Naufragio a Crotone, lo choc dei sopravvissuti soccorsi dai volontari: Noi gettati in mare a 500 metri dalla spiaggia

di Alessandro Fulloni

I bagliori: C’erano delle luci a riva: gli scafisti hanno pensato fosse la polizia e hanno cambiato rotta ma prima hanno alleggerito il peso buttando gente in acqua

Era buio, saranno state le cinque circa. A un tratto gli scafisti, quattro in tutto, mentre eravamo a cinquecento metri dalla riva, hanno scorto delle luci, fasci provenienti da torce che illuminavano l’oscurit verso l’alto. Si sono spaventati, hanno pensato che fossero le forze dell’ordine che li aspettavano. Allora hanno cambiato rotta per approdare da un’altra parte. Ma c’era da far presto, aumentare la velocit: l’unico modo stato quello di alleggerire il peso a bordo. Cos hanno gettato gente in mare tra le onde che intanto sballottavano il motopeschereccio. Quanti? almeno venti persone. Sono alcune testimonianze emerse ieri dai sopravvissuti al naufragio e raccolte — con fatica, sono tutti traumatizzati, hanno perso padri, madri, figli, mogli, mariti — da Loredana Pisani, direttrice del centro diocesano Migrantes di Crotone, 50 anni, insegnante liceale di religione.

Le testimonianze

Racconti appresi soprattutto in ospedale, tradotti dai mediatori culturali della Questura e delle associazioni di volontariato. Ancora sconvolta per quello che ha ascoltato, la volontaria spiega che chi era a bordo di quel peschereccio non sapeva a cosa sarebbe andato incontro…. Ma il naufragio vero e proprio? Altri dettagli li ha raccontati, in mattinata, una pakistana ventunenne minuta, intabarrata in una coperta termica che ne avvolgeva un’altra pi spessa, in stoffa. Saranno circa le undici. Occhi rossi, non vuole andarsene dalla spiaggia spazzata dal vento dove i soccorritori si stanno prodigando per aiutare i naufraghi. My husband… lacrima in inglese, sorretta a due infermieri della Croce Rossa che le danno un thermos con del the caldo. A piccoli sorsi, beve, ma si volta di continuo: e guarda quei teli bianchi che coprono il corpo di suo marito e degli altri che sono affogati qualche ora prima a 150 metri dalla riva. Mentre cercano di convincerla a raggiungere il pullman che dovrebbe portare i superstiti al centro di accoglienza di Capo Rizzuto, la ragazza racconta qualcosa di quell’odissea: Abbiamo sentito un rumore fortissimo. Poi la barca si spezzata a met, forse passando sopra uno scogli: io ero abbracciata a mio marito, in siano ritrovati in mare, lui non l’ho pi visto.

I salvagenti

La ragazza — non dice il suo nome — prosegue tra parole che arrivano a bassa voce, non sempre comprensibili. Avevamo paura, da un giorno il mare si era ingrossato. Io sono sempre rimasta stretta a mio marito e pregavo. I salvagenti? Li hanno dati a pochissimi, noi non lo avevamo. Ancora: Veniamo dal Punjab, prima di cominciare il nostro viaggio ci siamo sposati…. Piange. Prosegue cos: Avevamo con noi uno zaino, dentro bottiglie di acqua, cose da mangiare . Nient’altro. Un operatore della Croce Rossa le sorride, la fa salire sulla corriera. Poco pi in l un uomo sulla quarantina, forse afgano, in un buon italiano racconta ai soccorritori di essere giunto dalla Germania per aspettare mia moglie… Ecco i messaggi whatsapp che mi ha mandato alle quattro. Poi morta. Dall’ospedale rimbalzano altri racconti sconvolgenti. Uno quello del sedicenne finito in mare con la sorella ventottenne. Agli psicologi ha riferito: Io mi sono salvato, lei ha perso la vita. Non ho il coraggio di chiamare i miei per dire quello che successo.Forse lo far domani se avr la forza.

27 febbraio 2023 (modifica il 27 febbraio 2023 | 08:41)

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