Nuovo reclutamento, la riforma è già iniziata con i concorsi avviati nel 2021. Nel 2022 si attende formazione iniziale e rivoluzione dei CFU


La nuova riforma del reclutamento? Già iniziata. Lo dice il Governo nella relazione relativa agli interventi sul Pnrr. E  il prossimo anno, potrebbe completarsi con la formazione iniziale e il nuovo sistema dei CFU per accedere ai concorsi.
La questione reclutamento, a lungo evidenziata da forze politiche e sindacati fino a pochi giorni fa, in realtà ha visto già un primo passo: il decreto sostegni bis, ovvero il decreto legge n.73 del 2021 viene considerato come il primo tassello che andrà a comporre il nuovo percorso per diventare insegnanti.


Stiamo parlando della semplificazione dei concorsi ordinari già banditi e quelli da bandire nel corso del 2022
Nelle scorse settimane il Ministro Bianchi ha fornito un’anticipazione che ad oggi non trova però nessuna conferma. Concorsi docenti, Bianchi: bando per 40mila assunzioni entro primavera 2022.
Le nuove modalità dei concorsi (annuali, no preselettiva, prova scritta computer based con quesiti a risposta multipla e prova orale + valutazione dei titoli) sono confluite nel Decreto n. 2215 del 5 novembre 2021 per infanzia e primaria, mentre si attende l’analogo decreto per la scuola secondaria.
Anche di questo probabilmente si parlerà nell’incontro del 4 gennaio con i sindacati
Dunque, adesso la riforma del reclutamento deve completarsi con la formazione iniziale dei docenti, che nell’ottica del Ministro Patrizio Bianchi, dovrà garantire il percorso sin dall’Università.
Così infatti si legge nel PNRR
“[….] L’obiettivo è determinare un significativo miglioramento della qualità dei percorsi educativi per offrire a studentesse e studenti sempre migliori livelli di conoscenze, capacità interpersonali e metodologico-applicative, nonché coprire con regolarità e stabilità le cattedre disponibili con insegnanti di ruolo. La formazione e la sperimentazione con metodologie innovative consentiranno un processo di selezione basato non solo sul livello di conoscenza, ma anche sui metodi didattici
acquisiti e sulla capacità di relazionarsi con la comunità educativa. Una volta approvata la riforma, è previsto il reclutamento, attraverso il nuovo sistema, di 70.000 docenti entro il 2024.”
Secondo alcune fonti giornalistiche, sarebbe dunque  al vaglio del Ministro Bianchi una riforma basata su lauree abilitanti con 60 CFU.
Che laurea + 24 CFU non sia il modo corretto per approcciarsi alla professione insegnante il Ministro lo aveva già detto in estatenon rappresentano il modello più corretto per diventare insegnante. Noi abbiamo oggi nel nostro ordinamento due lauree abilitanti per l’infanzia e per la primaria mentre chi fa una scelta disciplinare deve recuperare successivamente le competenze pedagogico didattiche; e invece dobbiamo creare dei percorsi che abbiano sin dall’inizio queste competenze per chi vuole fare l’insegnante.”
Per la scuola secondaria significherebbe dare un percorso già indirizzato verso la docenza, sulla falsariga di quanto avviene con la scuola primaria e dell’infanzia, dove per accedere ormai è necessario avere la laurea in scienze della formazione primaria, che è già titolo abilitante per accedere ai concorsi o iscriversi in graduatoria.
Quindi, l’idea già anticipata in precedenza, è quella di far conseguire tramite CFU l’abilitazione all’insegnamento. Per fare ciò, chi entrerà in questo percorso, dovrà avere  60 crediti universitari nel settore pedagogico. Di questi però, 24 dovranno essere ottenuti tramite tirocinio.
A quel punto, chi avrà tali requisiti, potrà accedere ai concorsi semplificati che, a quanto emerge dalla relazione del Governo sul Pnrr, avranno la struttura dei concorsi già avviati nel 2021, come spiegato in apertura.
Chi supererà il concorso passerà all’anno di formazione e prova, che prevede una valutazione finale. Se questa risulterà essere positiva si avrà la conferma in ruolo.
Ripetiamo, si tratta di ipotesi sulle quali non c’è stata ancora nessun confronto con i sindacati, né una presentazione ufficiale.
Da questo quadro emerge un’assenza: la soluzione al precariato.
Molto più semplicemente, trattandosi di una questione che a livello politico potrebbe spaccare la maggioranza, per il momento appare più probabile inserire eventuali misure per i precari in un decreto ad hoc, magari il decreto scuola a cui si starebbe pensando, proprio per concedere il tempo fra le forze politiche di trovare una quadra comune e che il provvedimento “esca” direttamente dal Parlamento.
RELAZIONE GOVERNO [PDF]
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