Biden «declassa» Putin: è la Cina l’unica rivale nella nuova dottrina strategica Usa

La vera rivale dell’America, vista la volontà di «ridisegnare l’ordine globale» e la disponibilità di mezzi per farlo, è la Cina: a scriverlo è la Casa Bianca nel documento sulla strategia di sicurezza nazionale

La vera rivale dell’America, «perché vuole ridisegnare l’ordine globale e perché ha i mezzi per farlo», è la Cina.

La Russia è «profondamente pericolosa», ma la sua performance sul terreno di guerra in Ucraina induce a declassarne la dannosità.

L’asso nella manica dell’Occidente, è la capacità americana di tessere alleanze.

La sfida si gioca anche sul piano interno, oltre che internazionale: a cominciare dal rilancio del primato americano nelle tecnologie avanzate, la cui produzione va riportata sul territorio nazionale almeno nei settori più strategici.

Sono temi contenuti nel documento pubblicato dalla Casa Bianca sulla strategia di sicurezza nazionale.

È un testo in cui ogni Amministrazione concentra la sua «filosofia», la sua visione del mondo, degli interessi vitali da difendere, e gli strumenti da mettere in campo. Questo proclama programmatico ispira poi un documento separato che verrà reso noto dal Pentagono prossimamente: lì ci saranno maggiori dettagli sugli aspetti militari, incluse le richieste delle forze armate all’esecutivo e al Congresso per i prossimi bilanci della difesa.

La pubblicazione della dottrina Biden per la sicurezza nazionale è giunta in ritardo.

Doveva uscire mesi fa, ma l’invasione dell’Ucraina aveva consigliato una pausa di riflessione, per capire quanto andasse rivalutata la pericolosità della Russia per gli interessi vitali dell’America. Per adesso il verdetto è negativo, nel senso che l’orso russo si è mostrato meno efficace di quanto volesse far credere. Questo non significa abbassare la guardia, si è visto che nelle ultime ore la Nato ha promesso di venire incontro ad alcune richieste di Kiev sulla fornitura di difese antiaeree. Le tecnologie occidentali hanno già fatto in parte la differenza sul fronte ucraino — per ora soprattutto l’intelligence satellitare — e in futuro potrebbero pesare ancor più, se dalle promesse di forniture si passerà ai fatti in modo più sostanziale e più celere.

La Cina è un altro paio di maniche. Su quella nazione deve concentrarsi l’attenzione strategica degli Stati Uniti, secondo l’Amministrazione Biden, perché è molto superiore la sua capacità di recare danno all’Occidente.

Biden ha già messo in pratica una parte delle azioni invocate in questo documento strategico. La più significativa è l’embargo sulle forniture di tecnologie avanzate made in Usa, di cui Pechino continua ad avere bisogno nonostante i progressi che ha fatto verso l’autonomia nei settori di punta.

Un altro passo di Biden verso l’attuazione di questo piano strategico è il Chips Act, la legge varata di recente con 280 miliardi di sussidi pubblici per la ricerca e lo sviluppo nel settore dei microchip e semiconduttori, con l’obiettivo di riportare sul territorio degli Stati Uniti una parte di queste produzioni essenziali, riducendo la dipendenza da fornitori stranieri come Taiwan e Corea del Sud.

Al tempo stesso l’America di Biden crede nella funzione essenziale dei Paesi amici, e vede nel suo arco di alleati europei e asiatici una delle risorse a cui attingere per contenere l’avanzata della Cina.

La dottrina Biden non vuole preannunciare una nuova guerra fredda.

Elenca anche settori nei quali la cooperazione con la Cina è cruciale per il destino dell’umanità: in cima c’è la lotta al cambiamento climatico.

La pubblicazione del documento avviene a pochi giorni dal congresso del partito comunista che incoronerà Xi Jinping col suo terzo mandato consecutivo. Sarà l’occasione per sentire dalla voce di Xi la sua versione della sfida strategica con gli Stati Uniti.

L’opinionista Thomas Friedman sul New York Times ricorda che un caposaldo della dottrina di Henry Kissinger fu lo sforzo per evitare un rapporto ostile sia con la Russia sia con la Cina, contemporaneamente.

Il miracolo di Kissinger nel 1971-72 fu il disgelo con la Cina di Mao. Ma quell’opportunità sembra oggi irripetibile. La Cina di Mao era poverissima, abbastanza isolata a livello internazionale, era reduce da scontri armati con l’Unione sovietica sul confine segnato dal fiume Ussuri (1969), temeva un’invasione e perfino un attacco nucleare da Mosca. Oggi questa Cina si è conquistata un rapporto di forze ben più favorevole di allora, anche se sta accumulando problemi.

In quanto alla Russia, l’offerta di un summit Putin-Biden al G20 viene accolta con molta diffidenza dalla Casa Bianca. Se Putin avesse l’intenzione di portare al G20 un piano di pace, dovrebbe segnalarlo con un cessate il fuoco o almeno un rallentamento dell’offensiva militare. Perciò Biden per adesso sembra voler declassare l’eventuale summit, dedicandolo alla discussione di uno «scambio di prigionieri» (mi riferisco alla sorte di una celebre cestista americana arrestata e detenuta a Mosca per possesso di droga).

Ridurre il contatto con Putin ad uno scopo umanitario così circoscritto, non esclude che il leader russo possa approfittare dell’incontro per avanzare altre proposte. La Casa Bianca vuol evitare però di offrirgli soltanto una legittimazione, una passerella per la sua vanità, l’occasione di pavoneggiarsi e magari di pronunciare l’ennesimo comizio contro il «satanismo» americano.

13 ottobre 2022 (modifica il 13 ottobre 2022 | 18:16)

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, 2022-10-13 21:23:00, La vera rivale dell’America, vista la volontà di «ridisegnare l’ordine globale» e la disponibilità di mezzi per farlo, è la Cina: a scriverlo è la Casa Bianca nel documento sulla strategia di sicurezza nazionale, Federico Rampini

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