Olya Klymenko, in prima linea sull’altro fronte, la lotta alla Tbc: «Le bombe non ci fermano»

di Alessandra Muglia

Al settimo mese di gravidanza, è attiva sul campo con la sua ong finanziata da Global Fund: «Cerchiamo di evitare che i malati interrompano le cure e che i non diagnosticati muoiano». L’Ucraina è già tra i Paesi con i livelli più alti di tubercolosi resistente ai farmaci

Olya Klymenko è una degli oltre 10 milioni di ucraini in fuga dalla guerra. Ma è tra i pochi che non hanno smesso di lavorare. E’ in prima linea su un altro fronte che in modo silenzioso sta mietendo vittime. «Stavamo guadagnando terreno su quel nemico insidioso che si chiama Tbc, ma tutto è cambiato in un giorno». Quel giorno era il 24 febbraio, quando le truppe russe invasero l’Ucraina. «Nella prima settimana ero sotto choc. Poi con il mio team ho lasciato Kiev e ci siamo spostati verso Ovest, in un luogo più sicuro. Pochi giorni dopo la situazione è diventata pericolosa anche lì, e siamo stati costretti a muoverci di nuovo» racconta via Zoom questa sfollata di 35 anni, al settimo mese di gravidanza.

«Oggi le esplosioni mi hanno fatto fare un sussulto sul letto alle 5 del mattino. Invece di preparami al lieto evento, ogni giorno devo pensare a dove andare a vivere domani. Ma continuo a lavorare: non voglio che tutti gli sforzi fatti fin qui per combattere la tubercolosi siano vanificati» chiarisce lei che, da sopravvissuta alla malattia nel 2016 ha fondato TBPeopleUkraine, ong sostenuta da Global Fund, organizzazione internazionale impegnata nella lotta contro Hiv, Tbc e malaria.

Klymenko ricorda che di tisi, come veniva chiamata una volta, si muore ancora. Altro che malattia del passato e confinata nei Paesi poveri. Di origine batterica, nonostante sia diagnosticabile e normalmente facilmente curabile, ogni giorno uccide oltre 4100 persone nel mondo e ne contagia 30mila, stima l’Oms. E imperversa non soltanto in Asia e Africa ma anche in Europa dell’Est, Ucraina in primis, tra i Paesi con i livelli più preoccupanti di tubercolosi resistente ai farmaci (si stima rappresentino circa il 30% dei 30mila nuovi casi annui).
«La tubercolosi non è mai stata una priorità per i nostri politici, i finanziamenti a livello nazionale non sono comparabili con quelli stanziati per altre malattie» osserva.
A complicare il quadro il fatto che per la prima volta da oltre un decennio malati e morti sono in aumento per via dell’incremento dei casi non diagnosticati e non trattati. Un «effetto collaterale» del Covid, con l’accesso a servizi e cure in picchiata. Così la tubercolosi è stata la malattia infettiva che ha fatto più morti nel 2020 dopo il Covid, e si diffonde in modo simile.

Olya si rammarica che le bombe siano arrivate a un passo da un traguardo importante. «Ora che la situazione stava migliorando, è scoppiata la guerra. Per la prima volta il governo stava destinando una quota del budget nazionale per il trattamento globale di questi pazienti, offrendo supporti anche sociali. C’è ancora molto stigma verso questi malati, spesso perdono il lavoro, la casa. Il Parlamento si stava apprestando a cambiare la vecchia legge del 1999» racconta.

Ora l’obiettivo è tentare di mitigare l’impatto devastante di questo conflitto. «Il nostro lavoro è cambiato: prima cercavamo soprattutto di sensibilizzazione le istituzioni perché destinassero più fondi e migliorassero il quadro normativo, ora siamo concentrati a supportare l’esistente: fornire le medicine, evitare che i trattamenti si interrompano, preservare le infrastrutture superstiti, cercare di prevenire le morti di pazienti non diagnosticati» spiega.

Non è un lavoro facile. «Una settimana prima della guerra il ministero della Salute ucraino ha adottato un piano anticrisi che prevedeva le dimissioni dagli ospedali dei pazienti di tubercolosi in caso di conflitto, per ragioni di sicurezza». Temevano che anche le strutture sanitarie potessero diventare un target (timore fondato: sono 64 gli attacchi a strutture sanitarie verificate dall’Oms in Ucraina dall’inizio della guerra). «Da allora i pazienti si sono sparsi sul territorio ed è difficile avere la situazione sotto controllo e assicurare le cure, con anche medicine e materiali che scarseggiano. Tuttavia è stata una decisione saggia: oggi sarebbe stato più difficile evacuarli e metterli al riparo dalle violenze».

La sfida, ardua, è quella di riuscire a garantire ai pazienti sotto trattamento continuità terapeutica e supporto: chi interrompe rischia tra l’altro di sviluppare una forma di Tbc resistente ai farmaci. In supporto, il Global Fund, principale finanziatore anche della ong di Olya, sta per sbloccare 15 milioni di dollari in fondi di emergenza per i propri partner in Ucraina e nei Paesi vicini. L’annuncio è stato fatto giovedì scorso per la Giornata mondiale della tubercolosi, proprio quando ricorreva il primo mese di guerra. Un giornata di riflettori accesi che dovrebbe durare tutto l’anno, un mese che si vorrebbe archiviare per sempre.

26 marzo 2022 (modifica il 26 marzo 2022 | 14:07)

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, 2022-03-26 13:24:00, Al settimo mese di gravidanza, è attiva sul campo con la sua ong finanziata da Global Fund: «Cerchiamo di evitare che i malati interrompano le cure e che i non diagnosticati muoiano». L’Ucraina è già tra i Paesi con i livelli più alti di tubercolosi resistente ai farmaci, Alessandra Muglia

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