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La lettera inviata dal Comitato Nazionale Docenti Vincolati al Parlamento Europeo pubblicata ieri pomeriggio, in anteprima, dalla nostra testata, ha fatto discutere.
Come è emerso nel corso del nostro speciale di approfondimento, la Commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento Europeo svolge compiti legislativi e istruttori, mentre è la Commissione Europea a controllare l’attuazione del PNRR da parte degli Stati membri. L’organismo presieduto da Ursula von der Leyen è deputata, dunque, a esprimere il proprio parere sul merito della vicenda.
La riduzione della mobilità del personale scolastico, è fatto abbastanza noto, è un obiettivo specifico del PNRR (derivante dall’accordo con l’UE nel 2021). Proprio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede la limitazione della mobilità degli insegnanti. Questo è quanto previsto anche dall’articolo 44 del decreto-legge del 30 aprile 2022. Tuttavia, come è noto, durante la definizione della disciplina della mobilità per l’anno scolastico 2023/24, sono emerse difficoltà applicative che hanno richiesto un parere da parte dell’Avvocatura dello Stato e del Dipartimento della Funzione pubblica.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, durante l’approvazione del Milleproroghe, aveva proposto un chiarimento normativo che poi è stato espunto dal testo finale, dopo un primo confronto avuto con la Commissione Europea. Un’altra proposta di chiarimento normativo è stata presentata durante le recenti interlocuzioni con Bruxelles e ancora si attende l’esito di questo confronto.
Novità, dunque, si attendono nelle prossime settimane e si avranno solo dopo l’eventuale via libera da parte della Commissione Europea. Intanto, come è noto, il Ministero ha permesso le procedure di mobilità anche ai docenti immessi in ruolo nel 2022/23, con riserva del chiarimento normativo subordinato all’interlocuzione con l’organismo comunitario.
Mobilità 2023, docenti vincolati scrivono al Parlamento Europeo. La risposta: “La responsabilità è dell’Italia”
Ecco la lettera inviata dal Comitato Nazionale Docenti Vincolati
All’attenzione
della Spett.le Commissione Cultura e Istruzione
del Parlamento Europeo
Questa comunicazione è iniziativa di alcuni docenti italiani attualmente sottoposti al nuovo vincolo triennale alla mobilità introdotto dall’art. 13, comma 5 del D.Lgs. 59/2017, formulato nel Decreto 36/2022 e poi attuato dalla Legge 79 del 29 giugno 2022. Siamo stati assunti a tempo indeterminato attraverso vari canali di reclutamento: Gae, concorso 2016, concorso 2018, concorsi ordinario e straordinario 2020, o ancora da GPS 1 fascia sostegno. Siamo però tutti accomunati dall’impossibilità, per il prossimo A.S., di richiedere mobilità territoriale e professionale.
Ci troviamo in una situazione che, a livello di ammissibilità legislativa, ci preoccupa notevolmente. Il Dl 36 cui si è fatto riferimento risulta successivo al bando concorsuale dal quale dipendono le ultime assunzioni, il che pone diversi problemi riguardo alla sua applicabilità ai neoassunti 2022/2023. Esso non prevede infatti norme transitorie che rendano retroattivi i vincoli introdotti. Ciononostante, la deroga ai vincoli è stata all’ultimo momento espunta dal Milleproroghe, ufficialmente per incompatibilità con il PNRR, nel quale si invoca il principio di continuità didattica. Diversi esponenti politici attribuiscono questa inversione di rotta all’intervento della Commissione Europea, che proprio sulla base di quanto indicato nella progettualità del PNRR riterrebbe la continuità didattica fondamentale.
E lo è, non ne dubitiamo, ma come varie voci della politica stanno in queste settimane tentando di spiegare con ammirevole pervicacia, non sono i vincoli a garantirla. Tanto più nella complessa realtà scolastica italiana, dove 1 docente su 4 risulta precario. Numeri importanti: ben il 25% dei docenti italiani migra da istituto a istituto di anno in anno, in barba a qualsiasi principio di continuità.
Eppure si continua a non assumere, e al contempo si impedisce ai neoassunti di tornare a casa e ricongiungersi ai propri familiari, pur nell’evidenza che i vincoli non hanno che blandi effetti sulla continuità didattica, non solo perché molti docenti rinunciano al posto pur di far ritorno a casa, ma anche perché un vincolo triennale non fa che rimandare il problema. A ciò si aggiungano le numerose difficoltà economiche che chi è in trasferta si trova ad affrontare: una buona parte del già basso stipendio di un docente fuorisede è spesso impiegato per trovare una sistemazione e viaggiare. Come questo stato di cose debba garantire una docenza continuativa e di qualità, è per noi un mistero.
Si considerino poi la disparità nell’assegnazione delle cattedre a tempo indeterminato sul territorio nazionale, e a netto svantaggio del Sud (da cui una larga parte dei docenti vincolati, precari e non, proviene), e gli accorpamenti dei vari istituti che spesso segue logiche incoerenti, anche in questo caso particolarmente dannose per il Meridione, nonostante i ripetuti proclami di una volontà politica di lavorare per risanare le ben note disparità territoriali.
A tutto questo si aggiunga la complessa situazione che si è venuta a creare all’indomani del concorso straordinario BIS, che a metà anno scolastico ha provocato uno stravolgimento nell’assegnazione delle cattedre, con disastrose conseguenze sulla continuità didattica.
Nonostante tutto questo, nonostante i tanti esempi di miopia politica e malagestione, oggi a tanti docenti un insensato blocco della mobilità nega alcuni diritti fondamentali, in nome di un principio che andrebbe perseguito lavorando per correggere le ormai insostenibili storture del sistema scolastico italiano.
Quello che chiediamo è di farvi portavoce delle nostre istanze, affinché quanto prescritto dal Dl 36/2022 non venga indebitamente esteso alle procedure concorsuali bandite prima della sua promulgazione. Ciò in attesa di interventi strutturali che possano finalmente superare la stantia e sostanzialmente falsa equazione vincoli = continuità didattica.
La risposta del Parlamento Europeo
Si deve sottolineare che le competenze dell’Unione europea nell’ambito della politica educativa sono limitate. La responsabilità primaria delle politiche in materia di istruzione e formazione ricade sul singolo Stato membro, mentre l’UE svolge solo un ruolo di sostegno. Pertanto, l’Unione (e il Parlamento) non ha alcun mezzo per intervenire direttamente nelle politiche educative degli Stati membri, a maggior ragione se queste non riguardano questioni transnazionali o sovranazionali.
La via più rapida e efficace per risolvere un problema che la riguarda personalmente potrebbe essere quella di intervenire a livello locale. Ad esempio, le autorità italiane potrebbero essere in grado di fornire ulteriore assistenza. Se ritiene che siano state violate le leggi esistenti o i diritti garantiti dalla Costituzione, può rivolgersi agli organi giudiziari nazionali.
Per maggiori informazioni sulle questioni giuridiche, è possibile consultare il portale europeo della giustizia elettronica.
Ci auguriamo che le informazioni fornite siano di aiuto e restiamo a disposizione per ulteriori informazioni sulle attività, sui poteri e sull’organizzazione del Parlamento europeo tramite il formulario di contatto di ASKEP.
, https://www.orizzontescuola.it/mobilita-2023-la-lettera-dei-vincolati-e-il-pnrr-ecco-come-stanno-le-cose/, Politica scolastica, ,