Paolo Cognetti: Luca Marinelli? Amici grazie al seitan. Cucino perché sono timido

cosa mangia

di Alessandra Dal Monte

Lo scrittore l’addetto ai fornelli, sia in casa a Milano che in Val d’Aosta. Del film Le otto montagne, tratto dal suo libro e adesso in sala, felicissimo: Un regalo della vita. Borghi e Marinelli? Due persone diversissime. Uno vulcanico, l’altro maniacale, quasi paranoico

In casa ho sempre cucinato io. Non per me, quando sono da solo non lo faccio. Ma per gli altri. Per gli amici, per la mia compagna Federica. Sono una persona che non parla molto, per timidezza e per carattere. E allora cucino: mi sembra un gesto d’amore quotidiano. Paolo Cognetti, 45 anni il 27 gennaio, autore dell’apprezzatissimo Le otto montagne (Einaudi, premio Strega 2017) di cui da poco uscita la trasposizione cinematografica, ha imparato guardando la mamma: Passavo molto tempo con lei. Ero il classico ragazzino che stava zitto e osservava tutto: quando a 16-18 anni ho cominciato a prepararmi da mangiare, ho capito che padroneggiavo quei gesti. Del resto mi sempre piaciuto usare le mani: soffro del mio lavoro di scrittore perch non manuale. Io ricavo molto piacere dai lavori manuali. Cognetti ha anche fatto il cuoco in un ristorante in Val d’Aosta per un paio d’anni, mentre cercava la sua strada.

Che esperienza stata?
Ho imparato a fare una decina di piatti, si trattava di una trattoria. Ma che pressione durante il servizio: la velocit, le grandi quantit… un’ansia notevole, un delirio totale. Quello del ristoratore un lavoro veramente tosto. Proprio come racconta Anthony Bourdain in Kitchen Confidential.

E quindi oggi che si mangia in casa Cognetti?
Sono diventato vegetariano attorno ai 30 anni, dopo aver viaggiato in Nepal e aver fatto delle riflessioni sul nostro rapporto con la Terra. Non mi ritengo buddista ma sono un lettore del pensiero anarchico e buddista, perci ho un enorme rispetto per la vita animale: nonostante la carne mi piacesse molto, non la tocco pi. Quindi oggi preparo tante zuppe, polpette di legumi e verdure, piatti asiatici. Le uova le mangio, e anche il formaggio, perch in Val d’Ayas dove vivo per sei mesi all’anno sono circondato dalle mucche e dalle malghe. Le uniche eccezioni che faccio le faccio quando sono invitato a casa di qualcuno, per non mettere in imbarazzo chi ha cucinato.

Posti preferiti a Milano?
Mi piace molto “Mezze” a Nolo, fa cucina regionale italiana, ma adesso che abito in zona Sarpi vado molto anche nei ristoranti cinesi. Mi piacciono le trattorie, l’aria di trattoria, con la tovaglietta a quadri e il mezzo litro di vino.

Due anni fa ha aperto un rifugio per ospitare artisti e progetti culturali sempre in Val d’Aosta. Cucina anche l?
Certo, ci sono enormi pentoloni e padelle, cucino io per tutti. C’ posto per dieci, ma si sta bene in sei. Anche a casa a Milano Federica non tocca nulla, sono quel tipo di cuoco che si innervosisce se solo qualcuno guarda una pentola. Le cose della cucina mi piacciono un sacco: un giro in un casalinghi come andare in libreria o dal ferramenta, i miei negozi preferiti.

Di Federica non si sa molto, chi la sua compagna?
Stiamo insieme da dieci anni e ci conosciamo da venti. Non fa il mio lavoro, e questa cosa, avere intorno due mondi diversi, ci piace molto. C’ tanta intimit tra di noi.

Del film Le otto montagne, tratto dal suo libro Premio Strega 2017 e uscito da poco,cosa dice?
Un regalo bellissimo che mi hanno fatto. Non vedo competizione tre le due opere. Anzi, tante persone scoprono il libro grazie al film e mi fa molto piacere.

Tra Alessandro Borghi e Luca Marinelli, i due attori che interpretano Pietro e Bruno del romanzo, chi stato pi bravo secondo lei?
Borghi e Marinelli sono due persone diversissime. Luca maniacale, arrivato in montagna tre mesi prima delle riprese per prepararsi, preciso al limite del paranoico. un attore complicato, perfetto per il ruolo di Pietro. Alessandro un trasformista, vulcanico, si butta di petto nelle cose. E ha saputo cogliere quel lato comico di Bruno che non era cos evidente nel romanzo. Non saprei dire chi mi piaciuto di pi: credo che il lavoro di Luca sia stato pi difficile. Alessandro aveva un personaggio estremo, pi facile se vogliamo. Luca ha dovuto lavorare con poco.

Pietro nel romanzo non sa cosa vuole fare nella vita, irrequieto, una sensazione molto comune oggi. Ora che lei riuscito a fare lo scrittore, come desiderava, come si sente?

Come prima. Il libro mi ha dato un sacco di soddisfazione, vero che sono quello che sognavo di essere ed una sensazione molto piena, molto bella. Ma non mi rappacifica: del resto scrivo da sempre, ma ho passato oltre 20 anni a fare il barista, il cuoco, a dirmi che non ero abbastanza capace. Infatti ho cominciato a fare tanto yoga: mentre un tempo mi affascinavano gli Stati Uniti, New York, oggi mi sento attratto dall’altra met del mondo, dall’Asia. Sto cercando da tempo, ispirandomi alla loro cultura, una via per l’equilibrio, la pace, l’armonia. Su questo mi sono trovato con Luca (Marinelli, ndr), anche lui vegetariano. Siamo diventati amici andando a fare la spesa al supermercato in Valle d’Aosta: ci siamo riempiti il carrello di seitan.

Come gestisce la scrittura? A cosa sta lavorando di nuovo?

Per me la scrittura una pratica quotidiana, tutti i giorni scrivo due-tre ore, tra le 8.30 e le 11 del mattino. Per me diventato come correre, se non lo faccio mi manca. All’inizio questa disciplina era autoimposta, ora un’abitudine. Sto lavorando ad almeno tre cose, ho sempre pi idee che tempo: un racconto-graphic novel che vorrei realizzare con il mio amico pittore Nicola Magrin, una storia pi lunga e un documentario.

C’ qualcosa che le fa paura?
Ho paura della violenza. Sono un non violento, sono vegetariano anche per questo, eppure vedo la violenza un po’ ovunque, la vedo in mezzo alla strada, nel rapporto con la Terra, tra di noi. Mi fa pi paura della malattia e della morte.

Viviamo in tempi difficili. Come tiene a bada l’angoscia?
L’angoscia la sento eccome, mi sembra di vivere un secolo fa, in tempi in cui stava montando qualcosa di molto spaventoso. Ci dobbiamo volere bene, dobbiamo praticare la pace e l’amore intorno a noi. Sento questo peso nella mia scrittura, sento una responsabilit politica: non perch io scriva di politica, ma perch se uno lavora onestamente al racconto del suo mondo, se parla in modo fedele di quello che vive e vede, l’arte diventa politica. Ecco: contro l’angoscia cerco la coerenza delle cose che scrivo rispetto alle cose che faccio.

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