Il decreto e i soldati da rastrellare subito: perché è una dichiarazione di guerra

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Finora il presidente russo aveva resistito a indire una mobilitazione. Ora ha firmato un decreto con effetto immediato: al fronte saranno chiamati 300 mila riservisti con esperienza militare e di combattimento. Ma in Ucraina potrebbe non bastare

Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale, la prima della Russia dal secondo conflitto mondiale, segnando dunque il passaggio dalla cosiddetta operazione militare «speciale» a una dichiarazione di guerra formale, come richiesto dalla legge russa. Gli obiettivi in Ucraina non sono cambiati, ha detto il presidente della Federazione, ma la mobilitazione si è resa necessaria perché l’Occidente ha «superato tutte le linee» fornendo armi sofisticate all’Ucraina, vuole «indebolire, dividere e distruggere la Russia». Le condizioni sul campo sono «difficili», ha aggiunto il ministro della Difesa Sergei Shoigu intervenendo subito dopo il presidente: «Non stiamo combattendo contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente».

L’annuncio di Putin — che finora aveva resistito a indire una mobilitazione — non ha fornito numeri né dettagli, ma parlava di quote per ogni regione della Federazione: il presidente ha già firmato il decreto con effetto immediato, i cittadini mobilitati saranno trattati come truppe a contratto, con salari superiori alla media e durata indefinita, saranno esentati soltanto per motivi di età o salute, oppure se in carcere o impiegati nell’industria bellica. Shoigu ha spiegato invece che la mobilitazione riguarderà 300 mila riservisti: andranno a rimpolpare un’Armata devastata dalle perdite — 5.937 secondo il ministro della Difesa, nell’ordine delle decine di migliaia stando ai conteggi occidentali — e reduce da una cocente sconfitta sul fronte di Kharkiv.

Al fronte — ora lungo oltre 1.000 chilometri — saranno inviati quindi soltanto riservisti con esperienza militare e di combattimento, ha specificato Shoigu: il bacino a cui attingere è di quasi 25 milioni di persone, ha aggiunto, la mobilitazione riguarderà soltanto l’1/1,1% di loro, che comunque affronteranno un nuovo addestramento. Studenti e coscritti resteranno invece sul territorio della Federazione. Resta da vedere cosa succederà dopo i referendum indetti nelle aree occupate dell’Ucraina, nota l’analista Dmitri Alperovitch, che permetteranno al Cremlino di dichiarare le regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia parte della Russia e quindi sotto attacco delle forze ucraine. Per questo la minaccia nucleare evocata da Putin non è da considerare soltanto «un bluff», come anche il presidente ha specificato.

Lo stesso Alperovitch contesta anche i numeri forniti da Shoigu: i 25 milioni di riservisti con esperienza militare, spiega, sarebbero pari al 18% dell’intera popolazione. Secondo molti osservatori, inoltre, il rastrellamento ordinato da Putin nelle province russe richiede tempo e non risolverebbe i problemi dell’Armata: al fronte saranno inviati per lo più uomini — e mezzi — inadeguati alla guerra, un problema che ha segnato le truppe russe fin dai primi giorni dell’invasione, che si aggiunge a una catena di comando finora carente e alle ben note difficoltà logistiche.

Come nota un rapporto dell’istituto britannico Rusi, l’esercito russo si affida a una dottrina militare elegante e avanzata, è straordinariamente potente, ma è costruito per combattere guerre brevi e ad alta intensità: senza una piena mobilitazione nazionale non ha abbastanza uomini né una struttura logistica adeguata. Il problema principale, scrive inoltre l’autore Jack Watling, riguarda la leadership, dittatoriale e basata sulla paura: questo genera truppe poco motivate, soldati che per timore di punizioni continuano a eseguire gli ordini anche quando le priorità sono cambiate, uno scarso attaccamento alla divisa che obbliga l’Armata a ricorrere alle giovani leve.

La debolezza maggiore dipende poi dall’addestramento, insufficiente, effettuato per unità e limitato a compiti specifici: per questo la mobilitazione, sostiene Watling, non sarà sufficiente a cambiare l’andamento del conflitto. Già durante la Guerra Fredda, era stato appurato che i piloti del blocco occidentale venivano dichiarati pronti al combattimento con 180 ore di volo all’anno, mentre quelli sovietici oscillavano fra le 70 e le 90: un’attività non ritenuta sufficiente per imparare tecniche di combattimento raffinate. Si tratta dunque di problemi strutturali, che si sono intensificati man mano che le vittime sono aumentate e che l’operazione militare «speciale» si è trasformata in una guerra formale, oltre che — come ha chiarito Shoigu — «difficile».

21 settembre 2022 (modifica il 21 settembre 2022 | 15:24)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-09-21 13:24:00, Finora il presidente russo aveva resistito a indire una mobilitazione. Ora ha firmato un decreto con effetto immediato: al fronte saranno chiamati 300 mila riservisti con esperienza militare e di combattimento. Ma in Ucraina potrebbe non bastare, Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Exit mobile version