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Anno 1896: Maria Montessori discute la tesi di laurea, è l’inizio di una rivoluzione. Per la prima volta, la sua tesi in medicina viene pubblicata integralmente: un documento importante per ripercorrere la formazione scientifica e intellettuale della pedagogista e per ricostruire il profilo di una donna di scienza, femminista, in quegli ultimi anni dell’Ottocento in Italia. Il libro, pubblicato da Fefè editore, è a cura è di Valeria Paola Babini, nota studiosa di Montessori e del movimento di emancipazione femminile di fine ’800 e inizio ’900 e racconta l’audacia e la determinazione di Montessori in campo sociale e medico e la collaborazione non sempre pacifica col suo maestro Sante de Sanctis.
Maria Montessori si laurea il 19 luglio del 1896 con una tesi in Clinica psichiatrica: una scelta che è già per quegli anni insolita, dal momento che l’esercizio della psichiatria si svolgeva massimamente in manicomio o nelle cliniche universitarie ad esso annesse dove era difficile che una donna potesse esercitare la professione medica. Erano gli anni dell’unificazione del Paese e, sotto l’egida del positivismo, era forte il dibattito tra giuristi e medici: bisognava dotare il nuovo Stato italiano di un codice civile e penale unico e valido per tutto il Paese che era stato fino ad allora diviso in staterelli diversamente regolati giuridicamente. In occasione della promulgazione dei nuovi Codici, civile e penale, ma anche dei codici medici, antropologi e psichiatri iniziarono a esprimere la loro opinione circa la differenza e/o la inferiorità femminile- Erano gli anni in cui la psichiatria italiana ancora si batteva per il riconoscimento, se non della propria competenza scientifica, della idoneità a intervenire in campi di confine come quello della responsabilità civile e penale nei processi, dove le donne non potevano neppure testimoniare. Proprio pochi mesi prima della laurea di Maria Montessori, nel marzo del 1896, era stata istituita a Roma una Associazione di donne che aveva come capofila Rosa-Mery Amadori, redattrice capo dal 1895 della rivista Vita femminile. Tra le socie figuravano la Montessori nel ruolo di vicesegretaria e, nel ruolo di cassiera, Virginia Nathan, madre del futuro sindaco di Roma. Obiettivo dell’associazione era infondere nel mondo femminile quello spirito di fratellanza e solidarietà che avrebbe potuto poi spronare le donne ad occuparsi anche dei propri interessi
Nel saggio introduttivo Valeria P. Babini tocca le tappe importanti dell’inizio della sua carriera nella Roma di fine ’800. È il periodo sociale di Maria Montessori: “donna nuova” che sceglie di cimentarsi nella professione medica, fermamente convinta della potenza risolutrice della scienza e della portata democratica del suo impegno, utile anche per l’emancipazione femminile. Dopo la discussione della tesi, la Montessori scrisse una lettera a una amica, Clara: ha i toni di una confessione privata a se stessa, quasi una pagina di diario, ed è oggi conservata nell’archivio della Associazione Internazionale Montessori di Amsterdam. In questa lettera la Montessori racconta quanta determinazione abbia dovuto trovare in sé per arrivare alla laurea, quanto le costò e racconta, con una certa amarezza, come i giornali la seguivano in quanto donna che faceva una cosa da uomini. Ed anche in quanto unica donna a presenziare alla cremazione del “suo” professore di fisiologia: proprio quel Jacob Moleschott che il Ministro della pubblica istruzione, Francesco De Sanctis, aveva chiamato alcuni anni prima in Italia, unitamente a pochi altri professori stranieri, con lo scopo di svecchiare i nostri atenei. Era stato uno dei pochissimi senatori, se non l’unico, a difendere in Senato – nel 1888 – la causa delle suffragiste, contrastando, con voce competente, le tesi, per così dire scientifiche, sulla inferiorità della donna. Poi la lettera a Clara si ferma perché Maria trova irritante tutto quel clima perché frutto di maschilismo. «Eccomi dunque celebre» scrive infatti a Clara, delusa che tanta fama dipendesse non dalla propria bravura, ma dal coraggio, qualità considerata allora molto rara nel mondo femminile: quando Maria Montessori nel 1890 s’iscrisse a medicina, proprio la medicina decretava l’inferiorità delle donne attestandone, per così dire scientificamente, l’enorme emotività e la incompleta padronanza di sé.
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