Paola Taverna, esclusa per il doppio mandato: chi è la senatrice M5S che non potrà ricandidarsi

di Fabrizio Caccia

Nel 2013 entrò in Parlamento (con il diploma di perito aziendale). Oggi, dopo 10 anni (e una laurea in tasca), saluta il Movimento: «Sorrido pensando alle mie urla contro il sistema risuoneranno ancora a Palazzo Madama»

Nel 2013 lei fresca di nomina urlava ai colleghi senatori degli altri partiti «Siete gneeenteeeeee….». E scriveva sonetti in dialetto romanesco per fustigare i grillini «aperturisti» disposti già a stringere alleanze col vecchio mondo. Sonetti del tipo: «Proponi accordi strani e vedi prospettive/Mentre io guardo ‘ste merde e genero invettive».

Ora però è arrivato davvero il tempo di lasciare e allora piovono soprattutto messaggi d’amore per Paola Taverna su Facebook: «Il Movimento avrà ancora bisogno di te, guerriera!», le scrive Franco Calvino pochi minuti dopo che lei ha pubblicato il suo post di saluto. Ma anche no: «Due mandati e finisce la pacchia», è lo sberleffo inviatole online per esempio da Piracco Piracchi. Eppoi ecco i pensieri dei suoi ormai ex colleghi: «Avere lavorato con te mi ha resa orgogliosa. Il Movimento sei tu», commenta la senatrice 5Stelle Barbara Floridia, sottosegretaria all’Istruzione nel governo Draghi, lei però ancora al primo mandato e dunque ancora ricandidabile (forse).

La Taverna invece no, dopo l’aut aut del fondatore Beppe Grillo («In caso di deroghe lascio»), Giuseppe Conte ha deciso di tirare dritto e allora alle prossime elezioni del 25 settembre non si faranno eccezioni nè per lei nè per il presidente della Camera Roberto Fico e tanti altri esponenti di primo piano.

Dal Senato a Torre Maura, dunque: la Taverna torna a casa, cinquanta metri quadri in periferia a Roma Est, casa che però in verità non ha mai lasciato, in coabitazione col figlio ventenne Davide e la mamma Graziella («Da lì vedo le montagne – disse due anni fa a Vittorio Zincone per “Sette” -. Non mi trasferirei mai negli ambienti ovattati del Centro: lì è facile perdere la percezione di come campa la maggioranza degli italiani. Sotto casa ho venti secchioni della spazzatura, il mio termometro sull’amministrazione Raggi». Epperò la vicepresidente uscente del Senato non disdegna neppure gli «ambienti ovattati», come vedremo.

Così, oggi 29 luglio, il post di Paola Taverna è un concentrato di emozioni lunghe un decennio: «Il Movimento 5 Stelle è figlio di una visione, un sogno che ha saputo farsi realtà portando nei palazzi la voce di chi non veniva ascoltato. Ringrazio tutti voi per avermi dato la possibilità di essere parte di quella voce in questi 10 anni e sorrido pensando che forse l’eco delle mie urla contro il sistema e le sue storture continuerà a sentirsi ancora per qualche tempo a Palazzo Madama!».

L’eco delle sue urla, già: «Oggi li sfonnamo de brutto», così la senatrice, romana di Torre Maura, appena due settimane fa prima di entrare in Aula, «su zatteroni bianchi da spiaggia tipo Kursaal di Ostia», scrisse sul Corriere Fabrizio Roncone nel suo reportage. Era l’annuncio grillino del non voto alla fiducia al Dl Aiuti e l’inizio ufficiale della crisi del governo Draghi.

Ha sempre urlato molto la Taverna. Salvo però poi ritrovarsi del tutto a suo agio, sorridente ed elegante, qualche sera fa alla Casina di Macchia Madama – location esclusiva sulla cima di Monte Mario, altro che Torre Maura! – per il 62° compleanno del più democristiano di tutti, Gianfranco Rotondi, insieme a Giorgia Meloni, Anna La Rosa, Raffaele Fitto, Giorgio Mulè, Maurizio Gasparri, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, e tanti altri: insomma – Meloni a parte – il Palazzo in persona, lei che agli albori avrebbe voluto aprirlo, il Palazzo, come l’ormai famigerata «scatoletta di tonno».

Oggi cinquantatreenne, la Taverna debuttò tra gli eletti di Palazzo Madama il 15 marzo 2013: volto nuovo in mezzo a tanti altri, col suo modesto diploma di perito aziendale, già segretaria in uno studio legale, per abbellire il curriculum si prese presto la laurea triennale in Scienze Politiche a La Sapienza («Ora che hai una laurea puoi trovarti un lavoro», sentenziò pochi giorni fa Beppe Grillo, facendola molto arrabbiare e annunciandone praticamente la fine).

L’attaccarono molto in passato per la storia della casa popolare di sua mamma, al Quarticciolo, in affitto dal ‘94 a 100 euro al mese, abitata senza averne i requisiti secondo il Tar, che all’inizio del 2019 ne rigettò il ricorso e la costrinse a lasciare. Per la Taverna una sorta di contrappasso, dopo le sue battaglie dure con il Movimento ai tempi dell’Affittopoli romana nel 2016, lei che se la prendeva a morte con quei politici che «da trent’anni distribuiscono ingiustamente case popolari ad amici e parenti». Più di recente, al tempo del Covid, è finita sulla graticola per altre opinabilissime esternazioni, sempre in romanesco: «Oggi i centri vaccinali sono similabili (?) a quelli dove si fanno i marchi pe ‘e bestie!». E ancora, sdoganando i morbillo party: «Io quand’ero piccola, facevamo la processione a casa di mi cugino che c’aveva ‘na malattia esantematica, così dopo tutti e sette i nipoti c’avevano la patologia. Funzionava così la vita mia. Dopo cinquant’anni mo’ abbiamo scoperto che se deve esse immuni da tutto e vabbè. Ma posso almeno decidere io come lo posso immunizzà?». Va detto, per la cronaca, che il figlio Davide comunque l’ha fatto poi vaccinare, attirandosi le ire proprio dei No Vax.

Ora, però, non è più tempo di polemiche. Paola Taverna saluta: «Un’esperienza meravigliosa, che ho cercato di interpretare nel migliore dei modi, al servizio esclusivo del Paese, delle Istituzioni e dei nostri valori fondanti. Dal Movimento ho avuto tanto. Al Movimento ho dato tanto, come è giusto che sia quando si crede in qualcosa e si è spinti da ideali alti.», scrive la vicepresidente del Senato, che comunque resta vicepresidente del M5S, nominata a suo tempo da Conte. E pensa già al futuro: «È il momento di guardare avanti e di farlo tutti insieme. Con l’entusiasmo delle origini e la voglia di cambiare che ci ha consentito di vincere tante battaglie. Io c’ero, ci sono e ci sarò sempre!».

L’anno scorso, nella sua dichiarazione di voto contro i vitalizi ai parlamentari, disse in Aula: «Questa non è più una scatoletta di tonno, questo è un bunker antiatomico, non bastano 8 anni per scardinarlo, forse ce ne vorranno 20». Ma il tempo è scaduto e comunque anche lei, dopo 10 anni, si è assicurata il diritto alla pensione.

30 luglio 2022 (modifica il 30 luglio 2022 | 14:38)

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, 2022-07-30 12:38:00, Nel 2013 entrò in Parlamento (con il diploma di perito aziendale). Oggi, dopo 10 anni (e una laurea in tasca), saluta il Movimento: «Sorrido pensando alle mie urla contro il sistema risuoneranno ancora a Palazzo Madama», Fabrizio Caccia

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