«Mi chiamo Cristina e grazie al club alcologicoho imparato a vivere»

di Simona De Ciero

«Ho imparato la cosa più importante: smettere di bere si può»

«Vivere la giornata invece di vivere alla giornata. E quando nulla ha più senso, se non il tempo speso a scolare la bottiglia, si ha solo un modo per uscirne: chiedere aiuto». A parlare è Cristina , una donna torinese con un lungo passato da alcolista ma, per sua fortuna, da tempo fuori dal tunnel.

Merito, a suo avviso, soprattutto del supporto che le ha sempre offerto il club alcologico territoriale della città. «Sono entrata a far parte di questo gruppo diciotto anni fa ed è stata la mia fortuna perché ero arrivata davvero all’ultimo stadio della dipendenza – ricorda la donna – quello in cui il potere decisionale sulla mia vita era dominato dall’alcol e per cui stavo perdendo salute, affetti, stima e rispetto degli altri e, ancor più grave, l’autostima». Cristina ha 66 anni e ha iniziato ad abusare di sostanze quando ne aveva 48. Prima, «avevo sempre convissuto questo problema e, tra alti e bassi, non ero mai riuscita ad ammettere di essere realmente dipendente e che l’unica via d’uscita fosse ammettere di avere il problema e affrontarlo, una volta per tutte».

Secondo l’esperienza di Cristina il segreto per uscire dal tunnel è saper vivere nonostante le prove che il destino semina sul percorso di ciascuno. «Io sono stata figlia di genitori separati negli anni settanta e cioè quando ancora la fine di un matrimonio non era di moda – rivela – una situazione che mi faceva soffrire, mi creava imbarazzo, e che non riuscivo ad affrontare». Lo stato d’animo della signora inizia a essere pervaso di pensieri negativi. «Che brutta la vita, se ti pone questi ostacoli – mi dicevo – e più lo pensavo, più mi avvicinavo a un mondo, quello dell’alcol, che mai avrei pensato di frequentare visto che, fino ai 18 anni, solo l’odore di una bevanda alcolica mi dava fastidio e mi nauseava». Cristina comincia a bere occasionalmente: una cena fuori, una festa, un aperitivo, il party di fine anno. «Ho quasi perso mio marito e senza dubbio gli ho fatto un gran male – ammette, malinconica – lui è parte del mio percorso e, quando ci capita di ricordare gli anni più bui, se mi lamento per via del tempo “buttato”, mi rincuora mettendo l’accento sul grande recupero di cui sono stata protagonista, e mi fa sentire forte e coraggiosa».

L’approccio alcologico sociale di Hudolin, quello usato dal gruppo di sostegno che Cristina frequenta ancora oggi, mette al centro del percorso di recupero tutta la famiglia, non solo chi vive in prima persona la dipendenza. «Quando ho iniziato a frequentare il club, ho capito che non si trattava solo di rinunciare a qualcosa ma, soprattutto, di cambiare il mio stile di vita sostituendo l’abitudine di bere con altre buone abitudini e con qualsiasi altra cosa che mi facesse sentire bene e mi aiutasse a dare la giusta importanza ai rapporti interpersonali – conclude Cristina – certo, il sorriso e le relazioni sociali non annullano i problemi della nostra vita, ma li rendono senza dubbio più digeribili e ci offrono il grande privilegio di fare del bene agli altri, anziché farli soffrire».

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24 marzo 2022 (modifica il 25 marzo 2022 | 09:18)

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, 2022-03-25 11:23:00, «Ho imparato la cosa più importante: smettere di bere si può» , Simona De Ciero

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