Il miracolo per Lucia e la missione in Uganda: Padre Ambrosoli è Beato

di Pier Luigi Vercesi

Il 20 novembre il chirurgo e missionario comboniano è stato proclamato beato nella sua Kalongo. Ha costruito un ospedale e una scuola di ostetricia che funzionano ancora grazie alla Fondazione

Queste strade di terra rossa nel Nord dell’Uganda sono affollate da migliaia di donne, uomini e bambini. Camminano a passo di danza. Alcuni hanno già percorso 50 chilometri a piedi e altri ne dovranno camminare. Una ragazza intona il canto con l’acuto di cui le ugole africane sono generose. La gioia annulla la fatica. «A quale festa nazionale vi accingete a partecipare? Forse a quella dell’indipendenza?». «A una cerimonia ancora più grande», rispondono: «Domenica il nostro padre Brogioli entrerà nella schiera dei beati». Brogioli: così si riferiscono a Giuseppe Ambrosoli. E Brogioli è anche tra i nomi più diffusi in questa terra, perché chi veniva guarito chiamava così il primo figlio, come viatico per una vita in salute e felice.

È venerdì 18 novembre. Tra due giorni, a Kalongo, cittadina dell’arcidiocesi di Gulu tristemente nota per la guerra civile che nei decenni passati armò anche i bambini, un inviato di papa Francesco, il nunzio monsignor Luigi Bianco, annuncia al mondo intero che il medico comasco, fattosi comboniano nel 1955 per mettersi al servizio degli umili, è ufficialmente tra gli eletti da Dio. Le madri, i padri e i nonni degli Acholi avevano già battuto queste strade, almeno da quando si era sparsa la voce, nella fine degli Anni Cinquanta, che un uomo umile e dalla mano ferma era stato inviato dal Cielo per guarire i loro mali. Un chirurgo che agiva su due altari, quello della sala operatoria e quello dell’Eucarestia. La sua fama presto travalicò i confini della regione fino a giungere in Europa, contrariando padre Giuseppe che non voleva notorietà, chiedeva solo aiuti per l’ospedale e per la scuola di ostetricia appena avviata.

In trent’anni, la sua mano ha salvato migliaia di vite e la sua parola, forse ancor di più il suo esempio, ne ha convertite altrettante senza mai risparmiarsi. La salute (la sua fu la sola trascurata per portare sollievo agli altri) alla fine gli ha presentato il conto. Avveniva mentre l’Uganda, e in particolare la regione di cui fa parte Kalongo, sprofondava nella guerra civile. Padre Giuseppe morì poche settimane dopo che gli era stato intimato di lasciare l’ospedale. Mentre spirava, infondeva coraggio ai suoi assistenti perché continuassero l’opera avviata. Il suo corpo è seppellito a fianco dell’ospedale e della scuola di ostetricia che ha già diplomato 1700 tra le migliori infermiere d’Uganda.

La mano di padre Brogioli, però, non ha mai smesso di operare per questo popolo. Più volte a lui si sono rivolte le invocazione per salvare madri in pericolo di vita. Ciò che abbia potuto fare, da lassù, lo sa solo Dio. Ma un caso è stato documentato nel 2008. Nell’ospedale di Matany, in Karamoja, estremo lembo Nord del Paese, Lucia Lomkol, vent’anni, venne ricoverata in fin di vita con il suo bimbo già morto nel ventre. Il dottor Erik Domini, responsabile del reparto maternità, fece del suo meglio, poi si arrese al progressivo peggioramento della puerpera. Le si amministrò l’estrema unzione. Certo di non potere fare più nulla, Domini tornò nel suo appartamento, prese un santino di padre Giuseppe, lo collocò sulla spalliera di Lucia in coma e chiamò le infermiere per invocare l’aiuto del missionario-chirurgo. Prima di andare a dormire diede anche istruzioni per i funerali: preferiva si tenessero subito per evitare che la morte di una giovane mamma in ospedale abbattesse gli animi. Alle cinque di mattina, Lucia tornò cosciente e presto si rimise. La guarigione venne attribuita a padre Brogioli e il «miracolo» ha convinto il Vaticano che il venerabile Ambrosoli, com’era già stato riconosciuto dal Papa a 60 anni dall’ordinazione di padre Giuseppe, doveva entrare nel novero dei Beati.

Domenica Lucia era presente alla cerimonia. Le lacrime le scendevano copiose. E c’era Yoweri Museveni. La fama del beato, nato in una famiglia borghese comasca, quella del Miele Ambrosoli, per intenderci, è talmente vasta che anche il presidente dell’Uganda ha voluto tenere un discorso, ben sapendo quanto consenso gli può venire dal legare il suo nome alla figura di Padre Giuseppe. Ora l’impareggiabile vicenda umana del medico-beato sarà raccontata nella mostra fotografica che s’inaugurerà il 3 dicembre al Palazzo del Broletto di Como a cura della Fondazione Ambrosoli, che ne ha raccolto l’eredità.

2 dicembre 2022 (modifica il 2 dicembre 2022 | 23:43)

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, 2022-12-02 23:12:00, Il 20 novembre il chirurgo e missionario comboniano è stato proclamato beato nella sua Kalongo. Ha costruito un ospedale e una scuola di ostetricia che funzionano ancora grazie alla Fondazione, Pier Luigi Vercesi

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