Il capitolo pensioni è fra i più turbolenti presenti nella bozza del disegno di legge che contiene la manovra di bilancio 2023/2024.
Le novità previste al momento, oltre a prevedere un taglio dell’assegno ad alcune categorie, come i maestri, vede l’incognita della nuova formula Quota 104.
Una simulazione realizzata da Smileconomy per MF Milano Finanza, in edicola e digitale, riportata da AdnKronos, rivela che potranno utilizzare Quota 104 i nati nel 1961 che hanno cominciato a lavorare almeno nel 1983 senza buchi contributivi, fino alla generazione del 1958 che ha iniziato a lavorare a 25 anni quindi sempre nel 1983.
L’analisi mostra anche che aumentando la quota di un anno, tra il 2023 e il 2024, il risultato dei requisiti pensionistici che si ottiene è che le generazioni coinvolte restano le stesse. Con Quota 103 i massimi beneficiari erano i 62enni del 2023, cioè nati nel 1961. Con Quota 104 si rimane ai nati del 1961: 63 anni nel 2024.
La modifica sarebbe, se confermata, la possibilità di beneficiare di Quota 104 coloro che nel 2024 maturano i 41 anni di contribuzione, quindi coloro che hanno iniziato a lavorare nel 1983.
Nel quadro complessivo della simulazione, l’analisi mostra una penalizzazione per le donne: nel 2023, con Quota 103, l’anno minimo di inizio dell’attività lavorativa, in ipotesi di continuità lavorativa, era il 1982, che consentiva per l’appunto 41 anni di contributi nel 2023. Mentre per gli uomini si tratta di un anticipo massimo, così come accadeva con Quota 103, di 1 anno e 10 mesi, visto che già esiste il requisito di pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi, per le lavoratrici le generazioni coinvolte sono le stesse, con la differenza che il beneficio massimo di Quota 104 potrà essere di 10 mesi, visto che già esiste il requisito di pensione anticipata che prevede 41 anni di contribuzione.
La quota dell’assegno varia in base al meccanismo di incentivi e penalizzazioni che verrà messo in atto, spiega ancora l’analisi di Smileconomy per Mf.
In assenza di penalizzazioni esplicite, anticipare di un anno e 10 mesi porterebbe ad una diminuzione dell’assegno di circa il 5%-6%, in quanto la pensione verrebbe percepita prima, con una maggior attesa di vita. In aggiunta, c’è la penalizzazione di circa il 4% sulla quota retributiva prevista dalla manovra.
Per i giovani precari e con carriere intermittenti Smileconomy ha invece considerato l’ipotesi dell’abolizione del limite che richiede una pensione di almeno 1,5 volte l’assegno sociale (754,9 euro lordi, circa 672 euro netti) per poter beneficiare del requisito di vecchiaia a 67 anni con 20 di contribuzione.
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