Meloni vuole un vertice di centrodestra «risolutivo, in un senso o nell’altro». Salvini: tocca a lei convocarlo

di Marco Cremonesi e Paola Di CaroIl leader leghista sente al telefono il capo di Forza Italia e blinda la corsa di Fontana in Lombardia. Gelo su Moratti. Fratelli d’Italia: chiari su tutto, se no si prendono altre strade Silvio Berlusconi si presenta come il padre nobile, il federatore, colui che — unico — può riuscire a «far ragionare» e rimettere al loro posto i due litiganti, Salvini e Meloni. Giorgia Meloni guarda con sufficienza al tentativo di chi non può più «decidere per gli elettori», che sono gli unici a poter determinare «ruoli e pesi» in una coalizione, come è avvenuto quando a guidare il centrodestra era lo stesso Berlusconi e quando lo era Salvini, e ora che il primo partito è FdI non si può fare finta di niente. Salvini attende la convocazione del tavolo che tutti invocano, un vertice salvifico per come la vede Berlusconi, che vuole preparare per bene e «nei tempi giusti, aspettando che la tensione cali un po’», un summit da tenersi magari «per un giorno intero, qui ad Arcore». Un vertice che dovrà essere «risolutivo, in un senso o nell’altro» secondo Meloni, perché per dirla con il suo fedelissimo Francesco Lollobrigida «se si deve stare insieme, come noi speriamo, bisogna essere chiari su tutto: valori, programmi e regole di ingaggio. Se non si riesce, se ne prende atto e si prendono altre strade. A pochi mesi dalle elezioni non si possono fare regali alla sinistra». E Salvini? Lui, per la prima volta, consegna la palla a Meloni: «Il summit di ripartenza del centrodestra sarà quando lei lo convocherà» dice un salviniano di strettissima fiducia, con l’aria di dire «ha voluto la bicicletta, ora pedali». E intanto mostra di volersi muovere per risolvere subito i problemi in casa propria. Il segretario leghista inizia la giornata presto, con un giro di telefonate con i suoi in tutta Italia: «Nonostante le profezie dei giornalisti, non mi pare ci sia traccia di resa dei conti». Anche se Toni Da Re chiede brusco «un’assemblea della Lega in Veneto con Salvini e gli altri di via Bellerio che vengano a parlarci di futuro». In mattinata c’è la telefonata «affettuosa» con Berlusconi, mentre Meloni non parla con nessuno dei due alleati, a testimoniare ancora una volta quello che è palpabile e percepito così in FdI: c’è un problema «epidermico» tra i leader della coalizione, con lei «attaccata continuamente, forse perché non si tollera una donna in un ruolo di vertice o di comando». Berlusconi e Salvini parlano della sconfitta di Monza, ma soprattutto — dice il leghista ai suoi — «Berlusconi ha convenuto di andare avanti con fiducia su Attilio Fontana». Anche perché il governatore «è uscito alla grande da una campagna giudiziaria e mediatica aggressiva, qualcosa che tra noi e FI non lascia indifferenti». Poi il segretario va a Palazzo Lombardia: in agenda, c’è appunto il summit per blindare la candidatura di Fontana. Presente anche Giancarlo Giorgetti: perché è il vicesegretario della Lega, perché è un caro amico di Fontana, e per fugare le voci su possibili candidature in Regione dello stesso ministro allo Sviluppo. In garage, incontro a sorpresa con Letizia Moratti, la vicepresidente della Regione, che ieri ha confermato di essere «a disposizione del centrodestra» per una possibile candidatura. «Ma che mi combini? — avrebbe scherzato Salvini —. Sentiamoci a brevissimo». Nella Lega, il sospetto è che l’ispiratore occulto delle mosse di Moratti sia Carlo Calenda. La Lombardia è la grana che si aggiunge a quella molto più grande della Sicilia: per FdI la contrarietà di FI, con Micciché, e della Lega alla ricandidatura di Musumeci è uno schiaffo, un modo «per logorarci, farci perdere, come accadde con Fitto». E dal braccio di ferro si capirà molto del futuro del centrodestra perché se, è l’idea di Meloni, si ridiscute la regola degli uscenti che sempre vengono ricandidati «allora vanno ridiscussi tutti: i pesi dei partiti di oggi sono diversi da quelli di 5 anni fa». E così tutti i nodi arrivano al pettine, e il vertice evocato diventa quello della possibile svolta. Quando sarà, è difficile dirlo. Quello che è certo è che tutti si giocano è il futuro. E Salvini già avverte i suoi che vuole condividere la responsabilità di ogni scelta perché, dice un suo sostenitore «non può più essere solo a portare la croce». 28 giugno 2022 (modifica il 28 giugno 2022 | 07:42) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-28 13:00:00, Il leader leghista sente al telefono il capo di Forza Italia e blinda la corsa di Fontana in Lombardia. Gelo su Moratti. Fratelli d’Italia: chiari su tutto, se no si prendono altre strade, Marco Cremonesi e Paola Di Caro

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