Le neuroscienze confermano, sulla base di impressionanti risultati sperimentali, la tesi relativa alla “plasticità del cervello”, che ha ormai soppiantato l’idea che esso sia un organo “statico”. Fin dalle prime fasi del suo sviluppo in utero i neuroni modificano costantemente la loro morfologia, la loro capacità di rigenerarsi e soprattutto riorganizzano le connessioni tra di loro in risposta agli input ambientali che, stimolando le funzioni cerebrali, ci consentono di imparare e adattarci alle diverse esperienze.
Alla nascita, il singolo neurone di un cervello ha circa 7.500 connessioni con altri neuroni, a due anni, il numero di connessioni raddoppia rispetto a un cervello adulto medio. La sovrapproduzione di sinapsi, che raggiunge il picco verso i due anni, mette il bambino in condizione di imparare a essere ricettivo e creativo ai massimi livelli. Gli anni dell’adolescenza sono caratterizzati del cosiddetto disallineamento, dovuto al fatto che la dimensione emotiva matura sempre prima rispetto alle reti neuronali della corteccia prefrontale, che sono alla base dell’autocontrollo.
Gli adolescenti sono così esposti a un’esplosione di emotività, che genera l’espressione della possibilità allo stato puro, non sufficientemente moderata dalla razionalità. Hanno dunque enormi potenzialità, dovute alla neuroplasticità di cui è dotato il loro cervello, ma i pericoli dovuti a un sistema frenante e inibitivo non ancora sviluppato, con conseguente fragilità delle difese, li predispongono all’eccitazione del rischio e li rendono propensi all’aggressività e all’impulsività. Questa situazione perdura per molto tempo a causa dello sfasamento di circa dieci anni tra la maturazione del sistema limbico e quella della corteccia prefrontale ed essa, tra l’altro, è in aumento per l’inizio sempre più precoce della pubertà.
Durante l’adolescenza le sinapsi in eccesso e sottoutilizzate vengono eliminate (pruning), mentre vengono rafforzate quelle in uso. Questo processo si completa tra i 23-25 anni nel sesso femminile e i 27-29 anni nei maschi: esso, quindi, copre tutto l’arco dell’istruzione scolastica e va ben oltre. Quando termina, le sinapsi risultano quasi dimezzate ma sono più ordinate, robuste, stabilizzate e pertanto più funzionali. Sono di conseguenza chiari gli aspetti vantaggiosi di un simile percorso di riduzione e stabilizzazione, che è però esposto a rischi, tutt’altro che ipotetici e astratti. In primo luogo, quello di una precoce ed eccessiva specializzazione dei processi cerebrali.
Dal momento che la stabilizzazione, operata dal pruning, premia i circuiti e le connessioni maggiormente utilizzati e chiamati in causa, mettendo fuori gioco gli altri, la tendenza a utilizzare sempre gli stessi, tagliando le possibili alternative, espone il cervello nelsuo complesso al pericolo concreto del conformismo.
“Conformista” è un cervello che usa sempre e soltanto le medesime connessioni, stabilizzandole, che ignora ogni opzione inusuale e se ne priva, che si interessa sempre delle stesse cose, con i medesimi stili di pensiero, che attiva e implementa le stesse forme di vita, che si racconta sempre le stesse storie e non sa uscire dalle narrazioni egemoni. Un cervello di questo genere, specializzato e monocorde, non sa “andare oltre”, non sa vedere e pensare altrimenti, non ama scrutare, scandagliare e cercare, e finisce per cadere in una sterile adesione passiva alle abitudini consolidate, con conseguente smarrimento della capacità di apportare consapevolmente una novità a sé stessi e all’intero processo della realtà.
Per evitare un simile esito infausto occorre modificare costantemente l’ambiente di apprendimento rendendolo ampio, flessibile, differenziato e ricco di stimoli. A tal fine bisogna tener conto della definizione di percezione proposta da Alain Berthoz, il quale, nella sua opera del 1997 “Il senso del movimento”, sottolinea che essa non è una rappresentazione, bensì un’azione simulata e proiettata sul mondo. Il cervello filtra le informazioni date dai sensi in funzione dei suoi progetti. Bisogna pertanto capovolgere completamente il modo in cui si studiano i sensi: occorre partire dall’obiettivo perseguito dall’organismo e capire come il cervello interroga i recettori regolando la sensibilità, combinando i messaggi, pre specificando i valori stimati, in funzione di una simulazione interna delle conseguenze attese dell’azione intrapresa.
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