«Obbligo di vaccino legittimo»: la Consulta boccia i ricorsi dei no vax

di Giovanni BianconiLa Corte costituzionale ha respinto tutti i ricorsi contro il decreto con cui il governo Draghi impose la somministrazione a tutti gli ultra 50enni: «Era a tutela della salute» L’obbligo di vaccinazione anti-Covid non era né irragionevole né sproporzionato, ma è stato legittimamente introdotto a tutela della salute di tutti i cittadini. Così ha stabilito la Corte costituzionale respingendo tutti i ricorsi che contestavano il decreto (poi convertito in legge dal Parlamento) con cui il governo Draghi nell’aprile 2021 impose la somministrazione delle dosi agli ultracinquantenni e stabilì il meccanismo del green pass per l’esercizio dell’attività lavorativa. Dopo una camera di Consiglio durata un’intera giornata — più lunga dell’udienza in cui l’altro ieri si sono fronteggiati gli avvocati dei ricorrenti e quelli dello Stato, particolare che lascia intendere un dibattito approfondito tra gli stessi giudici sulle singole questioni che riguardavano diversi aspetti e presunte «criticità» della normativa — la Consulta ha dunque promosso le discusse misure, contestate dai «No Vax» prima con le manifestazioni di piazza e poi con le istanze al «giudice delle leggi». Tre erano i «fronti» su cui la Corte era chiamata a pronunciarsi, a seconda delle diverse questioni sollevate nei ricorsi, e tre sono le sintetiche anticipazioni delle motivazioni, in attesa della pubblicazione delle sentenze nelle prossime settimane, indicate nel comunicato che ieri sera ha annunciato la decisione. La prima, relativa alla richiesta di dichiarare incostituzionale «l’impossibilità per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa quando non implichi contatti interpersonali», s’è risolta con una dichiarazione di «inammissibilità per ragioni processuali». Significa che i giudici costituzionali non sono nemmeno entrati nel merito della questione, fermandosi al metodo con cui il ricorso è giunto al palazzo della Consulta. Evidentemente ci sono dei difetti nell’ordinanza con cui il Tribunale amministrativo della Lombardia s‘è rivolto alla Corte che hanno impedito di esaminarne il contenuto. Nel secondo motivo anticipato dal comunicato si afferma invece che «sono state ritenute non irragionevoli, né sproporzionate, le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario». È il cuore della questione che s’è dibattuta nell’animata discussione in aula, e che trova fondamento nelle precedenti pronunce della Corte in materia di vaccini obbligatori. Anche in questo caso, come per altre epidemie in passato, è stato giudicato legittimo e congruo il bilanciamento tra interessi individuali e collettivi nell’imposizione della profilassi per poter continuare a lavorare. La salvaguardia della salute di tutti i cittadini può prevalere sulle riserve dei singoli se le possibili conseguenze negative dei vaccini sulla salute delle persone a cui sono state somministrate le dosi non sono da considerarsi «intollerabili» e se è previsto un indennizzo per gli eventuali danni subiti. E questo evidentemente è avvenuto nel caso del Coronavirus. Hanno prevalso le ragioni con cui l’Avvocatura dello Stato ha difeso la normativa anti-Covid: la campagna vaccinale serviva a tutelare l’intero Paese dalla diffusione dell’infezione e dalle sue ricadute sul sistema sanitario ed economico. In nome di questo interesse superiore era dunque legittimo restringere il campo dell’autodeterminazione individuale con misure che non hanno rappresentato né una «coercizione ricattatoria» né un «tradimento dei cittadini da parte delle istituzioni», come sostenuto dai legali del popolo «No vax» nelle loro argomentazioni. La pandemia giustificava l’imposizione dell’obbligo, così come le sanzioni per chi non ha voluto rispettarlo. Ecco allora il terzo capitolo affrontato dai giudici: «Ugualmente non fondate sono state ritenute le questioni proposte con riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso; e ciò sia per il personale sanitario, sia per il personale scolastico». Significa che pure il mancato assegno di mantenimento ai non vaccinati rimasti senza impiego e senza salario (garantito invece a chi subisce provvedimenti disciplinari o condanne penali) non è illegittimo. Sempre nell’ottica della prevalenza dell’interesse collettivo. «Per sostituire un lavoratore non vaccinato bisogna assumerne un altro», ha sostenuto un avvocato dello Stato per giustificare questa misura, e non si può imporre alla collettività l’onere di due stipendi perché uno dei due percettori preferisce rimanere a casa anziché farsi iniettare una dose. 1 dicembre 2022 (modifica il 1 dicembre 2022 | 22:07) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-12-01 21:16:00, La Corte costituzionale ha respinto tutti i ricorsi contro il decreto con cui il governo Draghi impose la somministrazione a tutti gli ultra 50enni: «Era a tutela della salute», Giovanni Bianconi

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