Milano, la vita violenta dei trapper. Gambizzazioni, sequestri di persona, tentati omicidi: «Mi hai venduto tu?»

di Andrea Galli

Pistole, rapimenti, tentati omicidi dei rivali: è la «progressione criminale» di musicisti come Baby Gang, Simba la Rue o Baby Touché. Ispirati dai tumulti nelle banlieue francesi

Generazione negazione. Ai trapper — quantomeno quelli del filone criminale — sembrano non interessare partiti politici, ideologie, temi sociali, aspetti religiosi; parrebbe che gli freghi soltanto di loro stessi. «Ma voi sapete chi sono io? L’artista. Io sono Baby Gang!» scandiva in faccia ai poliziotti che l’11 aprile l’avevano fermato per un controllo nel traffico, quello stesso «Baby Gang» alias Zaccaria Mouhib. Uno dei ragazzi che, d’inchiesta in inchiesta, e fra gambizzazioni, sequestri di persona, tentati omicidi dei rivali (e canzoni di successo, contratti milionari con le case discografiche, centinaia di migliaia di follower), tanto racconta di quest’ultima estate violenta dei musicisti, e tantissimo ci dice di questa generazione e degenerazione.

Le fatiche di mamma e papà

Ebbene di Zaccaria, 21 anni, nato a Lecco e residente a Sondrio, figlio di genitori del Marocco, una geografia esistenziale tra appunto l’ex padania felix della provincia lombarda e la periferia di Milano, a cominciare dalla San Siro vecchia imperniata su piazzale Selinunte che i ragazzini nordafricani considerano caput mundi, le ripetute annotazioni di polizia e carabinieri elencano quanto segue: «Mouhib manifesta una grave, attuale e concreta pericolosità sociale… Il ragazzo è persona dedita alla commissione di reati che mettono in pericolo la sanità, la sicurezza e la tranquillità pubblica… Si è reso autore, sin da minorenne, di numerosi reati contro la persona e contro il patrimonio quali rissa, furto, lesioni personali, istigazione a delinquere, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, diffamazione, spaccio di sostanze stupefacenti…».

Eppure, prendendogli in prestito la domanda a quegli agenti, che peraltro Zaccaria aveva posto con atteggiamento più da teppistello che da boss, forse quasi obbligato a farlo dall’ineludibile recita della parte — il compare che stava con lui s’era messo a riprendere la scena al cellulare per diffonderla sui social network —, ecco, siamo noi a doverci chiedere chi davvero sia «Baby Gang». O meglio, chi davvero siano i musicisti trapper. Mai dimenticando una premessa, doverosa per azzerare eventuali ottuse interpretazioni: la mamma e il papà di Mouhib, riferisce l’avvocato Niccolò Vecchioni, 41enne legale del musicista nonché di ulteriori indagati, sono persone perbene, sono onesti lavoratori, sono individui estranei al circuito del male.

Sputi, cariche, terrore

Detentore di una carriera intensa, già inquirente contro il terrorismo di sinistra e di destra, autore delle nuove indagini sulla strage di piazza Fontana nonché impegnato contro l’eversione di matrice islamica e la criminalità organizzata, l’oggi 67enne Guido Salvini è il gip che, accogliendo l’articolato impianto accusatorio della pm Francesca Crupi, ha firmato le ordinanze delle 20 custodie cautelari (9 a luglio e 11 a ottobre) a carico dei trapper e dei loro sodali, e che ha condotto gli interrogatori. Ora, fosse stato un titolo giornalistico generato da analisi superficiali oppure la sintesi d’un esponente politico in campagna elettorale, nemmeno vi avremmo fatto menzione: ma è stato lo stesso strutturato Salvini a ricordarci che «le manifestazioni violente dei trapper si ispirano in qualche modo ai tumulti che avvengono nelle banlieue francesi».

Tutti in piazza

Inevitabile, al proposito, tornare all’aprile 2021 quando nell’area di piazzale Selinunte trecento ragazzi costruirono uno scenario di guerriglia urbana attaccando le forze dell’ordine. La manifestazione, in violazione delle allora disposizioni contro gli assembramenti per il Covid, era stata ufficialmente organizzata come flash mob presto divenendo gazzarra, sputi, pioggia di bottiglie di vetro, fumogeni, urla, cariche, residenti sigillati in casa per paura, una pagina brutta e inquietante di storia cittadina.

Nella Milano che ovunque costruisce palazzi e con ansia battezza nuove zone di (presunta) riqualificazione — ad esempio le agenzie immobiliari raccomandano d’investire nel secondo tratto di via Padova sostenendo, come fosse una vittoria, che i marocchini, i bengalesi, gli africani del Senegal, i pensionati italiani con la minima verranno via via spinti a mollare gli appartamenti in affitto, e si potrà comprare a buoni prezzi —, permangono enclave come la San Siro vecchia. Una porzione di alti tassi di occupazioni abusive, prepotenze nei cortili, spaccio, abissi umani e, di contro, beninteso, di fisiologiche cronache d’integrazione, famiglie ricche nell’animo e nella dignità, non agevoli percorsi di vita che comunque celebrano la tenacia e il coraggio. Sì, per carità. Ma a maggior ragione «Baby Gang» e gli altri, in quanto considerati dai coetanei delle guide spirituali, scelti quali modello nell’approcciarsi al mondo e nell’interpretarlo all’insegna delle regole-mai-con-nessuno, divengono un tema dirimente.

Quei divi anti-sistema

Nei mesi, i nostri colloqui con il questore Giuseppe Petronzi, altro uomo d’esperienza — valgano i periodi all’Fbi e la complessa gestione dei No Tav in Val di Susa —, hanno rimandato la reiterata contrapposizione dei trapper rispetto allo Stato, la loro progressiva autoesaltazione da divi anti-sistema; uno scenario che sollecita dinamiche pedagogiche, sociali, economiche. A patto di voler vedere tutto e tutti. Le inchieste hanno finora contrastato la faida, iniziata nel 2021, tra due gruppi: quello capeggiato dal medesimo «Baby Gang», il quale regge la banda insieme al 20enne Mohamed Lamine Saida alias «Simba la Rue», ugualmente musicista trapper, cresciuto in Tunisia e immigrato con la famiglia a Merone, nel Comasco; e il gruppo governato da Mohamed Amine Amagour ovvero «Baby Touché», 19enne gravitante sul Veneto.

Palco e strada

A giugno quest’ultimo era stato braccato e sequestrato dai rivali, nascosto in macchina, lì picchiato e ripreso sanguinante, con i video al solito diffusi in tempo reale sui canali social. Pochi giorni dopo, dei «soldati» di Amagour avevano accoltellato «Simba la Rue», trascinato nell’imboscata, con la promessa di una serata di sesso, dall’ex fidanzata Barbara Boscali, pornostar bergamasca di 31 anni.

Nel Comando provinciale dei carabinieri di Milano diretto dal generale Iacopo Mannucci Benincasa, ufficiale di lotta in Sicilia e Calabria contro i clan, sottolineano il percorso criminale intrapreso dai trapper. Nel senso che non assistiamo a istantanee azioni violente quanto a una sorta di progressione che conta su preparazione, logistica, piccoli arsenali di lame e pistole, una progressione di sicuro ancora embrionale, non codificabile con lo status di banda armata eppure testimone di un investimento nella scelta delinquenziale, di una precisa volontà di ripetere le sequenze criminali, perfino dell’aspirazione a salire di livello compiendo gesta più sanguinarie.

«A me nessuno mi ha pagato»

Ci dice un investigatore che però, sul piano concreto, la sensazione avvertita è quella di un sostanziale disinteresse: fuori dalla caserma come fuori dalla questura capita d’ascoltare commenti di sufficienza sui trapper, trattati nei dibattiti istituzionali quali semplici schegge impazzite, e non investiti della necessaria e tragica importanza nella narrazione di Milano, della Lombardia, dell’Italia. Dopodiché, se risulta offensivo demandare la degenerazione dei trapper a una mera questione di contrasto delle forze dell’ordine, è altresì erroneo pensare che un’unica struttura possa evitare nuove violenze: la prigione. Gli inquirenti si sono occupati anche delle comunità, rara àncora di salvataggio per i ragazzi che possono scontare la pena senza debuttare così piccoli nella galassia della galera; ma se ne sono occupati in quanto, a latere di un enorme e ammirevole impegno che sovente aiuta la collettività a scaricare la coscienza, grazie a dipendenti religiosi e laici le comunità hanno pure fornito complicità ai trapper. È stata una suora, aggirando i divieti imposti dal giudice, a fornire a «Simba la Rue» un cellulare e permettergli di chiamare l’ex fidanzata Barbara. Nella conversazione (intercettata dai carabinieri) si discuteva del tradimento, della consegna ai rivali che l’avevano accoltellato, dei fendenti che avevano colpito il nervo femorale. Lui: «Mi hai venduto o no?». Lei: «Ma a me nessuno mi ha pagato». Lui: «Basta, basta, basta».

13 novembre 2022 (modifica il 13 novembre 2022 | 20:00)

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, 2022-11-13 19:01:00, Pistole, rapimenti, tentati omicidi dei rivali: è la «progressione criminale» di musicisti come Baby Gang, Simba la Rue o Baby Touché. Ispirati dai tumulti nelle banlieue francesi, Andrea Galli

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