Benjamin Galli, parlano i genitori: «Si è immolato per la libertà dell’Europa. Noi eravamo d’accordo con lui»

di Andrea Galli

Il padre: «Sono stato io a pagargli il biglietto aereo per raggiungere Varsavia avvicinandolo così al confine, pronto a entrare in Ucraina»

Al cellulare risponde la mamma di Benjamin Galli (il foreign fighter ucciso in Ucraina); quasi subito lascia parlare il marito.

Sono le 19. Dove vi trovate?
«In un appartamento a duecento metri di distanza dall’ospedale militare di Kiev».

Quando siete partiti?

«Mercoledì ci hanno telefonato le autorità ucraine. L’uomo che parlava ha detto di aver ricevuto il permesso».

Quale permesso?

«Quello di comunicarci che Benjamin era morto. Morto da eroe. Morto per la libertà dell’Europa».

Vostro figlio è stato colpito quello stesso mercoledì?

«No, due giorni prima».

E per quale ragione hanno atteso?

«Non lo so».

Gli ucraini non hanno lasciato spazio alla speranza?

«Il ragazzo ucciso era proprio il nostro Benjamin. Ricevuta la notizia, abbiamo organizzato il viaggio per venire a Kiev. Ora stiamo aspettando il completamento dei documento. Dopodiché, potremo finalmente organizzare il trasferimento della salma in Olanda».

Lo avete visto?
«Non ancora. Ma non esistono margini: è Benjamin il ragazzo che si è immolato per la libertà dell’Europa. Una libertà nella quale, in famiglia, crediamo da sempre. Lo credeva anche Benjamin. Infatti, non appena avvenuta l’invasione, mi confidò che voleva partire. Partire per combattere al fianco degli ucraini».

Dunque non è stata una decisione presa di nascosto? Non è stata un’azione organizzata in segreto?

«Per niente. Sono stato io a pagargli il biglietto aereo per raggiungere Varsavia avvicinandolo così al confine, pronto a entrare in Ucraina. Lei lo sa che ha ricevuto una menzione d’onore per il suo comportamento in battaglia? Se vuole gliela mando in email. Benjamin è un eroe. Un grande eroe. Che ha sacrificato la sua giovane vita per la nostra Europa. Perché l’Europa non è un concetto astratto: l’Europa è storia, tradizione, è la democrazia, è l’unione di popoli diversi, e spesso, troppo spesso, noi purtroppo ci dimentichiamo di quanto sia fondamentale proteggerla. In ogni modo possibile».

Ma Benjamin era pronto per diventare un soldato? Per andare al fronte? Per affrontare combattimenti cruenti? Per vivere una quotidianità di pericoli?

«Ascolti: mio figlio, a livello mentale, aveva un’enorme preparazione alle armi e alle azioni militari. Sapeva di strategia di guerra. In questo senso, io dico che non era affatto uno sprovveduto».

Voi siete una famiglia di formazione militare?


«Mio nonno paterno fu medaglia d’oro per meriti di guerra. Quanto a mio padre, venne catturato dai tedeschi e riuscì a evitare, per puro caso, il campo di concentramento. Dopodiché ci sono io, e io ho sempre lottato per la garanzia e il rispetto dei diritti civili, per le regole, per il senso della comunità, per la forza che ci viene dal passato, per la capacità di contrastare le ingiustizie. E questa della Russia è una sovrumana ingiustizia. Si tratta di un’invasione, sono trascorsi mesi e mesi, eppure ancora qualcuno non lo vuole accettare».

Lo domando a entrambi, chiedendovi scusa: ma non avete dei rimorsi? Forse sarebbe bastato cercare di convincerlo…


«Noi eravamo d’accordo con lui. Fieramente d’accordo. Gli siamo grati. In Europa dovremmo esserlo tutti».

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21 settembre 2022 (modifica il 21 settembre 2022 | 07:31)

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, 2022-09-21 05:34:00, Il padre: «Sono stato io a pagargli il biglietto aereo per raggiungere Varsavia avvicinandolo così al confine, pronto a entrare in Ucraina»,

Pietro Guerra

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