Morto Lester Piggott, leggenda del mondo dell’ippica. Aveva 86 anni

di Luigi Ferrarella

In carriera ha vinto ben 4.493 gare, tre cui 9 volte l’Epsom Derby. Il proverbiale mutismo, l’insolita altezza (1 metro e 72) e il ritorno alla vittoria dopo un anno di carcere

L’unico vero errore, che Lester Piggott abbia commesso nella sua cinquantennale carriera di miglior fantino di tutti i tempi, vincitore di 4.493 corse in Inghilterra tra cui 9 edizioni del Derby di Epsom e 30 classiche inglesi (nessuno come lui), fu quando, di un ragazzino che cominciava a farsi valere in Inghilterra a metà degli anni ‘80, pronosticò sbrigativamente «con quelle mani così grandi non potrà mai diventare un grande fantino»: profezia clamorosamente fallita di cui Piggott avrebbe ben presto fatto ammenda, visto che quel ragazzino era Lanfranco Dettori, l’unico ad aver poi ereditato, e per certi versi ad oggi superato, la popolarità iconica e planetaria che Piggott, ritiratosi dalle corse all’incredibile età per un fantino di 60 anni e morto ieri in Svizzera a 86 anni, ha sempre avuto anche fuori dal mondo dello sport, e persino presso coloro che magari mai hanno visto un cavallo da corsa in vita loro.

Vincitore ad appena 12 anni della sua prima gara e a soli 19 anni del suo primo Derby in sella a Never Say Die (l’ultimo dei 9 lo centrerà a 48 anni con Teenoso nel 1983), poi 11 volte capolista annuale dei jockey tra il 1960 e il 1982, e protagonista anche in Italia di edizioni storiche del Derby alle Capannelle (con Bonconte di Montefeltro nel 1969, Cerreto nel 1973 e Welnor nel 1984) o del Gran Premio del Jockey Club a San Siro (con Nagami nel 1958, Marco Visconti nel 1966, Awaasif nel 1983 e Silvernesian nel 1992), la sua sagoma in corsa era inconfondibile perché la staffatura cortissima con la quale montava i propri cavalli era la conseguenza del suo essere inusualmente alto per gli standard di un fantino, 1 metro e 72 centimetri, statura che lo costrinse tutta la vita a diete feroci per stare tra i 51 e i 54 chili.

Indurito da questa eterna lotta per il peso, scavato sin da giovane da precoci rughe in viso che combinate al suo proverbiale mutismo e a una a tratti inquietante imperturbabilità gli valsero il soprannome di «faccia di pietra», Piggott ebbe nel purosangue irlandese di 3 anni Nijinsky la più grande soddisfazione (e cioè l’impresa, mai più riuscita ad alcuno da quel 1970, di vincere 2000 Ghinee di Newmarket sui 1600 metri, Derby di Epsom sui 2400 metri e St. Leger di Doncaster sui 2900 metri) e nel contempo lo smacco più bruciante, beffato a Parigi dal suo eterno rivale francese Yves Saint Martin con Sassafras nel Prix de l’Arc de Triomphe. Gran Premio, questo di Parigi, a lungo rimasto tabù per Piggott, ma poi vinto per tre volte in una carriera che, dal palmares leggendario quanto la sua proverbiale avarizia, sembrava conclusa dal primo annunciato ritiro nel 1985 e dallo scandalo dell’evasione fiscale costatagli non soltanto la revoca del titolo di «baronetto» da parte della Regina Elisabetta, ma anche la condanna a 3 anni e la detenzione in carcere per un anno.

Ma a sorpresa, nel 1990 quando aveva già 55 anni, Piggott tornó all’agonismo, vincendo negli Stati Uniti la Breeders’ Cup in sella a Royal Academy con una tattica spericolata di cui ancora oggi Dettori conserva memoria : «Ero là all’ippodromo quel giorno, e non ho mai più visto una interpretazione così incredibile come quella monta di Lester Piggott». Due anni dopo vinse l’ennesima classica inglese, le 2000 Ghinee con Rodrigo de Triano, ma negli Stati Uniti ebbe poi a 57 anni una caduta pericolosissima, che ne accorció la seconda vita da fantino, definitivamente abbandonata a 60 anni nel 1995 con l’ultima corsa disputata a Canberra in Australia. Tutti a chiedergli un commento storico che ne sigillasse l’epopea sportiva, «e adesso, Lester?», ma lui, con asciutto humour britannico, schiuse appena una smorfia tra le rughe: «E adesso finalmente potrò mangiare».

29 maggio 2022 (modifica il 29 maggio 2022 | 19:00)

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, 2022-05-29 22:40:00, In carriera ha vinto ben 4.493 gare, tre cui 9 volte l’Epsom Derby. Il proverbiale mutismo, l’insolita altezza (1 metro e 72) e il ritorno alla vittoria dopo un anno di carcere , Luigi Ferrarella

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