Per Putin  il potere e la vita  sono la stessa cosa

Caro Aldo,
«La crepa e la luce. Sulla strada del perdono», il libro di Gemma Calabresi pone un tema evangelico. Ma il perdono è sempre possibile e giustificabile? Senza andare indietro nel tempo, si può, ora come ora, perdonare a Putin ciò che sta facendo? Capisco: una cosa è il perdono di una moglie (e madre) verso un nugolo di colpevoli, un’altra è il perdono di un intero popolo (quello ucraino) verso un illustre colpevole. Ma il perdono è sempre perdono, chiunque ne sia il destinatario. Un detto dice: perdonare, ma non dimenticare. Possiamo applicarlo a Hitler, Mussolini, Pol Pot, Putin e via dicendo?
Alessandro Prandi

Caro Alessandro,
La questione è interessante, e non solo sul piano teologico. Intervistando la signora Gemma Calabresi Milite, le ho fatto notare che — tranne Leonardo Marino — nessuno tra coloro che lei ha perdonato le avevano chiesto il perdono; anche perché si sono sempre dichiarati innocenti. La signora mi ha risposto che la stessa obiezione l’aveva fatta un vescovo: «Se non le hanno chiesto il perdono, lei non è tenuta a darlo». Ma Gemma ritiene che il perdono non vada chiesto, vada dato, e basta. E lo si fa non tanto per chi viene perdonato, quanto per se stessi. Lei, gentile signor Prandi, con la sensibilità che distingue sempre le sue lettere, fa notare che non si può paragonare un delitto, per quanto grave, a guerre e altre malefatte che non hanno colpito una famiglia ma milioni di famiglie. E in effetti qui entriamo nella categoria della storia politica, in cui l’idea del perdono — un’idea nobile, attorno a cui si sono costruite fedi religiose e capolavori letterari — non ha cittadinanza. I dittatori che lei cita sono morti nella convinzione di essere stati nel giusto. È molto difficile per noi entrare nella loro testa. Quello che conosciamo meglio è senz’altro Mussolini, che in testa ha sempre avuto soprattutto se stesso. «Io voglio comandare» diceva in romagnolo ai suoi amici. Uomo di immenso narcisismo, la sua priorità non è mai stata il popolo italiano, ma il proprio potere, la propria immagine, il proprio prestigio. La storia di Putin è del tutto diversa, ma anche la sua personalità appare devastata dal narcisismo, dall’egolatria. Purtroppo si è cacciato in un vicolo cieco, da cui sa che non sarà facile per lui uscire vivo. È uno di quei casi in cui il potere e la vita coincidono. Non ha molto senso chiedere agli ucraini se sono disposti a perdonarlo. La loro urgenza è fermarlo, e in prospettiva deporlo.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Quelle venti famiglie di rifugiati nel rione Traiano»

Sono passati più di quarant’anni da quando lo scrittore e aviatore statunitense Richard David Bach pubblicava il libro «Nessun luogo è lontano». Consapevoli di questa verità, i padri vincenziani della parrocchia di Maria Immacolata della Medaglia Miracolosa del rione Traiano di Napoli, sconvolti dagli orrori della brutale aggressione russa dell’Ucraina, hanno organizzato per la giornata di domani una marcia per la pace per le strade del quartiere, con partenza alle 17 da via Marco Aurelio, preceduta da un saluto del vescovo ausiliario di Pozzuoli, Carlo Villano. Il parroco, don Paolo Maniglio, pur nella difficoltà del momento, ha spiegato come nel rione saranno tutti coinvolti, in un modo o nell’altro, da questa manifestazione. Il raduno sarà concluso dalle testimonianze delle famiglie scampate al massacro, che hanno trovato rifugio a Napoli. Intanto i parrocchiani, con quello che possono permettersi con i loro risparmi, hanno provveduto a rifornire il convento delle Figlie della Carità vincenziane di Mergellina di tutto ciò che potesse servire alle venti famiglie di profughi che sono state accolte qui: viveri, medicine, coperte, lenzuola soprattutto. Padre Paolo è poi in contatto con la prefettura: occorre, per iniziativa del Comune, individuare le famiglie napoletane che potranno ospitare i bambini ucraini che hanno perduto tutto nel conflitto in corso. Anche in questo la generosità del disagiato rione Traiano è grande.
Vittorio Gennarini Napoli

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

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, 2022-03-16 22:51:00, , Aldo Cazzullo

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