Paola Egonu e il razzismo: Mio figlio vivrebbe lo stesso schifo che ho vissuto io

di Pierfrancesco Catucci

La giocatrice della Nazionale di pallavolo e del Vakifbank Istanbul racconta a Vanity Fair gli episodi di razzismo che hanno segnato la sua infanzia.

Gioved 9 febbraio Paola Egonu sar sul palco del Teatro Ariston di Sanremo per presentare la terza serata del Festival al fianco di Amadeus. Oggi, la campionessa di volley della Nazionale e del Vakifbank Istanbul racconta a Vanity Fair l’infanzia difficile e i tanti episodi di razzismo di cui stata vittima in Italia. Lei, nata a Cittadella, in provincia di Padova da genitori nigeriani (il pap era camionista a Lagos, la mamma infermiera, ora lavorano entrambi in una struttura per anziani a Manchester), diventata presto una delle giocatrici pi forti al mondo. Se mai dovessi avere un figlio di pelle nera — spiega — vivr tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicit?.

L’azzurra rivive cos quegli episodi dell’infanzia in Veneto che l’hanno segnata nel profondo e ai quali si ribella da sempre. A quattro anni — ricorda — ho capito di essere diversa. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso. Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: “Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!”. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia.

A Sanremo prover a parlare di sensibilit, di empatia, per raccontare chi sono fuori dal campo. Senza insistere troppo sul tema del razzismo, perch a noi atleti conviene essere diplomatici per non infastidire i club, per non creare tensioni nella squadra. Forse quando smetter di giocare potr dire tutta la verit. Una verit che parte da lontano, dalle discriminazioni subite dai genitori, dalle porte della banca che non venivano aperte alla mamma al caff servito freddo al bar. La cosa che mi fa pi male che non si arrabbia neanche: “ normale”, mi dice.

Temi difficili da affrontare. Con se stessa, prima che con gli altri. Ho paura di andare in analisi. Ho paura di tirare fuori qualcosa di grosso e di non saperlo gestire. E io non posso permettermi di stare male perch, comunque vada, devo giocare. Una domanda, per, continua a rimbalzare nella sua testa. Una domanda che vorrebbe porre alla premier Giorgia Meloni: Perch all’apice ci sono persone insensibili che agiscono per il proprio interesse e non per quello del popolo? Quando ho letto alcune dichiarazioni dei sodali di Giorgia Meloni sull’aborto non ci potevo credere. Se un partito guidato da una donna non ha il coraggio di difendere le altre donne, allora non ci sono speranze.

E finisce che tutto questo abbia portato anche a una difficolt nell’accettarsi: Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. Ora sto imparando che diverso non vuol dire brutto e che, s, sono un’atleta ma sono anche una donna e che, come tale, posso essere sensuale. Me lo sono persino tatuata sulla coscia. Ora single, dopo la fine della storia con il pallavolista polacco Michal Filip (prima era stata fidanzata con la compagna di squadra Kasia Skorupa). Spesso le persone con cui esco mi dicono: “Non sono abbastanza per te”. Ma come, scusa, secondo te io sprecherei il mio poco tempo libero con qualcuno che non abbastanza? Sarei scema. Cerco solo una persona sicura di s, che mi sappia stare accanto senza paura. Possibilmente non uno sportivo. Loro tradiscono.

3 febbraio 2023 (modifica il 3 febbraio 2023 | 17:44)

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