindi è possibile che corrano con la propria lista. FI è pronta a presentare il suo nuovo simbolo che conterrà per la prima volta, oltre al nome di Berlusconi (che ha rilanciato il suo storico «per un nuovo miracolo italiano»), anche il riferimento ufficiale al Ppe. E che oggi con Tajani annuncerà il passaggio di 200 amministratori locali in FI. Per chiudere, si attendono le decisioni ad horas del governatore della Sicilia Musumeci: se si dimetterà (si voterebbe a quel punto assieme alle Politiche), l’azzurro Miccichè già lancia la candidatura di Stefania Prestigiacomo, che si dice pronta ad accettare. Ma è tutto da decidere. 4 agosto 2022 (modifica il 4 agosto 2022 | 09:36) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-08-04 07:36:00, La leader di FdI frena la richiesta della Lega di anticipare la lista dei ministri: «Al massimo uno o due, prima i risultati». E Berlusconi torna a parlare di «un nuovo miracolo italiano», Marco Cremonesi e Paola Di Caro

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