Dopo i forti disagi di docenti e studenti causati dal forte caldo che sta attanagliando le scuole italiane, soprattutto al Sud e in Puglia, di cui abbiamo dato notizia in questi giorni. Oggi, 25 settembre, gli studenti di un liceo di Bari, hanno deciso di scioperare alla luce delle condizioni della scuola italiana, non adatta a temperature elevatissime. Lo riporta La Repubblica.
“Abbiamo deciso di indire questo sciopero perché siamo stanchi di esser le fondamenta portanti di una scuola che non ci dà ascolto – scrivono gli studenti in un documento – La protesta è nata dal caldo sofferto nelle ultime due settimane che non è stato preso in considerazione in alcun modo dalla scuola: alcuni ragazzi si sono sentiti male. Sono mancati i dispenser dell’acqua per tre giorni e ci è stato detto che l’acqua dei rubinetti fosse potabile, anche se i collaboratori ci hanno sconsigliato di berla. C’è bisogno di un intervento stabile”.
Gli studenti chiedono una scuola adatta ad affrontare tutte le stagioni climatiche, investimenti permanenti nell’edilizia scolastica (“non è possibile fare lezione in aule con tetti rotti e da cui perde acqua quando piove, con crepe nei muri e bagno non funzionanti”), ma anche di poter girare nei corridoi durante l’intervallo almeno per i primi cinque o gli ultimi cinque minuti.
La preside con le mani legate
“I ragazzi pretenderebbero condizionatori nelle aule ma non siamo nelle condizioni di poterli accontentare, a meno che la Città metropolitana non ci dia finanziamenti per installarli – spiega la preside – I ragazzi pensano che con lo sciopero possano ottenere risultati, ma è solo con l’impegno continuo e una coordinamento con la Città metropolitana, con la quale interloquiamo spesso, che si possono ottenere risultati. Per il sovraffollamento, invece, ci vorrebbe un intervento del ministero per ridurre i limiti di alunni per classe. Così si lavorerebbe anche meglio”.
Le scuole nella morsa del caldo
Questa situazione per molti è insostenibile e sono molti i fatti di cronaca relativi all’eccesso di caldo e umidità nelle aule scolastiche di cui si ha notizia in questi giorni: la dirigente scolastica di una scuola di Foggia ha deciso di anticipare la chiusura dell’istituto scolastico, considerate le temperature oltre i 30 gradi.
Dei problemi si sono riscontrati anche in Sicilia: il 21 settembre una docente di educazione motoria di una scuola del capoluogo siciliano ha perso i sensi per il troppo caldo. Il sindaco di Capaci, Pietro Puccio, ha disposto con un’ordinanza la chiusura delle scuole dopo l’allerta della protezione civile regionale. A Balestrate e a Trappeto è stata disposta l’uscita anticipata dalle scuole di due ore. Gli studenti di altri istituti sono tornati a casa dopo tre ore di lezioni, in modo da non dover rimanere in classe negli orari in cui il caldo raggiunge il picco. Sempre a Palermo, in altri due licei, i presidi hanno deciso di anticipare l’uscita alle 11. In altre scuole dove è previsto dall’inizio dell’anno scolastico l’orario completo, gli studenti si sono rifiutati di entrare in classe.
La Tecnica della Scuola vuole raccogliere l’opinione dei propri lettori sulla tematica, chiedendo se è il caso di posticipare l’inizio dell’anno scolastico di qualche settimana a settembre.
Fermo restando che, comunque, i 200 giorni minimi, previsti della normativa, vanno comunque sempre garantiti: pertanto, qualora le lezioni dovessero iniziare nella seconda o terza decade di settembre, viene da sé che terminerebbero più tardi rispetto alle attuali date, quindi nella seconda parte di giugno (quando la “morsa” del caldo non è certo minore di quella di settembre). Con l’inizio degli Esami di Stato da fare quindi slittare ad inizio luglio, anziché, come avviene oggi, attorno al 20 giugno. Un’altra opzione potrebbe essere quella di ridurre le interruzioni didattiche previste durante l’anno scolastico, ad esempio riprendendo le lezioni post-natalizie il 2 gennaio anziché il 7 subito dopo l’Epifania.
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Posticipare la riapertura delle scuole è la soluzione?
Ma posticipare la riapertura delle scuole di qualche settimana può essere davvero una soluzione? Il dubbio è pertinente.
Spesso in questi casi si tende a dare opinioni “di petto” senza considerare alcuni aspetti. Come abbiamo già scritto sopra, i giorni di attività didattica, duecento, non possono certo essere ridotti: riaprire dopo potrebbe significare quindi sacrificare le vacanze natalizie o pasquali almeno di qualche giorno, o terminare le attività dopo, a estate iniziata, e svolgere, magari, gli esami di fine ciclo scolastico a inizio luglio.
A meno che non cambi la normativa sulla quantità minima di offerta formativa indispensabile per la validità dell’anno scolastico.
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