di Jacopo Storni
Fabrizio e Francesca Bettini si sono trasferiti nel Paese sudamericano con i tre figli per aiutare gli indigeni. Il progetto di cooperazione con la Comunità Papa Giovanni XXIII
Da Rovereto al Cile per stare accanto ai Mapuche. Così Fabrizio e Francesca Bettini hanno cambiato vita, con loro i tre figli Francesco, Mario e Rosette di 8, 11 e 12 anni. Tutto nasce con un viaggio. Era gennaio 2020, la famiglia volò in Cile per una missione umanitaria della Comunità Papa Giovanni XXIII. Obiettivo, osservare da vicino le sofferenze dei Mapuche, popolo indigeno che non si è arreso a secoli di prevaricazione e che oggi lotta per vedersi riconosciuti diritti e territori sottratti ingiustamente. Trenta giorni nella regione dell’Araucania, la zona dove maggiormente si sviluppa lo scontro fra lo Stato e gli indigeni. È stato un colpo di fulmine. «Siamo rimasti affascinati dalla natura potente di queste latitudini e dall’energia di questa popolazione martoriata da decenni. La loro lotta per la terra e per la tutela dell’ambiente è un simbolo. Quando siamo rientrati in Italia è scoppiata la pandemia, siamo rimasti chiusi in casa ma dentro di noi avevamo tutto il vigore che ci avevano trasmesso gli uomini e le donne Mapuche».
«Operazione Colomba»
Non era la prima missine di Fabrizio e Francesca, che da anni sono membri della Comunità Giovanni XXIII, grazie alla quale hanno svolto missioni anche contesti di guerra coi progetti di «Operazione Colomba». Ma stavolta era diverso. «La lotta dei Mapuche ci riguardava». E così è Francesca che, dopo aver riflettuto insieme alla famiglia, avanza una proposta: «Erano anni che non vedevo mio marito così raggiante per un progetto di cooperazione internazionale, quei giorni in Cile l’hanno segnato. In Araucania c’era bisogno di portare avanti un progetto ma in quel momento non c’era nessuno abilitato a farlo. Allora ho pensato che potevamo trasferirci».
Un sogno bellissimo
E subito gli occhi di Fabrizio s’illuminano. Un sogno bellissimo, ma non così semplice da realizzare. Primo problema i figli, la scuola: «Nostro figlio più grande non era entusiasta all’idea di lasciare l’Italia, non voleva separarsi dai suoi amici – ricorda Francesca – Noi allora gli abbiamo detto di fidarsi, che non avremmo mai fatto niente che potesse farlo soffrire, e che questa era la scelta più giusta per continuare ad essere una famiglia, e per continuare ad essere ospiti del mondo e aiutare i popoli più deboli». E poi i nonni paterni e la difficoltà ad accettare la partenza: «Mio padre e mia madre erano scettici – dice Fabrizio – Erano addolorati all’idea di separarsi dai nipotini».
Ma la decisione ormai è presa. E così nell’ottobre dell’anno scorso tutta la famiglia arriva in Cile, la nuova casa a Valdivia, le missioni di Fabrizio al fianco dei Mapuche. Gli indigeni occupano i territori che sono stati loro strappati nel corso degli anni e difendono la terra da ulteriori espropri. È come una guerra: da una parte la più grande comunità indigena del Paese, dall’altra lo Stato e i grandi agricoltori e imprenditori. E Fabrizio nel mezzo, presenza cruciale come osservatore internazionale, negli scontri, nelle manifestazioni, nei processi. «Sono contento di essere al fianco dei Mapuche, non basta andare in piazza per chiedere la pace, bisogna costruirla in prima persona».
Crescita familiare
A volte Fabrizio e Francesca pensano ai loro figli, all’Italia che hanno lasciato e al sacrificio che hanno chiesto loro: «Non è egoismo essere qui, è invece un processo di crescita familiare – dice Francesca – La vocazione di Fabrizio è un esempio da incarnare, da trasmettere, e adesso i nostri figli sono felici, hanno imparato lo spagnolo e dai loro occhi capiamo di aver fatto la scelta giusta per tutti». È d’altra parte lo spirito che muove la Comunità Papa Giovanni XXIII, che lega la propria vita a quella dei poveri e degli oppressi e vive con loro, 24 ore su 24. «Non soltanto a parole – dicono Fabrizio e Francesca – ma con i fatti. Nel nostro percorso non ci siamo mai sentiti soli, la Comunità è sempre stata accanto a noi. Certo, è stata una scelta radicale, ma sono quelle scelte che alla fine ci rendono davvero felici. E umani».
1 giugno 2022 (modifica il 1 giugno 2022 | 20:36)
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